Ebraismo e ambiente: suggerimenti di lettura

Mondo

di Ester Moscati

Jonathan Safran Foer dimostra che la sopravvivenza della specie umana sulla Terra dipende dalle scelte che facciamo (soprattutto a tavola)

Allevamenti e alimentazione, una nostra responsabilità

«Lo sapevo, ma non ci credevo, e siccome non ci credevo, non lo sapevo». Così Raymond Aron rispondeva a chi gli domandava se fosse a conoscenza di ciò che stava accadendo agli ebrei, la Shoah. Questa incapacità di credere impedì, a molti, di “sapere” e dunque di intervenire. Jonathan Safran Foer si serve di un esempio, volutamente estremo, per dimostrare come sia difficile scuotere le coscienze di fronte alla drammaticità epocale del cambiamento climatico e dell’impatto che avrà, globalmente, tra una manciata di anni. Lo sappiamo; ma non vedendone ancora gli effetti dirompenti ed estremi nella nostra quotidianità, non ci crediamo, almeno non abbastanza da modificare le nostre abitudini consolidate. “Il nostro sistema di allarme – scrive – non è fatto per le minacce concettuali”. L’istinto di sopravvivenza, insomma, non si attiva se non “vediamo il leone che ci attacca”. Non crediamo alle conseguenze del Climate Change e Global Warming, non abbastanza da cambiare il nostro stile di vita, soprattutto nell’ambito che potrebbe ancora – forse – “fare la differenza”: la cucina di casa nostra.
“Non possiamo salvare il pianeta se non riduciamo in modo significativo il nostro consumo di prodotti di origine animale”, scrive Safran Foer nel suo ultimo libro. E non si illude che sia facile. Confessa addirittura la sua ipocrisia, per la tentazione di mangiare carne cui qualche volta cede, nonostante il suo impegno per la scelta vegetariana.
Ma i dati parlano chiaro, sono inequivocabili: i ricercatori del Worldwatch Institute, l’organizzazione di ricerca ambientale con sede a Washington, uno dei primi dieci centri di ricerca per lo sviluppo sostenibile, hanno stabilito che l’allevamento del “bestiame è responsabile del 51 per cento delle emissioni globali annue, più di tutte le macchine, gli aerei, i palazzi, gli impianti nucleari e l’industria messi insieme”. “Sappiamo con certezza – dice Safran Foer – che non possiamo occuparci dei cambiamenti climatici senza occuparci dell’allevamento degli animali”. Sappiatelo, credeteci. E fate qualcosa.

Jonathan Safran Foer, Possiamo salvare il mondo prima di cena. Perché il clima siamo noi, Guanda, trad. Irene Abigail Piccinini, pp. 320, € 18,00.

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di Fiona Diwan

Letteratura e Ambiente/Idromania di Assaf Gavron

La Memoria dell’Acqua: alla ricerca di un tempo e di un amore perduti

Le piogge che non arrivano, sorgenti prosciugate, acqua agli sgoccioli. Israele è un paese assetato, sopraffatto dal sole implacabile, dove mangiare falafel, Bamba o dolci è ormai impossibile perché fanno venire sete e non c’è più nulla da bere. Siamo nel 2067 e quello immaginato da Assaf Gavron è un Israele desertificato, diviso in due stati, dove la terra non basta più e sorgono città galleggianti lungo tutto il litorale. La memoria dell’acqua è lontana: quello di una volta era un mondo libero dove ci si poteva fare la doccia, immergere viso e capelli, stare ore in una vasca piena, dove “l’acqua scorreva libera e noi scorrevamo in libertà”, dice Maya, la protagonista, che lotta per poter realizzare un sistema di depurazione dell’acqua piovana che consentirebbe a ciascuno di procurarsela gratuitamente e da solo. È questione di vita o di morte. Maya combatte per se stessa, per la sua gente, per la bambina che porta in grembo e per il marito ingegnere, scomparso improvvisamente proprio dopo aver inventato il sistema che sconfiggerà il monopolio asiatico dell’acqua. Idromania appunto, ovvero la ricerca dell’acqua come pensiero fisso. Dio dacci la pioggia, nella tua Misericordia… Poetico, distopico, un thriller che non rinuncia all’intreccio giallistico e che affronta il tema dell’apocalisse climatica. Assaf Gavron, classe 1968, tra i più brillanti e versatili scrittori israeliani di oggi, immagina e scrive nel lontano 2008 questo romanzo provocatorio e avvincente, ambientato in un pianeta messo ko dal riscaldamento globale, governato dalle multinazionali cinesi e giapponesi del business dell’acqua. Un’economia asiatica che ormai controlla tutto, una dittatura economica su un mondo impoverito e riarso, dove sabbia, vento e terra riflettono esistenze prosciugate che tentano di sopravvivere, amare e gioire, nonostante tutto. E dove la nostalgia e il desiderio si tingono di allegria e di promessa d’una vita nuova, d’un amore nuovo.

Assaf Gavron, Idromania, Giuntina, trad. Shulim Vogelmann, pp. 228, euro 15,00, ebook 9,99.