Dalla Norvegia, un esempio di doppio standard contro Israele

Mondo

di Nathan Greppi
Il fondo sovrano del Paese scandinavo – uno dei più grandi al mondo – ha annunciato di voler ampliare i suoi disinvestimenti da Israele, dopo aver già disinvestito da 11 aziende israeliane per un presunto coinvolgimento nella guerra a Gaza. Lo rivela un rapporto di 16 pagine redatto dall’organizzazione ebraica americana JLens con l’ADL. (Nella foto, la sede della Banca di Norvegi

 

Quando si tratta di criticare Israele, molte organizzazioni internazionali tendono ad applicare due pesi e due misure, adottando nei confronti dello Stato Ebraico politiche molto più severe rispetto a quelle che vengono applicate nei confronti di regimi autoritari.

Un esempio lampante di questo doppio standard è rappresentato dalle Nazioni Unite, la cui Assemblea Generale da anni adotta più risoluzioni contro Israele che contro paesi dove i diritti umani vengono violati molto più frequentemente quali l’Iran, Cina, Cuba e Corea del Nord. Non solo, ma in più proprio l’Iran, nel 2023, ha assunto la presidenza del Forum sui diritti umani dell’ONU, nonostante sia il paese dove vengono eseguite il maggior numero di condanne a morte al mondo.

Fondo sovrano norvegese

Un altro esempio di questo doppiopesismo viene dalla Norvegia, il cui fondo sovrano ha recentemente annunciato di voler ampliare i suoi disinvestimenti da Israele, dopo aver già disinvestito da 11 aziende israeliane per un presunto coinvolgimento nella guerra a Gaza.

Si tratta di un fatto assai grave, in quanto quello norvegese è uno dei più grandi fondi sovrani del mondo, che secondo i dati più recenti possiede un portfolio da oltre 1.800 miliardi di dollari.

Il report

A fare luce su questo caso, è uscito negli stessi giorni un rapporto di 16 pagine redatto dall’organizzazione ebraica americana JLens in collaborazione con l’ADL (Anti-Defamation League), dal titolo Norway’s Double Standards: How the World’s Largest Sovereign Wealth Fund Targets Israel.

Nel report vengono messi a confronto diversi paesi in cui il fondo norvegese ha escluso delle aziende dai propri investimenti: è emerso che Israele è il paese con il maggior numero di aziende escluse dagli investimenti per presunte violazioni dei diritti umani, pari al 32% del totale. Questo dato supera di gran lunga la percentuale di aziende escluse per lo stesso motivo in Egitto (7%), Cina (2%), Russia (2%), India (2%), Turchia (0%) e Qatar (0%).

Viene altresì fatto notare il ruolo svolto dalle attività di lobbismo da parte della Confederazione dei Sindacati Norvegesi (nota anche con la sigla LO in norvegese), che promuove il boicottaggio d’Israele almeno dal 2017. Il loro sostegno al BDS ha ricevuto anche gli elogi di Hamas, per il quale il sostegno del LO rappresenterebbe una vittoria.

Due pesi e due misure

Per dimostrare che siamo difronte ad un vero e proprio doppio standard, JLens ha messo a confronto Israele con gli altri paesi citati nelle classifiche della Freedom House e del Human Freedom Index, che misurano il grado di libertà e democrazia nel mondo.

Nella graduatoria della Freedom House, che misura il grado di libertà in un paese su una scala da 0 a 100, Israele ha un punteggio di 73. Questo è assai superiore ai punteggi ottenuti da Egitto (18), Cina (9), Russia (12), India (63), Turchia (33) e Qatar (25).

Un discorso simile vale anche per il Human Freedom Index, che misura la libertà di un paese su una scala da 0 a 10. Israele riceve un punteggio di 7,54, superiore a quelli di Egitto (4,17), Cina (4,93), Russia (5,35), India (6,26), Turchia (5,28) e Qatar (5,41).

Nel rapporto viene anche fatto notare che se molta attenzione viene rivolta all’occupazione israeliana della Cisgiordania, lo stesso non si può dire per altri territori sotto occupazione straniera, perlomeno in tempi recenti. Tra le occupazioni alle quali il fondo concede poca o nessuna attenzione, figurano quella cinese in Tibet e quella turca nel nord di Cipro.