di Nina Prenda
La BBC afferma d’aver parlato con tre dipendenti di Hamas, ognuno dei quali ha riferito d’aver ricevuto trecento dollari nell’ultima settimana: soldi che servono per pagare 30.000 stipendi dei dipendenti pubblici per un totale di 7 milioni di dollari (5,3 milioni di sterline). Mentre Giulio Meotti sul Foglio denuncia, dati alla mano: “su 3.167 camion di aiuti umanitari entrati a Gaza tra il 19 maggio e l’11 agosto, solo 351 hanno raggiunto le destinazioni, gli altri sono stati saccheggiati”.
Una delle accuse che vengono mosse contro Israele, al centro della pressione internazionale, è quella secondo la quale lo Stato ebraico starebbe utilizzando la fame come arma su Gaza. L’accusa viene riportata anche nelle sedi istituzionali italiane, dove, da ultima, nella giornata del 3 settembre 2025 al Senato della Repubblica italiana, è stata ospitata la conferenza stampa per la Global Sumud Flotilla, l’operazione mediatica e pubblicitaria che vede al centro decine di imbarcazioni dirette verso Gaza partite da più porti d’Europa nei primi giorni di settembre. In Senato, nel cuore istituzionale italiano, l’attivista Maria Elena Delia ha affermato: “È uno sterminio indiscriminato, sadico […] un laboratorio di sterminio. Quella di Gaza non è una fame dovuta a una carestia naturale, è una fame indotta da una carestia scientemente voluta dal governo israeliano”.
Eppure le gravi carenze alimentari a Gaza che le organizzazioni umanitarie continuano ad attribuire alla responsabilità di Israele non trovano coerenza con la realtà sul campo, ovvero con l’operazione di saccheggio degli aiuti umanitari attuata da Hamas al fine di rivendere la merce ad un prezzo maggiorato. La televisione inglese BBC, che ha ampi contatti a Gaza, rivela: “Un chilogrammo di farina nelle ultime settimane è costato fino a 80 dollari – un massimo storico”. Ancora: “Al fine di generare entrate durante la guerra, Hamas ha anche continuato a imporre tasse sui commercianti e ha venduto grandi quantità di sigarette a prezzi gonfiati fino a 100 volte il loro costo originale. Prima della guerra, un pacchetto di 20 sigarette costava 5 dollari – che ora è salito a più di 170 dollari”. La tv pubblica inglese afferma d’aver parlato con tre dipendenti di Hamas, ognuno dei quali ha riferito d’aver ricevuto trecento dollari nell’ultima settimana. “Durante tutta la guerra Hamas è riuscita a continuare a utilizzare un sistema di pagamento segreto basato sul contante per pagare 30.000 stipendi dei dipendenti pubblici per un totale di 7 milioni di dollari (5,3 milioni di sterline)” scrive la testata.
I dipendenti, dagli agenti di polizia ai funzionari fiscali, spesso ricevono un messaggio crittografato sui propri telefoni o dai loro coniugi che li istruisce ad andare in un luogo specifico in un momento specifico per “incontrare un amico per il tè”, ovvero ricevere lo stipendio. Al punto d’incontro, il dipendente viene avvicinato da un uomo – o occasionalmente da una donna – che consegna discretamente una busta sigillata contenente i soldi prima di scomparire senza ulteriori interazioni.
Rivela la BBC: “Oltre ai pagamenti in contanti, Hamas ha distribuito pacchi alimentari ai suoi membri e alle loro famiglie tramite comitati di emergenza locali la cui leadership è spesso a rotazione a causa dei ripetuti attacchi israeliani. Ciò ha alimentato la rabbia pubblica, con molti residenti a Gaza che accusano Hamas di distribuire aiuti solo ai suoi sostenitori ed escludere la popolazione più ampia. Israele ha accusato Hamas di aver rubato aiuti che sono entrati a Gaza durante il cessate il fuoco all’inizio di quest’anno, cosa che Hamas nega. Tuttavia, fonti della BBC a Gaza hanno affermato che quantità significative di aiuti sono state prese da Hamas durante questo periodo”.
Giulio Meotti, storica firma per il Medio Oriente, in un articolo di agosto per Il Foglio, scrive: “I dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i servizi ai progetti (Unops), il braccio operativo dell’Onu che contribuisce all’attuazione dei progetti umanitari, sul proprio sito web ha rivelato che, tra il 19 maggio e l’11 agosto, 3.167 camion carichi di aiuti umanitari hanno lasciato il territorio di Israele per raggiungere Gaza. Tuttavia, solo 351 di questi camion hanno raggiunto le destinazioni previste a Gaza, mentre 2.816 camion sono stati “intercettati” e saccheggiati lungo le rotte. I dati mostrano un numero record di 90 camion carichi di 1.695 tonnellate di aiuti saccheggiati solo il 31 maggio. Non è Israele a bloccare l’ingresso degli aiuti, come sostenuto dalla retorica dominante: i problemi iniziano dentro Gaza, dove le fazioni armate impediscono la distribuzione dei beni. I dati dell’Unops non fanno distinzioni tra i responsabili delle intercettazioni. Il 98,6 per cento degli aiuti rubati è costituito da cibo, il resto è classificato come “combustibile solido”, “nutrimento” e “medicine”. Il 90,3 per cento degli aiuti rubati apparteneva al Programma Alimentare Mondiale. Il resto a World Central Kitchen, all’Unicef, alla Croce Rossa e all’International Medical Corps Gaza. Hamas ha creato una rete di distribuzione parallela, che vende gli aiuti confiscati a prezzi dal 300 al 500 per cento superiori al valore di mercato, tassando i venditori e utilizzando il controllo alimentare come strumento politico. Da questo mercato nero Hamas riesce a ricavare decine di milioni di dollari”.