Francesca Albanese

Le lezioni nelle scuole a senso unico di Francesca Albanese: domande concordate e niente contraddittorio

Italia

di Nina Prenda
Docenti che fanno seguire dei webinar della Albanese senza avvisare le famiglie e la dirigenza. Ma anche la partecipazione della relatrice Onu in un liceo di Pisa senza contraddittorio e dialogo con gli studenti. Sono gli ultimi episodi di come molte scuole oggi stiano preferendo un indottrinamento dei ragazzi piuttosto che un insegnamento critico al pensiero e al confronto.

 

Continuano a far discutere gli inviti che alcune scuole italiane hanno rivolto a Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori palestinesi, volte alla pubblicità del suo libro sul conflitto medio-orientale e a webinar sul tema, che più che lezioni vengono additati di essere pura propaganda. Polemiche nate non solo per la scelta di chiamare una figura così controversa, ma anche per le modalità: dopo i casi in Toscana, gli ispettori del ministero dell’Istruzione si stanno occupando anche di episodi simili avvenuti in istituti emiliani, dove i docenti hanno fatto seguire dei webinar della Albanese senza avvisare le famiglie e la dirigenza.

Ad oggi emerge un ulteriore elemento tutt’altro che secondario: l’incontro con la relatrice speciale dell’Onu al liceo scientifico “Ulisse Dini” di Pisa si è svolto in assenza totale di pluralismo e di contraddittorio. Non per una scelta implicita o per una disattenzione organizzativa, ma per una decisione precisa ed esplicita. A certificarlo è un documento interno, firmato dalla dirigente scolastica Alessandra Marrata e visionato da Nicolaporro.it, che riporta il programma ufficiale dell’assemblea d’istituto del 10 dicembre. Il testo è chiaro: non era previsto alcuno spazio di confronto diretto tra la relatrice e gli studenti. Nessuna domanda libera, nessuna interazione spontanea, nessun dibattito. Un intervento a senso unico, interamente strutturato e preventivamente filtrato.

Tutto ciò in nome della sensibilità, del clima, del rispetto. Chi esprime posizioni diverse non viene messo alla prova del confronto: viene escluso a monte. Le domande spontanee sono state impedite a priori perché, per essere ammesse, dovevano essere presentate giorni prima, caricate su un modulo online e sottoposte in anticipo alla relatrice. Nemmeno al termine del collegamento era consentito intervenire liberamente. In altre parole: non un’assemblea, ma un monologo; non un confronto, ma una lezione frontale rigidamente controllata.

La Lega, attraverso Susanna Ceccardi e Giovanni Pasqualino, ha sollevato il caso puntando il dito non sul tema del conflitto, ma sul metodo adottato. Quando il racconto è unilaterale, emotivamente orientato, accompagnato da titoli evocativi come “Quando il mondo dorme” e privo di qualsiasi possibilità di domanda scomoda, si esce dal terreno dell’educazione e si entra in quello, ben diverso, dell’indottrinamento. A maggior ragione se a tenerlo è una figura così controversa come Francesca Albanese, le cui dichiarazioni e comportamenti filo-Hamas hanno fatto molto discutere. È a questo punto che la vicenda assume un rilievo politico.

Blindare l’evento, impedendo qualsiasi contraddittorio, soprattutto quando il pubblico è composto da studenti minorenni o poco più che maggiorenni, all’interno di una scuola pubblica, è pericoloso. La scuola, per sua natura, dovrebbe insegnare a discutere, a pensare, a ragionare; non a ripetere, ben che meno a indottrinare.