Manifestazioni per Gaza: va in scena l’odio contro Israele. Meghnagi: “chi strizza l’occhio all’antisemitismo è complice”

Italia

di Davide Cucciati
La dichiarazione del presidente della Comunità Ebraica di Milano, Walker Meghnagi, arriva dopo giornate segnate da un’escalation incontrollata di proteste, blocchi e violenze che con la pace non hanno nulla a che vedere. Coinvolti anche minori a cantare Palestina libera dal fiume al mare”.

“Con i corpi ancora caldi degli ebrei uccisi a Manchester la sinistra italiana ancora oggi, da Schlein a Conte passando per AVS e il principale sindacato italiano, non dimostrano pietà e continuano a incitare all’odio antisionista e quindi antiebraico. Nonostante la tregua e la speranza di pace per Gaza, il loro linguaggio invece che ammorbidirsi si fa ancora più duro. A questo punto mi pare evidente che a loro non interessa la fine della guerra a Gaza ma solo eccitare le folle contro il popolo di Israele, coscienti del fatto che questo comporta aggressioni e morte anche per i cittadini italiani di religione ebraica, come nel 1982 la CGIL fu corresponsabile del clima che portò all’attentato alla sinagoga di Roma. Come Comunità ebraica di Milano lanciamo l’ultimo avviso: d’ora in poi sarete ritenuti corresponsabili e complici di ogni aggressione agli italiani di religione ebraica, avete superato ogni limite di sopportazione. Nel tornare a pregare per la pace ripetiamo per l’ultima volta: basta odio, basta antisemitismo.”

La dichiarazione del presidente della Comunità Ebraica di Milano, Walker Meghnagi, arriva dopo giornate segnate da un’escalation incontrollata di proteste, blocchi e violenze che con la pace non hanno nulla a che vedere. Secondo i dati ufficiali del Ministero dell’Interno, sono almeno 96 gli operatori delle forze dell’ordine rimasti feriti tra il 2 e il 4 ottobre in tutta Italia: 55 tra il 2 e il 3 ottobre, e 41 solo il 4 ottobre a Roma, dove il corteo pro-Gaza è degenerato in violenti scontri urbani. I sindacati di polizia, come il Coisp, parlano addirittura di 126 feriti in tre giorni. Ma c’è un altro dato che colpisce: in diversi cortei sono stati coinvolti anche minori, compresi studenti delle scuole elementari e medie. In alcune città, ad esempio a Firenze, sono stati documentati gruppi organizzati, accompagnati da adulti che guidavano i cori come il famigerato “Palestina libera dal fiume al mare”. Uno slogan che, come noto, nega l’esistenza stessa di Israele e si presta a letture inequivocabilmente antiebraiche.

A Roma, sabato 4 ottobre 2025, la manifestazione “per la Palestina” è degenerata rapidamente: bottiglie incendiarie, auto bruciate, vetrine infrante, scontri con la polizia. In mezzo ai cori, sono comparsi striscioni con la scritta “7 ottobre giornata della resistenza palestinese”, bandiere inneggianti la morte dei soldati israeliani “Death to the IDF” e cartelli che invitavano al boicottaggio di Israele.

Da un reportage pubblicato su Il Riformista emerge un passaggio emblematico: “Abbiamo fotografato manifestanti con cartelli su cui si leggeva: ‘Se prevale la violenza sapremo come rispondere’. Non erano black block: erano parte della stessa folla che Schlein definisce ‘un’oceanica manifestazione di pace’. Cecità? No. Complicità. La benevolenza con cui Cgil, Pd, M5S e Avs hanno accolto e protetto picchiatori e devastatori, vandali e antisemiti, non è scusabile. Oggi Roma brucia anche per la loro ipocrisia. Mentre scriviamo, i disordini continuano: i manifestanti incappucciati si spostano verso Santa Croce in Gerusalemme e tentano di raggiungere Porta Maggiore, da cui è facile dileguarsi verso San Lorenzo o il Pigneto, zone grigie dove la legalità si confonde con l’illegalità e dove ciò che qualcuno chiama ‘democratico’ è tutto, fuorché democratico”. Parole dure, ma impossibili da ignorare.

Pochi metri più in là, la statua di Giovanni Paolo II davanti alla stazione Termini è stata imbrattata con la scritta “fascista di m…” e il simbolo della falce e martello. La premier Giorgia Meloni ha definito l’episodio “un atto indegno, commesso da persone obnubilate dall’ideologia”.

Le manifestazioni a Milano e Torino

A Milano, la tensione è esplosa giovedì 2 ottobre, in concomitanza con l’intercettazione della Global Sumud Flotilla da parte della Marina israeliana, proprio mentre la comunità ebraica concludeva Yom Kippur. Vicino alla fermata Palestro, alcuni manifestanti hanno trascinato cestini e biciclette in mezzo alla strada per bloccare la circolazione. Famiglie che uscivano dai templi si sono trovate a camminare accanto a quelle barriere improvvisate, in un contesto ostile. Il giorno successivo, venerdì 3 ottobre, durante lo sciopero generale un corteo si è diretto da Porta Venezia verso il Politecnico, con blocchi e momenti di forte tensione in città (occupazione della tangenziale Est all’altezza di Lambrate e idranti della polizia in corso Venezia per fermare i gruppi che puntavano verso piazza Duomo).

Nella serata del 3 ottobre, un corteo partito da Loreto ha attraversato corso Buenos Aires; in corso Venezia, la polizia ha usato di nuovo gli idranti per disperdere i manifestanti. Alla fine sono state denunciate quattordici persone. Il deputato Riccardo De Corato (Fratelli d’Italia) ha stigmatizzato l’accaduto: “Questi manifestanti non sanno cosa sia la democrazia. Sono violenti che strumentalizzano la causa palestinese per esercitare disprezzo verso le istituzioni, la politica e il vivere civile. Loro, pro-Hamas e centri sociali, sono la vergogna di Milano e dell’Italia intera”.

Sempre venerdì 3 ottobre, anche Torino è stata teatro di disordini. Dopo una manifestazione che ha portato centomila persone in strada a sostegno di Gaza e della Flotilla, un gruppo di circa cento giovani, in gran parte seconde generazioni di origine nordafricana, come riportato da RaiNews, ha devastato piazza Castello e via Po, lanciando bottiglie e pietre contro le forze dell’ordine, incendiando cassonetti, sfondando cancelli e danneggiando auto. Gli scontri sono proseguiti davanti alla stazione di Porta Susa, alla prefettura, e infine di nuovo in piazza Castello, dove sono state erette barricate improvvisate anche con le sedie e i tavoli dell’allestimento per “Portici di Carta”, la kermesse libraria in programma per il giorno dopo.

Antonio Tajani ha parlati di “cattivi maestri” e, in un’intervista al Corriere della Sera, ha osservato che “è stato uno sciopero politico, non per il diritto al lavoro”, e ha ricordato come sindacati storici come Cisl, Uil, Ugl e Conf-Sal non abbiano aderito. “Cosa c’entra con Gaza bloccare porti, aeroporti, autostrade?”

Matteo Salvini, su X, ha espresso pieno sostegno alle forze dell’ordine: “A Roma oggi scontri, violenze, vetrine spaccate, teppisti incappucciati contro Polizia e Carabinieri, lancio di bottiglie e bombe carta, auto in fiamme. Questi non sono manifestanti o pacifisti, sono criminali! GRAZIE alle donne e agli uomini in divisa, siamo sempre al vostro fianco.”

Gli ebrei italiani osservano tutto questo con un misto di sgomento e lucidità. Chi ha gridato “dal fiume al mare”, chi ha invocato il 7 ottobre come data fondativa di un nuovo mito rivoluzionario, ha scelto la parte sbagliata della Storia. Non sarà più possibile, da domani, fingere di non sapere. Il grido di Walker Meghnagi non è un’esternazione polemica ma un atto necessario: in nome di chi oggi nasconde la kippah sotto un cappello, di chi cela una collanina con una stella di David, di chi deve spiegare ai propri figli che anche quest’anno, come nel 1982, è meglio non dire a scuola di essere ebreo.