di David Zebuloni
“Siamo in vacanza con la famiglia – siamo salpati per la Grecia, ma non ci hanno permesso di scendere dalla nave”. Con queste parole inizia il racconto di Yariv Lev, 44 anni, di Petah Tikva, padre di tre figli. “Al porto ci attendevano decine di manifestanti pro-palestinesi, che ci hanno impedito di sbarcare”, racconta in un’intervista a Makor Rishon.
L’episodio è avvenuto la mattina di martedì 22 luglio, quando una nave da crociera israeliana è attraccata sull’isola greca di Siro. Tuttavia, invece di ricevere una calorosa accoglienza con bandiere greche, i 1.600 passeggeri israeliani si sono trovati davanti a una scena sconvolgente: decine di manifestanti agitavano bandiere palestinesi bloccando l’accesso al porto.
Per evitare il rischio di un’escalation, è stato deciso di non consentire ai passeggeri di scendere dalla nave. “Non era una protesta spontanea quella, ma una manifestazione ben pianificata”, sottolinea Yariv. “I manifestanti sapevano del nostro arrivo e sono venuti appositamente per impedirci di mettere piede sull’isola”.
Secondo quanto riportato, al porto erano presenti anche forze dell’ordine locali, nel tentativo di contenere la situazione. I loro sforzi si sono rivelati insufficienti: i manifestanti si sono rifiutati di andarsene e hanno continuato a impedire ai turisti israeliani di sbarcare e di godersi la vacanza.
“Abbiamo sentito cori ostili contro Israele, ma non siamo rimasti in silenzio”, racconta Yariv. “Abbiamo preso le bandiere israeliane, ci siamo riuniti sul ponte superiore della nave e abbiamo organizzato una contro-manifestazione. Abbiamo sventolato con orgoglio le nostre bandiere, finché l’equipaggio non ci ha invitati a fermarci e a spostarci in un’area più sicura”.
Secondo Yariv, la tensione ha colpito duramente soprattutto i bambini. Molti di loro sono scoppiati in lacrime, inclusi i suoi tre figli: Liraz, Nofar e Peleg. “Erano molto delusi”, racconta. “Volevano solo scendere, fare una passeggiata, godersi un po’ di vacanza, ma non è stato possibile”.
Particolarmente sofferta è stata la reazione della figlia più piccola di Yariv, che ha vissuto il momento con grande paura. “Era molto spaventata”, ricorda. “Temeva davvero che i manifestanti potessero salire a bordo e farci del male. Non riusciva a capire perché non potessimo semplicemente sbarcare come previsto. Per lei è stato un momento davvero molto difficile”.
Per ore, la famiglia Lev e oltre mille turisti israeliani sono rimasti chiusi nella nave, senza sapere cosa sarebbe accaduto. “Eravamo bloccati, senza alcuna risposta”, conferma Yariv. “Non sapevamo se saremmo tornati in Israele o se avremmo proseguito per un’altra destinazione. Eravamo certi che avremmo dovuto aspettare a lungo. Ci sentivamo completamente impotenti. Nessuno ci dava risposte chiare, la sensazione era di totale mancanza di controllo”.
Dopo ore di attesa, è finalmente arrivata la tanto anelata notizia: la nave avrebbe lasciato Siro per dirigersi verso Limassol, a Cipro. “Ce l’hanno comunicato tramite l’altoparlante”, racconta Yariv. “Subito si sono levate grida di gioia, cori di ‘Am Israel Chai’ e applausi da ogni parte”.
Quando la nave ha ripreso la navigazione, i passeggeri si sono riversati sul ponte per celebrare la fine della tensione. “C’è stata una grande festa in piscina”, conclude Yariv. “L’atmosfera è di pura gioia”. Un epilogo sicuramente felice per questa disavventura, ma anche un amaro promemoria: il clima di odio che cresce nel mondo non ha risparmiato nemmeno un piccolo porto greco, lontano chilometri e chilometri dai confini d’Israele.