Il social media X avrebbe agito solo contro poco più del 10% dei post antisemiti: lo rivela uno studio

Mondo

di Michael Soncin
Il social media X, ex Twitter, acquistato dal miliardario statunitense Elon Musk nel 2022 per 44 miliardi di dollari, si è rivelato un terreno fertilissimo per le teorie cospirative a sfondo antisemita.

Lo studio, come evidenza Algemeiner, è stato condotto dal Digital Hate (CCDH) e dal Jewish Council for Public Affairs (JCPA). I ricercatori servendosi del modello GPT-4o di OpenAI hanno analizzato i posti pubblicati in lingua inglese, tra febbraio 2024 e gennaio 2025, rilevando 679.584 post dal contenuto antisemita che hanno totalizzato 193 milioni di visualizzazioni. Una vera e propria epidemia di odio verso gli ebrei, che ha letteralmente contagiato la piattaforma.

Le (incessabili) teorie cospirative che circolano sul social

Le cospirazioni antisemite che dilagano su X si possono classificare in tre categorie: cospirazioni per il controllo del potere da parte degli ebrei, cospirazioni sataniche ebraiche e negazionismo della Shoah. Nulla di questi contenuti ci appare come nuovo.

Analizzando il totale dei post antisemiti si è scoperto che il 59% riguarda le teorie del complotto. «Nonostante rappresentino poco più della metà dei post, riguardano 73% di tutti i “Mi piace”, spiega il rapporto. Da questo si evince che i post il cui contenuto riguarda le teorie complottiste, hanno maggiore probabilità di generare “Mi piace” e quindi flusso e visibilità, rispetto alle altre forme di contenuto antisemita.

Contenuti che si collegano ai gravi episodi del mondo reale

 Ad avere la meglio sono soprattutto i post sulle accuse del potere ebraico, che segretamente controlla il mondo. Il rapporta lancia anche un allarme: «Queste cospirazioni online non possono essere considerate isolatamente. Sono collegate a danni nel mondo reale. L’FBI e altre ricerche approfondite hanno avvertito che l’antisemitismo è un “motore persistente” dell’estremismo violento, con molti aggressori che fanno riferimento a questi tropi nei manifesti o nelle interazioni online. È allarmante che i sondaggi indichino che gli adolescenti che usano molto i social media sono più propensi a sostenere la cospirazione del potere ebraico».

Ciò che preoccupa ulteriormente è che X avrebbe preso dei provvedimenti solo su 36 di un totale di 300 post rilevati, che promuovevano cospirazioni antisemite, poco più di uno su dieci: per la precisione il 12%. Secondo gli autori, i numeri complessivi registrati come campione studio sottostimano la reale portata dell’antisemitismo diffuso sulla piattaforma, per via delle limitazioni tecniche. «La nostra analisi è limitata al contenuto testuale dei post su X e pertanto non può identificare post contenenti immagini, video o audio antisemiti. Un’altra limitazione fondamentale è che lo strumento di terze parti utilizzato per analizzare i post non fornisce dati sulle visualizzazioni per i post senza interazioni, rendendo il numero totale di visualizzazioni per i post del nostro studio con una stima al ribasso».

Agire ora per arginare la violenza dovuta ai post (anche monetizzati)

Imran Ahmed CEO e fondatore CCDH e Amy Spitalnick CEO della JCPA chiedono ad X di prendere provvedimenti seri. «Le vecchie teorie del complotto che covavano ai margini della società ora prosperano alla luce del sole, amplificate dalle inefficaci politiche di moderazione dei contenuti di X», ha detto Ahmed.

Non solo, nella maggior parte dei casi, questi contenuti sono tollerati dalla piattaforma e viene anche permesso agli utenti di monetizzarli: una mossa che permette agli influencer dell’antisemitismo, dentro un circolo vizioso, visibilità a profitti. A quando dei seri provvedimenti?