Via Almirante – statista

Italia

La replica di Fiano.

Il sindaco di Roma Gianni Alemanno propone di intitolare una strada della capitale a Giorgio Almirante. Emanuele Fiano, deputato DS, legge in aula alcune dichiarazioni del segretario dell’MSI sulla rivista La difesa della razza. Il 5 maggio 1942 Almirante scriveva: “Il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia la coscienza della razza. Altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei; degli ebrei che, come hanno potuto in troppi casi cambiar nome e confondersi con noi, così potranno, ancor più facilmente e senza neppure il bisogno di pratiche dispendiose e laboriose, fingere un mutamento di spirito e dirsi più italiani di noi, e simulare di esserlo, e riuscire a passare per tali”.
Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, chiamato in causa, prende a sua volta la parola definendo “vergognose” le dichiarazioni di Almirante, aggiungendo che spera che le sue parole siano condivise da Alemanno. Il sindaco Alemanno, da parte sua, conferma che sarà intitolata una strada ad “Almirante-statista” solo con l’assenso della Comunità ebraica. Ma entrano nella polemica anche gli antifascisti (non ebrei) che affermano che “via Almirante non è una questione di galateo verso una minoranza, né una questione di sensibilità”, ma una scelta politica. Infine Donna Assunta, vedova del leader del MSI, minimizza il rifiuto di intitolare anche a Roma una strada al marito e così veniamo a sapere che, sparse in tutta la penisola, ne esistono già 200.
A.S.


Una Strada per Amalek

E così ieri ho provato a dire in aula che non mi sembrava giusta l’intitolazione di una via di Roma a Giorgio Almirante. Ho pensato che fosse un argomento che apriva un dibattito sulla memoria civile di questo paese, sulla memoria condivisa o meno. L’ho fatto da italiano prima che da ebreo italiano, ma questo non è bastato ad evitare che il Presidente Cossiga mi apostrofasse, come “ l’ebreo che in aula aveva citato così antipaticamente le frasi di Almirante”. Evidentemente certi vizi non passano.


L’ho fatto, spero, nel modo che mi è parso più asciutto e meno retorico possibile, citando parola per parola un testo autografo del leader storico del Movimento Sociale, tratto dalla Difesa della Razza edizione Maggio 1942, rivista del regime fascista. Scriveva Almirante tra l’altro : “Il razzismo nostro deve essere quello della carne e dei muscoli; e dello spirito, sì, ma in quanto alberga in questi determinati corpi, i quali vivono in questo determinato Paese; non di uno spirito vagolante tra le ombre incerte d’una tradizione molteplice o di un universalismo fittizio e ingannatore. Altrimenti, – dice Giorgio Almirante – finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei; degli ebrei che, come hanno potuto in troppi casi cambiar nome e confondersi con noi, così potranno, ancor più facilmente e senza neppure il bisogno di pratiche dispendiose e laboriose, fingere un mutamento di spirito e dirsi più italiani, e simulare di esserlo, e riuscire a passare per tali. Non c’è che un attestato col quale si possa imporre l’altolà al meticciato e all’ebraismo: l’attestato del sangue»



Io ho letto un brano di storia, il Presidente Fini ha replicato, condannando senza riserve queste frasi razziste, e sarebbe stato difficile fare il contrario, e aggiungendo un rilievo circa la diffusione di idee razziste, nel dopoguerra non solo a destra. Intendendo con questo probabilmente citare alcune figure che da giovani si trovavano sul versante fascista e nel dopoguerra sul versante antifascista, come Spadolini o Scalfari. Esempi sbagliati, secondo me, di persone che non ebbero ruoli dirigenti nella Repubblica di Salò come Almirante. E che molto prima della fine della guerra avevano scelto da che parte stare.


Per me le parole di Fini suonavano definitive; di un signore che aveva professato quelle idee, 4 anni dopo le leggi razziali fasciste che avevano di fatto isolato gli ebrei italiani dalla vita civile preparandoli al peggio, non si può sancire il valore storico universale attraverso l’intitolazione di una via.



Io credo che un paese civile debba svolgere dibattiti di questo tipo, aperti, rispettosi, basati su documenti storici. Decideranno la giunta di Roma o il Consiglio comunale, democraticamente, quale decisione prendere. La democrazia implica anche questo. Ma io, da cittadino, ho il diritto di pretendere che di un personaggio dal quale, come recitano i manifesti di Alleanza nazionale a Milano, bisogna prendere esempio, si racconti la storia tutta insieme, non solo se sia stato o meno un bravo parlamentare, se abbia o meno pagato tutte le tasse, se abbia o meno rispettato la Costituzione, una volta che la Costituzione repubblicana scritta da quelli che erano i suoi nemici, fu scritta.



A me è stato insegnato di non dimenticare mai cosa mi ha fatto Amalek, e io ci provo.


Emanuele Fiano, fiano_e@camera.it