Concerto per la Memoria: al Conservatorio musiche, discorsi e un omaggio al grande Elie Wiesel

Italia

di Roberto Zadik

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Come ogni anno, ormai, il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, lo scorso 26 gennaio ha ospitato l’importante evento “Milano ricorda la Shoah” che, giunto alla sua diciassettesima edizione e presentato da Luca Ciammarughi, è stato interamente dedicato non solo alle vittime dell’Olocausto, ma anche allo scrittore ebreo ungherese e Premio Nobel per la Pace, Elie Wiesel, scomparso lo scorso 2 luglio a 85 anni, del quale sono stati letti dall’attrice e regista Miriam Camerini, alcuni intensi brani tratti dalle sue opere principali. Partendo da “La notte” suo romanzo centrale sulla sua esperienza nei lager a soli 15 anni, fino alle “Sei lezioni talmudiche”.

Durante l’evento si sono susseguiti diversi interventi, fra cui quello del Rabbino Capo, Rav Alfonso Arbib e la preziosa testimonianza di Alessandra Farkas, ex giornalista del “Corriere della sera” hanno approfondito la personalità del letterato e saggista amico di Primo Levi e assieme a lui testimone “letterario” della Shoah di primaria grandezza.

Discorsi, testimonianze e musiche hanno scandito l’iniziativa, organizzata dalla musicista Lydia Cevidalli e dal Conservatorio, dall’Associazione Figli della Shoah, dalla Fondazione Cdec e dal Memoriale della Shoah. Presenti in sala varie autorità istituzionali e comunitarie, dal vice presidente della Fondazione Memoriale, Roberto Jarach, ai presidenti della Comunità ebraica Besso e Hasbani, a vari consiglieri e assessori, da Claudia Terracina, al Bilancio, al vice assessore alla Cultura Gadi Schonheit. Cominciata subito con l’opera “Kaddish per voce e pianoforte” brano composto su testo di Elie Wiesel, dal compositore ebreo austriaco Kurt Sonnenfeld internato nel campo di Ferramonti in Tarsia in Calabria, la serata ha dato spazio a una prima parte più verbale, in cui sono intervenuti diversi ospiti.

Da Cristina Frosini e Ralph Alexandre Fassey, Direttore e Presidente del Conservatorio, al presidente della Fondazione Memoriale Ferruccio De Bortoli, il Rabbino Capo Rav Alfonso Arbib che ha sottolineato come “La Shoah e i nazisti abbiamo cercato non solo di distruggere gli ebrei come persone ma si siano spinti verso la distruzione dell’ebraismo della cultura ebraica attaccando sinagoghe e luoghi ebraici”. Fra i momenti più intensi della serata, la testimonianza dell’ex giornalista del “Corriere della Sera”, Alessandra Farkas che ha ricordato il suo incontro con Wiesel raccontando vari dettagli interessanti e inediti della personalità dello scrittore. “Poche volte sono scoppiata a piangere davanti a un telegiornale” ha esordito la Farkas “ma è successo con Rabin e con Elie Wiesel. Lo conoscevo bene ed era sempre cordiale, disponibile e non negava mai interviste anche alle ore più improbabili. Avevamo diverse cose in comune. Aveva la stessa età di mio padre, quando i nazisti nel 1944 invasero l’Ungheria. Nel campo di Buchenwald a soli 15 anni visse un’esperienza tremenda, sua madre e sua sorella vennero uccise quasi subito mentre visse con suo padre per più di otto mesi costretti a lavorare in condizioni spaventose”.

Fra gli interventi, anche personalità politiche come il vice sindaco Anna Scavuzzo che ha evidenziato come “è stata una giornata molto intensa come sempre che ha coinvolto tanti ragazzi e giovani delle scuole. E’ la prima volta che si dedica a una persona questa Giornata, ma Wiesel è stato molto speciale, un testimone della Pace in grado di smuovere le coscienze su quello che è successo”. Presente sul palco del Conservatorio anche l’assessore Brianza che ha sostituito il presidente Maroni, che a proposito della Memoria ha specificato che “non è mai troppo quello che si fa, è necessario che una tragedia come la Shoah non cada nell’oblio e che i lombardi e i milanesi specialmente delle giovani generazioni crescano con una coscienza storica precisa e informata”.

Molto importanti gli interventi di De Bortoli e di Rav Arbib. “Dobbiamo impegnarci” ha detto De Bortoli “per una memoria che sia viva e non retorica ed ora è più che mai fondamentale in un periodo complesso come questo, segnato da una serie di inquietanti post verità e al ritorno del populismo e fenomeni e dichiarazioni xenofobe. Come una recente dichiarazione di un politico tedesco di Destra che ha definito ilMemoriale della Shoah di Berlino come un monumento della vergogna. Spero che cose del genere non vengano mai più ripetute”.

Densi di tematiche i discorsi di Rav Arbib, della Farkas e le letture da vari testi di Wiesel, da parte di Miriam Camerini. Sia il Rabbino Capo che la Farkas si sono lungamente soffermati sulla figura di Elie Wiesel concentrandosi non solo sulle sue abilità letterarie  ma anche sul lato umano e personale dell’autore. “Wiesel” ha ricordato il Rabbino Capo “è stato un formidabile divulgatore di Cultura ebraica, ha scritto un gran numero di testi dove commenta brillantemente brani talmudici e passi biblici. E’ stato talmente versatile che sembrano due personaggi diversi, l’autore de La Notte e quello di Celebrazione Chassidica”. Da questo spunto, il Rabbino Capo ha concentrato la propria attenzione sul fatto che “i nazisti hanno cercato di annientare la cultura ebraica e non solo gli ebrei, la religione, i negozi tutto quello che c’era di ebraico. Fra i deportati nei lager c’era di tutto, ebrei religiosi, atei, agnostici, convertiti, persone che non erano più ebrei da due o tre generazioni. L’antisemitismo punta all’annientamento dell’ebreo indipendentemente dalla sua fede e dalle sue idee, esso è una ostilità generale verso il mondo ebraica. Non bisogna farsi imbrogliare da chi critica ebraismo o da antisionismo. Ogni anno in questo periodo ci interroghiamo su cosa ricordare della Shoah e questo penso che sia un aspetto non banale e di centrale importanza. Wiesel ebbe un ruolo centrale non solo come testimone ma nel suo sforzo di recuperare l’ebraismo e la tradizione ebraica che i nazisti e l’antisemitismo cercarono di distruggere”.

Concentrandosi sulla Shoah e su Wiesel, durante la serata sono stati letti dall’attrice e regista Miriam Camerini accompagnata al violoncello da Marco Maggi, diversi brani da diversi testi. Da “L’alba”, “Processo a Shangorod” e da “La Notte”, in cui l’autore si interrogò sul “silenzio di Dio” pur rimanendo sempre religioso o da saggi come “Sei lezioni di Talmud” un testo di straordinaria bellezza dove Wiesel sottolinea di aver trovato la pagina di Talmud che stava studiando prima che lo deportassero e che, tornato a Parigi dopo i lager “ripresi da lì a studiare, da dove avevo lasciato prima della deportazione. Il Talmud e lo studio mi hanno salvato, l’atemporalità di quelle discussioni rabbiniche, di quel linguaggio eterno per difendersi dalla perdita della Memoria”.  Durante la serata Alessandra Farkas ha ricordato la modestia e la tenacia di Wiesel “era sempre in giro per testimoniare la sua esperienza, non si fermava mai e non aveva paura della morte perché l’aveva vista in faccia troppe volte. Continuò a scrivere e realizzò più di sessanta libri, per lungo tempo non volle sposarsi ma nel 1969 conobbe Marianne, ebrea viennese e con una figlia da un precedente matrimonio e la sposò diventando padre del suo unico figlio Shlomo. Non abbandonò mai la fede e litigava affettuosamente col suo amico Primo Levi, diventato agnostico, cercò di tirarlo su dalla forte depressione prima del suicidio ma non ci fu nulla da fare. Visse come un apolide, senza patria ed era sensibile alle sofferenze e alle ingiustizie del mondo contro cui si schierò per tutta la sua vita”. In tema di anneddoti e testimonianze, in merito al “Processo a Shangorod” storia di un sanguinoso pogrom in Russia con un testo molto drammatico, la Camerini ha raccontato una vicenda molto particolare sul suo incontro con Wiesel.  Nel 2005, la giovane regista, all’epoca 22enne stava realizzando uno spettacolo su questa trama ed era indecisa se cambiare o meno finale. A New York contattò Elie Wiesel e i due parlarono in ebraico su questo argomento. “Lui non era d’accordo che modificassi il suo testo” ha raccontato la Camerini emozionata “ ma alla fine decisi di variare con un ragazzo che comincia a studiare Talmud dopo il massacro. Fu un momento speciale di dialogo e di confronto tipicamente ebraico”.

Successivamente dopo i discorsi, l’ultima parte della serata è stata dedicata alla musica con brani di Kurt Sonnenfeld e del compositore ebreo francese Darius Milhaud, con una parte dedicata a un grande del Novecento russo come Dmitrij Sostakovich, scomparso a 70 anni nel 1975,  e i suoi Lieder in Yiddish.  Eseguiti da un gruppo di affiatati musicisti e tenori come Alessandro Tamiozzo o Maria Laura Bertoli in qualità di soprano, i brani sono stati commentati dal presentatore che ha ricordato la fascinazione di Sostakovic, che non era ebreo per la cultura yiddish e ebraica, per la commistione di gioia e di dolore, che gli creò diversi problemi col regime di Stalin con cui ebbe un rapporto molto complesso.