Ariel Sharon “risponde”

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“Una significativa attività cerebrale” questo è emerso dal test eseguito domenica 27 gennaio su Ariel Sharon. I medici naturalmente sono cauti, non vogliono suscitare troppe speranze, ma la notizia ha fatto il giro del mondo, perchè dopo sette anni di coma vegetativo, gli esiti della prova sono stati sorprendenti.
Infatti l’ex primo ministro israeliano, messo di fronte alle foto di famiglia e sentendo la voce registrata di uno dei suoi figli, è sembrato in grado di capire e ascoltare. “Siamo rimasti sorpresi nel constatare che in alcune aree del cervello vi fosse attività” ha detto Alon Friedman, neuroscienziato della Ben-Gurion.

Il test, eseguito al Medical Center dell’Università di Soroka, a Beersheva, è stato messo a punto da un team di ricercatori della Soroka e della Ben-Gurion University. Ma essenziale per l’esperimento è stato il contributo dato dagli studi di Martin M. Monti sulla risonanza magnetica e le capacità cognitive nei soggetti in stato neurovegetativo.
“Gli esiti del test fanno pensare alla probabilità che Ariel Sharon senta e capisca. Ma non possiamo esserne certi perchè questo il test non può dimostrarlo” ha dichiarato Monti.

Martin Monti, 35 anni non ancora compiuti e un curriculum da far impallidire, è professore assistente di psicologia e neurochirurgia all’Università della California di Los Angeles dove dirige anche un laboratorio di ricerca sull’interazione fra linguaggio e pensiero e coscienza e capacità cognitive negli stati di coma, stato vegetativo e coscienza minima (MontiLab). Milanese di nascita e laureato alla Bocconi, Monti grazie alle ricerche svolte negli Stati Uniti, ha sviluppato un nuovo metodo di misurazione dello stato di coscienza dei pazienti in coma vegetativo – adottato proprio per il test sull’ex premier israeliano. Lo studio è stato pubblicato nel 2010 sul The New England Journal of Medicine ed è stato scelto come top-story dell’anno dal Discover Magazine. Su questa ricerca Monti ha pubblicato anche un articolo sul Sole 24 ore.

“Grazie a questo metodo ora sappiamo che un paziente ha molte più funzioni cognitive di quante avremmo mai immaginato” ha osservato Monti. Ma la speranza per il futuro è di poter migliorare la diagnosi nei disturbi della coscienza e soprattutto capire attraverso i segnali della MRI, che i pazienti sono in realtà consapevoli e vigili.
Proprio quello che molti vorrebbero sapere oggi a proposito di Ariel Sharon.