Parisi: «Oggi il rischio di antisemitismo è molto alto. Ma perché avete votato in pochi i candidati ebrei?»

Italia

di Ilaria Myr

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Stefano Parisi, candidato del centrodestra alla posizione di sindaco di Milano, alla serata organizzata il 15 giugno dal bené Berith

La sicurezza degli ebrei a Milano, la costruzione della Moschea, gli alleati “scomodi” della propria coalizione, il piano per l’inquinamento: sono questi gli argomenti principali su cui si sono espressi i due candidati sindaco a Milano, Stefano Parisi per il centrodestra e Giuseppe Sala per il PD, durante la serata organizzata il 15 giugno per la comunità ebraica dal Bené Berith al Marriott di via Washington, in una sala gremita di gente.

A fare gli onori di casa Paolo Foà, presidente del Bené Berith, che ha posto a ogni candidato cinque domande sugli stessi argomenti. Non si è però trattato di un confronto, ma di interventi separati uno di seguito all’altro: a parlare per primo è stato Stefano Parisi, che presentandosi ha sottolineato la volontà di impegnarsi personalmente per la città. «In quattro mesi, da febbraio quando mi sono candidato, sono riuscito a sviluppare un validissimo programma di centro-destra, che fino a poco tempo fa era molto indebolito – ha dichiarato -, cercando di coinvolgere gli sfiduciati. Metto a disposizione la mia grande esperienza nell’amministrazione pubblica a servizio della città».

Durante la serata, Foà ha anche annunciato che il Bené Berith ha deciso di donare al sindaco eletto degli alberi da piantare nella città. Un dono, questo, molto apprezzato da entrambi i candidati.

Di seguito gli argomenti trattati, con la domanda del presidente del Bené Berith e la risposta del candidato.

SICUREZZA RELIGIOSA

In quale modo pensa che i cittadini milanesi di religione ebraica possano praticare in piena sicurezza la propria fede?
«Oggi il rischio di antisemitismo è molto forte in Europa e si può combatterlo solo riconoscendo che esso esiste. Mia moglie è israeliana e le mie figlie sono ebree, e quindi sono per forza molto sensibile a questo tema. Fin da subito ho messo le cose in chiaro con le forze della mia coalizione sul fatto che ci debba essere un margine e una chiarezza di fondo sulla libertà culturale e religiosa.  Bisogna affermarlo in tutti i modi possibili, iniziando dalle scuole. A Milano c’è una forte tensione sociale intorno al problema dell’immigrazione, soprattutto nelle zone più deboli delle città, dove c’è una forte concentrazione di queste ondate migratorie con una forte identità culturale religiosa. Dobbiamo essere in grado di reinvestire in queste aree più periferiche dal punto di vista culturale, riaffermando le nostre radici culturali ebraico-cristiane, il nostro diritto di famiglia e della donna, i nostri valori da cui proveniamo: solo così si potrà avere un rapporto di integrazione e di conoscenza delle culture che arrivano da noi».

ALLEATI PERICOLOSI: STEFANO PAVESI
Fra le fila della coalizione che la appoggia vi è anche il gruppo di estrema destra Lealtà e Azione, che ha candidato con la Lega Nord Stefano Pavesi, che ha ottenuto un numero molto alto di preferenze. Come pensa di contenere il ruolo di questo alleato nella coalizione su temi che riguardano l’antisemitismo e Israele?
«Ho affermato con chiarezza fin da subito che non volevo fra le nostra fila Casa Pound  e altri gruppi simili. Purtroppo sulle liste di zona non sono io a decidere, è scappato un caso molto grave che ho subito denunciato. Non penso però che sia questo il rischio per gli ebrei milanesi: credo invece che un molto maggiore rischio di antisemitismo venga da sinistra che non nelle nostre fila. In questo momento abbiamo una candidata al consiglio comunale del PD, Sumaya… Ah, va bene, ne parlerete con Sala….».

LA QUESTIONE MOSCHEA
Noi come comunità milanese siamo da sempre aperti al dialogo, ci professiamo garanti della libertà di potere professare tutte le fedi nel rispetto delle regole nel paese nel quale si vive. Per quanto riguarda la costruzione della Moschea, quali misure come sindaco adotterà per garantire la sicurezza ai milanesi e in quale modo controllare provenienza dei fondi affinché non venga finanziato da organizzazioni terroristiche e che i finanziatori riconoscano l’esistenza Dello Stato di Israele?

«Il tema della moschea è molto delicato e non deve essere trattato con superficialità. Ho chiesto prima di autorizzare una moschea a Milano che i sindaci delle città italiane possano avere una norma che consenta loro di sapere da dove arrivano i finanziamenti dei promotori. Sono  d’accordo con la gran parte della comunità milanese musulmana che proprio per difendere la libertà di culto dei musulmani – la stragrande maggioranza dei quali non ha nulla a che vedere con la jihad – dobbiamo essere molto chiari su questo tema specifico. Siamo per la libertà di culto, ma anche per la nostra sicurezza e siccome da quell’area c’è un rischio, a tutela di chi vuole professare tranquillamente la propria fede dobbiamo escludere qualsiasi rischio nella costruzione delle moschee».

IL GEMELLAGGIO CON TEL AVIV
Milano è gemellata con Tel Aviv da diverso tempo. Di fronte ad attacchi che potrebbero colpire Tel Aviv prenderebbe posizione di solidarietà piena alla cittadinanza?

«Qui c’è un conflitto di interesse perché ho a casa Tel Aviv…. Israele è il mio secondo Paese. Quello del gemellaggio però non chiama soltanto in causa la solidarietà in momenti di pericolo, ma anche un tema di maggiore integrazione fra le nostre economie: abbiamo molte cose da dirci nel rapporto sulle tecnologie, sul design e su tanti altri ambiti. Da noi tutto il boicottaggio a Israele – che in via strisciante anche Pisapia ha fatto sospendendo i rapporti della società che gestisce gli acquedotti comunali, Mm, con una società israeliana (la Mekorot, a seguito di un appello al boicottaggio lanciato su Change.org, ndr) – non ci sarà mai. Noi promuoveremo da subito questo tipo di integrazione economica. »

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La sala gremita dell’Hotel Marriott

AMBIENTE E INQUINAMENTO
Oggi grazie alle nuove tecnologie, ai tassi di interesse alla grande disponibilità finanziaria che c’è nel mondo della finanza in senso lato, in che modo pensa di potere intervenire per ridurre l’inquinamento a Milano?

«L’inquinamento ha due fattori fondamentali: quello della mobilità delle auto e quello dell’edilizia. Per le auto il trend è oggi positivo: ognuno di noi possiederà nel futuro sempre meno automobili, preferendo il carsharing. Dobbiamo solo accelerare questo processo, non però vietando la circolazione delle auto private, obbligando ad andare in bici, o bloccando il traffico (cosa che non serve a niente). Sul fronte dell’edilizia, si deve sapere che il 50% delle case a Milano sono in categoria energetica G, e solo lo 0,6% in categoria A. Avvieremo quindi una grande rigenerazione urbana, rimetteremo scali ferroviari e metteremo incentivi fiscali: questo permetterà di avere molti spazi per piantare i vostri alberi…  Poi svilupperemo un piano di origine finanziaria e fiscale per rigenerare le caldaie. Questo è un ambito su cui possiamo ragionare con Israele: mi piacerebbe avere qui al Politecnico di Milano un centro di ricerca e di innovazione sulle tecnologie della bioedilizia perché dobbiamo diventare la capitale europea per l’innovazione tecnologica sulla bioedilizia. Poi, siccome in Israele non ci sono le zanzare, potremo trovare insieme un accordo tecnologico-scientifico…»

«PERCHÉ NON AVETE VOTATO I VOSTRI CANDIDATI?»
Infine, in conclusione, Parisi ha voluto fare un appello finale, rivolgendosi direttamente ai presenti. «Abbiamo avuto dei grandi candidati, della comunità ebraica: uno è Yoram Ortona, che ha fatto un ottimo lavoro con noi, e l’altro è Daniele Nahum, un ragazzo molto tenace e coraggioso candidato con il PD. Ma perché hanno avuto così poche preferenze? A Milano in questo momento c’è un rischio vero di antisemitismo, ma non ho visto quella militanza che mi aspettavo ci fosse da parte della comunità. In consiglio comunale oggi non abbiamo nessuno che vi rappresenta e questo è un vero peccato».