manifestazione contro antisemitismo a roma 30.10.2025

“A testa alta con gli ebrei”. Oltre duemila persone alla manifestazione a Roma contro l’antisemitismo

Italia

di Nina Prenda (testo e foto)

Giovedì 30 ottobre, sotto una pioggia quasi incessante, la manifestazione “Per la nostra libertà. A testa alta con gli ebrei” indetta dall’associazione Setteottobre in piazza Santi Apostoli, a Roma. Oltre 2000 persone si sono ritrovate per esprimere la propria vicinanza al polo ebraico, da oltre due anni bersaglio di un antisemitismo esploso dopo il 7 ottobre 2023, come testimonia ai microfoni di Bet Magazine Edoardo, cittadino italiano non ebreo presente all’evento. “Dopo mesi e anni di ingiustizie e falsari della storia, questo è il minimo gesto che un cittadino possa compiere, ovvero esprimere solidarietà scendendo in piazza e manifestando la propria vicinanza e simpatia per una delle culture più importanti della civiltà umana”.

Numerosi gli interventi, da Tommaso Cerno (direttore de Il Tempo) a Lucetta Scaraffia, dal giornalista Pierluigi Battista a Stefano Parisi, presidente dell’associazione Setteottobre, per poi passare a Victor Fadlun (presidente della Comunità ebraica di Roma), Noemi Di Segni (presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane), e ai politici che hanno preso parola, come Giovanni Donzelli (parlamentare di Fratelli d’Italia), Pina Picierno (Vicepresidente del Parlamento Europeo, PD), Maria Elena Boschi (capogruppo alla Camera dei deputati per Italia Viva) e Marco Taradash (giornalista e politico). I partecipanti hanno riempito la piazza di Roma nonostante il maltempo, sventolando le bandiere di Israele e striscioni con su scritto “Mai più è adesso” oppure “Mai più soli, mai più divisi”.

Ad aprire la serata è stato Tommaso Cerno, direttore del Tempo, da mesi al centro di un’inchiesta che indaga sulle infiltrazioni islamiche nei rapporti con i parlamentari della sinistra italiana. “Una democrazia che non capisce dove sta la verità, dove cercarla, e diventa megafono del terrore non è più una democrazia. I protagonisti dell’islamismo radicale si muovono attraverso infiltrazioni, partecipano alla propaganda, hanno riempito le piazze con falsità. La sinistra italiana ci dava dei sionisti, una parola figlia della cultura socialista dell’Ottocento, e la usava per darci contro. Questo avveniva mentre in Italia apparivano cartelli contro gli ebrei nei ristoranti, negli hotel, e gli israeliani venivano discriminati nel Paese che ha professato l’antifascismo evidentemente a parole”.

È intervenuta successivamente la giornalista Lucetta Scaraffia, che ha lasciato il Comitato Bioetico di Ca’ Foscari, a seguito degli episodi di antisemitismo accaduti nell’istituto. Nel suo intervento ha detto: “Non dobbiamo accettare mai più che un ebreo non possa parlare in un’università italiana, un comune italiano. Ogni volta che viene invitata una persona come la Albanese, quantomeno dovrebbe essere invitata a parlare anche una persona dell’altra parte. Con questa nuova ondata di antisemitismo abbiamo visto un fracasso della Giornata della Memoria: siamo di fronte ad un fallimento. Io penso che dobbiamo ripensare a tutto questo con nuove parole. Penso che per quest’anno dovremmo fare una sospensione della Giornata della Memoria, per protesta contro tutto quello che viene fatto contro gli ebrei. Sarebbe molto più forte la negazione in una giornata così significativa.

La parola poi è passata al giornalista Pierluigi Battista, autore di vari libri sull’antisemitismo: “Non dobbiamo rassegnarci all’idea che Liliana Segre viene insultata da una persona a cui poi viene data una cittadinanza onoraria nelle città democratiche. Gli antisemiti non meritano nessuna onorificenza. Non ci possiamo rassegnare al fatto che il fronte unico dei talk show non abbia dedicato neanche un secondo ai morti ebrei nella sinagoga di Manchester. A Torino, gli studenti ebrei entrano all’università con paura, nascondendo la kippah. Mi piacerebbe che il capo dello Stato o le grandi autorità dicessero ai cittadini ebrei che hanno paura “voi, noi non dobbiamo avere paura, siamo dalla vostra parte”, ma questo non è accaduto. Mi piacerebbe che si potesse smettere di leggere sui giornali di ebrei perseguitati, azzittiti. Il nuovo antisemitismo è arrivato dove non ce lo aspettavamo. Non è mai troppo tardi per accorgersene”.

Ha preso poi parola il presidente dell’associazione Setteottobre, Stefano Parisi, che ringraziando tutte le sigle che hanno aderito alla manifestazione, ha detto: “Dobbiamo essere un Paese libero, dove ogni religione deve essere professata, anche la religione ebraica. Per due anni abbiamo tollerato piazze antisemite, dove si urla “Palestina libera dal fiume al mare”. I bambini che vi partecipano sono manipolati, come lo sono i palestinesi da Hamas e da UNRWA. Sono manipolati perché gli fanno dire parole d’odio a 8,9,10 anni. La propaganda di Hamas ha penetrato le nostre università, i nostri organi di informazione. Sì, lo ripeto: ha penetrato i nostri organi di informazione. L’Ordine dei giornalisti dovrebbe avere la coscienza di dire che quello che sta succedendo è una vergogna e che Hamas è l’unica fonte di informazione per molti giornalisti, per fortuna non per tutti. Questo è tutto fuoco per accendere l’antisemitismo, che c’è sempre stato ma è sempre stato soffocato dalla retorica del Giorno della Memoria. Un nuovo antisemitismo è esploso il 7 ottobre. È stata utilizzata la parola “genocidio” perché questo equipara quello che succede a Gaza alla Shoah e ha liberato tanti antifascisti che oggi sono liberi dal senso di colpa della Shoah e possono dire quello che hanno sempre pensato degli ebrei”.

Il rabbino capo di Roma Rav Riccardo Di Segni ha denunciato come la memoria sia stata completamente sovvertita. “Come ogni anno ho partecipato ad una commemorazione per i rastrellamenti del 16 ottobre. Di solito, negli schermi di questa cerimonia venivano proiettati i nomi di chi era stato rastrellato e poi ucciso. Quest’anno hanno proiettato delle slides prese dal web in cui c’erano dei commenti atroci, veramente nazisti. Cosa è successo? Da una parte c’è l’idea degli ebrei genocidi, attenzione: non è una novità del 7 ottobre. Nel giugno del 1982 anche Luciano Lama rispose alle proteste del rabbino Toaf dicendo che gli israeliani stavano commettendo un genocidio: la storia è vecchia, l’accusa infamante è vecchia, e ora viene servita su un piatto d’odio. Shoah e Nakba vengono confuse, stranamente hanno lo stesso significato: sciagura. Si dimentica che contemporaneamente insieme all’esilio degli abitanti arabi della Palestina ci furono anche 800 mila ebrei esiliati dai Paesi arabi. Shoah non è Nakba, si cerca di mettere le cose sullo stesso piano per liberarsi dal senso di colpa della Shoah vera. Oggi scrivono che Hitler non ha finito il lavoro, dobbiamo denunciare tutti i sistemi che hanno consentito la scopertura di questo obbrobrio, dalla politica all’informazione, all’educazione. Esistono scuole di Roma dove fanno giocare i bambini con le barchette della Flotilla”.

Victor Fadlun, presidente della Comunità ebraica di Roma, ha detto: “L’antisemitismo oggi si presenta con parole nuove ma con le stesse intenzioni criminali di sempre. Si traveste da antisionismo, si traveste con la maschera della solidarietà – guarda un po’ – e usa la lingua dei diritti per negare un diritto fondamentale: il diritto di Israele ad esistere. Chiederci di dissociarci da Israele è come chiederci di strapparci il cuore. Israele si difende in una guerra di sopravvivenza. Chi uccide, sequestra, stupra viene dipinto come un eroe ma questi non sono tali: sono terroristi. Non possiamo accettare questo ribaltamento della realtà: il carnefice dipinto da vittima e la vittima dipinta da carnefice. Ci sono molte fazioni politiche che hanno scelto la retorica del consenso alla fatica della verità. Non si può invocare la pace e intanto accettare l’ingiustizia. La neutralità di fronte all’antisemitismo è complicità. Servono provvedimenti concreti. Chiediamo il rispetto delle leggi, serve un impegno vero. Se l’antisemitismo cresce, la libertà di tutti noi si restringe”.

Successivamente è intervenuta Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane: “Noi non possiamo liberare chi è ostaggio dell’ignoranza e dello sfruttamento e vantaggio politico ed economico apparente. Chi interagisce e trasmette ai giovani ha una responsabilità primaria. I mezzi di comunicazione si offendono se diciamo che fanno propaganda ma l’effetto è più o meno quello: odiare l’ebreo. L’Onu oggi va totalmente ripensata, compresa la Corte Internazionale. Ai testimoni della Shoah dobbiamo spiegare noi cos’è un genocidio? Onu e agenzie connesse tutelano Hamas: peccato, io da studentessa ci credevo. Oggi serve concretezza per far cementare le crepe di quelle di secoli e secoli medievali che credevamo seppellite”.

Gli interventi dei politici

Il deputato Giovanni Donzelli, di Fratelli d’Italia, esprime il suo sdegno per l’irruzione propal che ha impedito Emanuele Fiano di poter parlare all’università Ca’ Foscari di Venezia. “Trovo vergognoso che gli sia stato impedito di parlare. Non condivido le sue idee ma ha diritto di esprimerle e non farlo parlare perché ebreo è pericolosissimo per la tenuta democratica del nostro Paese. Mi sento vicino ad Emanuele Fiano. Noi siamo qui a ricordare che Israele ha il diritto di esistere in sicurezza. È troppo facile stare con gli ebrei quando soccombono, bisogna essere con Israele anche quando cerca di sopravvivere perché non può passare come messaggio normale che ai cittadini italiani di religione ebraica venga chiesto di dissociarsi da Israele, agli studenti ebrei impedito di entrare all’università o alla Brigata Ebraica impedito di partecipare al 25 aprile. Non può passare come normale il messaggio che nelle manifestazioni si gridi “dal fiume al mare” perché questo significa cancellare lo Stato di Israele. Chi non si dissocia sta chiedendo di cancellare un popolo. Chi partecipa a quei cortei e non si dissocia da quegli striscioni e dai quei cori, è complice di genocidio. Loro sono complici di genocidio, non chi difende il diritto ai popoli di esistere in sicurezza”.

Dalla destra alla sinistra, la piazza ha assunto vari colori politici, come ci ricorda Pina Picierno, Vicepresidente del Parlamento Europeo in quota PD, che è presente alla manifestazione “perché la lotta della libertà non è mai un fatto privato”, dice. “La lotta per le libertà è un impegno condiviso e collettivo. Ecco perché stasera io sono qui a nome del parlamento europeo. La lotta contro l’antisemitismo è qualcosa che riguarda tutto e tutti, perché riguarda la nostra democrazia liberale. Mi è dispiaciuto non vedere tra i simboli che hanno aderito a questa manifestazione quella del Partito Democratico”.

Continua Maria Elena Boschi, capogruppo alla Camera dei deputati di Italia Viva, che dice: “Eravamo qui dopo il 7 ottobre e siamo ancora qui. Finché un cittadino italiano, di religione ebraica non si sente al sicuro, nessuno è al sicuro. Noi difendiamo e difenderemo sempre il diritto di Israele ad esistere, pur criticando il suo governo. Criticare il governo non significa addossare la responsabilità ad un popolo, tanto meno alla comunità ebraica. Niente può giustificare le scene che ha subito Lele Fiano o le parole contro Liliana Segre. I propal si dimenticano di essere tali quando i palestinesi vengono uccisi da Hamas nella Striscia di Gaza”.

Inoltre, si aggiunge ai cori della politica l’intervento Marco Taradash di Europa Radicale: “Non è neutrale lasciar parlare chi parla in nome del terrore e chi in nome della vita. Noi siamo qui come quel ragazzino che mise il dito dentro una diga che stava per trasformarsi in un disastro per tutti, siamo coloro che cercano di evitare che l’odio invada la società europea ed italiana. L’antisemitismo oggi è soprattutto a sinistra. Noi lo credevamo relegato solo a destra. I palestinesi sono oppressi perché hanno scelto di essere oppressi, di non essere uno Stato e di fare la guerra ad Israele. Israele è nata contro il colonialismo britannico e si è liberata contro il colonialismo. Non possiamo accettare passivamente la cittadinanza onoraria data a Francesca Albanese. Noi siamo cittadini che amano la libertà che difenderemo non subendo passivamente ciò che ci viene propagandato come verità e invece è menzogna”.

Infine, chiude la manifestazione Luca Spizzichino, presidente Unione Giovani Ebrei Italiani (UGEI). “Siamo qui perché quello che stiamo vivendo è un periodo buio. Le nostre comunità sono vittime, ancora una volta, di un odio cieco. C’è un clima ostile e intimidatorio, che mira a delegittimare la nostra presenza nello spazio pubblico e a silenziare la nostra voce. Ma a trovarsi in prima linea, a subire per primi questo odio, siamo noi, i giovani. Ci siamo trovati ad essere i primi bersagli di questo odio, proprio nei luoghi che abbiamo sempre considerato sicuri, come le scuole e le università, e che si sono trasformati in spazi di paura e chiusura. C’è chi evita di parlare, spiegare o raccontare la propria identità per paura delle conseguenze. La censura preventiva è diventata una regola non scritta: storie e battaglie di interesse collettivo messe a tacere perché scomode. E quando il silenzio imposto non basta, arriva la violenza, fisica e verbale. Io l’ho vissuta a Torino, al Campus Einaudi lo scorso maggio. Ci hanno sputato, ci hanno spintonato, siamo stati insultati e minacciati. A me hanno strappato le spille degli ostaggi e della lotta all’antisemitismo dal bavero della mia giacca. E, come se non bastasse, hanno cercato di cancellare le prove tentando di rubare il mio cellulare, così da zittirci del tutto. Ma noi non siamo restati in silenzio. E non lo faremo mai. Difendere i nostri diritti significa difendere i diritti di tutti. Ma questa battaglia non possiamo farla da soli. Serve una reazione collettiva. Serve che tutti ricordino: quando si attacca un ebreo, si attacca l’Italia intera. Perché l’antisemitismo non colpisce solo noi. Quando un gruppo può essere escluso, insultato o minacciato, la democrazia stessa è più debole. Per questo siamo qui per ribadire con forza: no all’antisemitismo, sempre. In ogni sua forma. L’odio non deve vincere. Mai”.

Quelle voci fuori dal coro

“Penso sia molto importante dare solidarietà e partecipare a queste manifestazioni”, rivela a Bet Magazine Marco. “Lo dico da non ebreo ma da sempre vicino alla cultura ebraica e allo Stato di Israele. Non vengo da una famiglia ebraica, ma ho avuto dei genitori che mi hanno da sempre trasmesso (senza volerlo) questa vicinanza a cominciare dalle letture come i racconti Yiddish e altre decine di libri che, ad esempio, raccontano della storia degli ebrei di Sicilia. Vengo da una terra, la Sicilia, in cui molto prima dei nazisti, gli spagnoli fecero quel che fecero e ho da sempre pensato a quanto questo abbia impoverito la mia Terra. Poi la vicinanza è culturale sia per le letture che per gli studi accademici che ho fatto. Quindi sì… mi immedesimo in una “minoranza” che ha bisogno di essere protetta in quanto preziosa per la nostra civiltà occidentale”, conclude.