Israeliani drusi ed ebrei protestano per la Legge Stato-Nazione

Una legge che stravolge lo spirito della Dichiarazione di Indipendenza

Israele

di Stefano Levi della Torre

La legge che proclama Israele “Stato nazionale del popolo ebraico”, votata il 19 luglio 2018 dalla Knesset con due soli voti di maggioranza (segno di una forte opposizione ad essa) vuole “costituzionalizzare” la politica di acquisizione illegale di territori palestinesi occupati là dove dice che “lo Stato considera lo sviluppo dell’insediamento ebraico (jewish settlement) come un valore nazionale e agirà per incoraggiare e promuoverne la realizzazione e il consolidamento”; declassa l’arabo, a “lingua speciale” e non più lingua ufficiale dello Stato al pari dell’ebraico; afferma che Israele è la patria nazionale non di tutti i cittadini israeliani ma del popolo ebraico, e a ribadire questo concetto l’art.. 6 (“Collegamento col popolo ebraico”) sancisce che “Israele si impegnerà a garantire la sicurezza dei membri del popolo ebraico in pericolo a causa del loro essere ebrei”, impegnando lo Stato d’Israele in prima persona alla salvaguardia degli ebrei nella Diaspora.

Riguardo a quest’ultimo punto, c’è da domandarsi come si concilii questa affermazione col fatto che il governo Netanyahu che ha sostenuto la legge non si sia affatto pronunciato, nello stesso tempo, contro le tendenze xenofobe, antisemite e nostalgiche di razzismi e fascismi, che preoccupano fortemente gli ebrei nell’Ungheria di Orbàn, nella Polonia negazionista, negli USA di un Trump così tollerante verso i neonazisti di Charlottesville … – ma anzi rafforzi i suoi legami con quei regimi, preferendo agli allarmi della dispora le affinità tra le tendenze illiberali dei sovranisti e le tendenze illiberali della destra israeliana. Una destra non del “popolo ebraico” ma specificamente israeliana.

Sono stupito del favore con cui Giorgio Sacerdoti ha commentato la legge votata il 19 luglio 2018 dalla Knesset. Penso che la sua interpretazione sia ispirata, come per molti ebrei, dalla sindrome dello Stato Guida, che impone di accettare da esso (right or wrong, my country) cose che non accetteremmo da qualunque altro Stato, in particolare da quello in cui viviamo. È una deferenza che ha afflitto i rapporti dei comunisti verso l’Urss, ma che è stata deleteria sia per i deferenti sia soprattutto per lo Stato-guida.

A quella legge Giorgio Sacerdoti rivolge un solo appunto: “Al momento di formalizzare e rafforzare la natura ebraica dello Stato d’Israele sarebbe stato però opportuno ribadire l’altro pilastro del binomio di “Israele stato ebraico e democratico” proclamato nella Dichiarazione d’Indipendenza, cioè quello della tutela dei diritti fondamentali di tutti i suoi cittadini, ebrei o no.”
Forse che si tratta di una una svista, di una disattenzione, che quella che si vanta di essere ”l’unica democrazia del Medio Oriente” si dimentichi della democrazia in una sua legge che si pretende di rango costituzionale? Non si tratta di una mancanza ma di uno stravolgimento e di una svolta. Non di una continuità con lo spirito della Dichiarazione di Indipendenza, ma di un suo stravolgimento reazionario e sovranista.

Si afferma che l’inglobamento dei territori occupati è un compito esplicito dello Stato, si abbassa di rango l’arabo come lingua ammessa ma non più ufficiale dello Stato, si tralascia la parità di diritti dei cittadini. Da qui, l’interpretazione della legge mi sembra chiara ed è la seguente: una volta rifiutata o resa vana la prospettiva “Due popoli due Stati”, e confermata invece quella di inglobare più territori e più popolazione palestinese, la destra israeliana punta a risolvere il realistico pericolo che gli ebrei possano diventare in futuro una minoranza numerica, imponendo il loro statuto maggioritario, non numerico ma istituzionale e per legge. E’ esattamente il regime di apartheid, grazie al quale un’ etnia si impone come “maggioritaria” comunque, cioè privilegiata e sovrana, su un’altra parte etnicamente diversa degli abitanti, presenti e futuri, dello Stato.

13 agosto 2018