di Nina Prenda
Gli attentatori, secondo quanto riferito dalle autorità, erano padre e figlio: Sajid Akram, 50 anni, e Naveed Akram, 24. Il padre è stato ucciso durante l’attacco, mentre il figlio è rimasto gravemente ferito ed è tuttora ricoverato in ospedale. Le autorità hanno definito l’evento un attacco terroristico antisemita. Trovate bandiere dello Stato islamico all’interno del veicolo sequestrato agli attentatori e ordigni.
La carneficina che domenica 14 dicembre ha trasformato una celebrazione di Chanukkà a Bondi Beach, a Sydney, in un bagno di sangue è stata ufficialmente classificata come un attentato terroristico ispirato all’ISIS. Lo ha confermato martedì 16 dicembre 2025 il commissario della Polizia federale australiana, Krissy Barrett. «È il prodotto di un’ideologia che circola da oltre un decennio, un’ideologia di odio che in questo caso ha portato alla pianificazione e all’esecuzione di un omicidio di massa», ha dichiarato Barrett, sottolineando la matrice dell’attacco che ha causato la morte di 15 persone.
Il primo ministro australiano Anthony Albanese ha detto martedì che l’attacco terroristico è stato probabilmente motivato dall’ideologia dello Stato Islamico, ma che i due uomini sembravano aver agito da soli.
Gli attentatori, secondo quanto riferito dalle autorità, erano padre e figlio: Sajid Akram, 50 anni, e Naveed Akram, 24. Il padre è stato ucciso durante l’attacco, mentre il figlio è rimasto gravemente ferito ed è tuttora ricoverato in ospedale. Le autorità hanno definito l’evento un attacco terroristico antisemita. Il primo ministro australiano Anthony Albanese ha spiegato che tali valutazioni si fondano su elementi investigativi concreti, tra cui «la presenza di bandiere dello Stato islamico all’interno del veicolo sequestrato» agli attentatori.
Albanese ha precisato che uno degli attentatori, Naveed Akram, era noto ai servizi di intelligence già dal 2019. Tuttavia, all’epoca non era considerato una minaccia imminente. «Era entrato nel nostro radar per le sue frequentazioni. Due persone a lui vicine erano state arrestate e incarcerate, ma lui non era ritenuto un soggetto di interesse operativo», ha spiegato il premier.
Solo due poliziotti all’evento con 1000 persone
Intanto ha suscitato indignazione la rivelazione che solo due agenti di polizia fossero in servizio quella domenica durante l’evento di Chanukkà, al quale erano previste oltre 1000 persone. “La polizia aveva il compito di presidiare il luogo durante il festival. Da quanto ho capito, c’erano due agenti nel parco durante o all’inizio della sparatoria, degli omicidi”, ha detto il premier del New South Wales Chris Minns a Sky News Australia.
I nomi delle vittime
Nel frattempo, l’elenco delle vittime continua a prendere volto e storia. Martedì sono stati resi noti i nomi di altre tre persone uccise: Sofia e Boris Gurman, una coppia ebrea russa che avrebbe tentato di opporsi a uno degli aggressori prima di essere colpita a morte, ed Edith Brutman, figura molto conosciuta e rispettata nella comunità ebraica, membro di lunga data dell’organizzazione B’nai Brith.
Il bilancio dei feriti resta gravissimo. Venticinque persone sono ancora ricoverate negli ospedali di Sydney, dieci delle quali in condizioni critiche. Tre sono curate in un ospedale pediatrico. Tra i feriti c’è anche Ahmed al Ahmed, diventato simbolo di coraggio dopo che un video lo ha immortalato mentre affrontava e disarmava il padre, Sajid Akram, puntandogli contro l’arma prima di gettarla a terra.
Le vittime avevano un’età compresa tra i 10 e gli 87 anni. Tutte si trovavano sulla spiaggia più famosa d’Australia per celebrare Hanukkah, quando gli spari hanno squarciato il pomeriggio domenicale.
Chi è Naveed Akram, 24 anni
Emergono recenti evidenze sull’attentatore più giovane. In piedi sotto la pioggia fuori da una stazione ferroviaria suburbana di Sydney, il diciassettenne Naveed Akram aveva fissato la telecamera e aveva esortato coloro che stavano guardando a diffondere la parola dell’Islam. “Diffondi il messaggio che Allah è Uno ovunque tu possa… che sia pioggia, grandine o cielo sereno”, aveva detto.
Un altro video, allora cancellato e pubblicato nel 2019 da Street Dawah Movement, un gruppo della comunità islamica con sede a Sydney che fa proselitismo fuori dalle stazioni ferroviarie e che ha reclutato diversi terroristi, lo mostrava esortare due ragazzi a pregare più frequentemente. Akram era anche un seguace del predicatore islamico Wisam Haddad, hanno detto i funzionari dell’antiterrorismo all’Australian Broadcasting Corporation. All’inizio di quest’anno, un giudice ha stabilito che le lezioni di Haddad dovevano essere tolte da Internet a causa del loro contenuto che diffama gli ebrei. Inoltre, l’attentatore è stato fotografato mentre predicava con un altro problematico gruppo islamico, il Dawah Van, collegato ad Haddad, secondo il Sydney Morning Herald. Il “Dawah Van” (The Dawah Van Incorporated) era un’organizzazione ritenuta “di carità” australiana fondata da Wisam Haddad, che si presentava come un’iniziativa per “educare alla grandezza di Dio”, ma è emerso che era una rinascita del gruppo di predicatori di strada “Street Dawah”, collegato a reclutamenti terroristici e all’estremismo. Ciò ha portato alla revoca del suo status di ente di beneficenza da parte delle autorità australiane dopo un’indagine di ABC Four Corners.
I media locali hanno riferito che Naveed Akram, muratore disoccupato, ha frequentato il liceo a Cabramatta, un sobborgo a circa 30 chilometri di strada dal quartiere centrale degli affari di Sydney e vicino all’attuale casa della famiglia a Bonnyrigg, che è stata perquisita dalla polizia dopo gli attacchi.
“Non avrei mai potuto immaginare in 100 anni che potesse fare una cosa del genere”, ha detto l’ex compagno di classe Steven Luong al Daily Mail. “Era una persona molto simpatica. Non ha mai fatto niente di insolito. Non ha mai nemmeno interrotto in classe.”
Dopo aver lasciato la scuola, Akram ha mostrato un vivo interesse per l’Islam, cercando tutoraggio e partecipando a diversi eventi del Movimento Street Dawah. Il gruppo ha confermato che è apparso nei video. “Noi di Street Dawah Movement siamo inorriditi dalle sue azioni e siamo inorriditi dal suo comportamento criminale”, ha detto il gruppo in una dichiarazione, aggiungendo che Akram aveva partecipato a diversi eventi nel 2019 ma non era un membro dell’organizzazione, descrivendolo come un “visitatore”.
Diversi altri terroristi condannati con legami con lo Stato Islamico facevano parte di Street Dawah, ha riferito il Sydney Morning Herald, nominando Joseph Saadieh, Moudasser Taleb e Youssef Uweinat. Quest’ultimo, che ha affermato di aver rinunciato al terrorismo dopo aver scontato quattro anni di prigione, è stato fotografato mentre sventolava una bandiera nera dello Stato Islamico all’inizio di quest’anno in una manifestazione anti-israeliana a Sydney.
Il viaggio nelle Filippine e le bombe nell’auto
Le indagini hanno ora acceso i riflettori su un viaggio compiuto dai terroristi nelle Filippine il mese scorso. A renderlo noto è stato Mal Lanyon, commissario di polizia del Nuovo Galles del Sud. Le ragioni del viaggio e gli spostamenti effettuati nel Paese asiatico sono oggetto di approfondite verifiche. Lanyon ha inoltre confermato un dettaglio inquietante: in un veicolo rimosso dalla scena dell’attacco, intestato al più giovane, sono stati rinvenuti ordigni esplosivi improvvisati. «Posso confermare che all’interno c’erano anche due bandiere dell’ISIS realizzate artigianalmente», ha aggiunto.
Il Dipartimento dell’Immigrazione filippino ha confermato che i due attentatori hanno trascorso quasi tutto il mese di novembre nel Paese. Il padre era entrato con passaporto indiano. Secondo la portavoce Dana Sandoval, i due hanno lasciato le Filippine il 28 novembre, indicando la provincia meridionale di Davao come destinazione finale.
Nel sud delle Filippine operano da decenni gruppi separatisti musulmani, tra cui Abu Sayyaf, che in passato hanno espresso sostegno allo Stato Islamico e ospitato combattenti stranieri. Tuttavia, secondo le autorità locali, anni di operazioni militari hanno fortemente ridimensionato queste organizzazioni e non vi sarebbero indicazioni recenti di una presenza jihadista straniera significativa nella regione.
L’eroismo silenzioso dei bagnini
In mezzo all’orrore, emergono storie di coraggio che raccontano un’altra Australia. I celebri bagnini di Bondi Beach, riconoscibili per le loro camicie blu, sono stati unanimemente lodati per le azioni compiute durante l’attacco. Uno di loro, Rory Davey, ha effettuato un salvataggio in mare mentre l’attentato terroristico era ancora in corso, soccorrendo persone che, nel panico, si erano gettate in acqua completamente vestite. Un altro bagnino, Jackson Doolan, ha pubblicato sui social una foto che lo ritrae mentre corre a piedi nudi, con un kit di pronto soccorso in mano, dalla spiaggia di Tamarama, a oltre un chilometro di distanza, verso Bondi. «Questi ragazzi sono membri della comunità. Non è solo surf», ha commentato Anthony Caroll, volto noto del reality televisivo Bondi Rescue, intervistato da Sky News. «Hanno sentito gli spari, hanno lasciato la loro postazione e sono corsi qui, direttamente sulla scena del crimine, mentre i colpi continuavano a essere esplosi».





