Terrore a Gerusalemme. Attacco in una sinagoga: 5 morti, 8 feriti. C’era anche un italiano

Israele

synagogue-massacre-funeral-1024x682Anche un ragazzo di origini italiane si trovava nella sinagoga al momento dell’attacco terroristico: «Mio figlio si chiama Nissim, 26 anni ed è padre di due femmine. Non voglio nemmeno pensare che a quest’ora le mie nipoti sarebbero potute essere orfane», così Rav Amitai inizia il racconto del dramma vissuto da suo figlio, mentre pregava nella sua solita sinagoga. «Mio figlio è assorto nella preghiera quando sente passi pesanti e vetri infranti – racconta il padre ancora scioccato al sito Progetto Dreyfus – pochi secondi per capire cosa accade e Nissim si ritrova ad un metro dai terroristi che sparano all’impazzata e colpiscono con i coltelli». Le grida, il panico e all’improvviso il sangue che segna profondamente una giornata che sembrava poter passare tranquillamente nello studio e nella preghiera come ogni giorno.
Senza riflettere, Nissim afferra una sedia e la scaglia contro il terrorista più vicino, ma il tentativo non impedisce al palestinese di girarsi e sparare proprio contro di lui. È solo questione di attimi, il giovane italo-israeliano afferra un tavolo per proteggersi e nella confusione riesce a scappare più velocemente possibile fuori dalla sinagoga.

Ma ricordiamo i fatti: nell’attacco terroristico di martedì 18 novembre a Gerusalemme, due terroristi arabi sono entrati nella sinagoga “Kehilat Yaakov” di Shimon Agassi Street, nel quartiere ortodosso di Har Nof a Gerusalemme Ovest, con pistole, coltelli e aste di metallo avventandosi contro i fedeli alle 7, l’ora della preghiera mattutina.

Gli attentatori, palestinesi di Gerusalemme Est, sono arrivati in auto, e appena entrati hanno iniziato a sparare con delle pistole gridando «Allah hu-Akbar» durante l’attacco ai fedeli. Vi sono stati dei corpo a corpo con alcuni fedeli.

I rapporti delle unità di emergenza del “Maghen David Adom” parlano di quattro vittime e 8 feriti – di cui 5 molti gravi. I feriti sono stati ricoverati all’ospedale Hadassah-Ein Kerem. Nel corso della giornata uno dei feriti muore. È un poliziotto druso-israeliano, Zidan Sayif, accorso per fermare i terroristi con i quali ha aperto un conflitto a fuoco, restando gravemente ferito alla testa . Purtroppo non è sopravvissuto, lascia una giovane moglie e una bimba di sette mesi.

Come dichiara alla Stampa Yehuda Zahav, capo dei soccorritori di Zaka, che si occupano di recuperare i resti delle vittime, racconta, scosso: «Abbiamo visto in passato molti attentati, anche con più vittime, ma questa volta si è trattato di ebrei in sinagoga fatti a pezzi con asce, coperti di sangue, con tallit e tefillit ancora indosso, e libri sacri gettati in terra, scene simili le abbiamo viste solo durante la Shoah».

I due terroristi, che sono stati uccisi dall’intervento delle guardie di sicurezza, avevano le carte di identità blu che indicano cittadinanza israeliana. Sono due cugini, di 22 e 27 anni, del quartiere arabo Jabel Mukaer di Gerusalemme Est.

Hamas: solo una reazione
Hamas ha spiegato come l’attacco sia la rappresaglia alla tensione sulla Spianata delle Moschee e all’uccisione – un suicidio secondo la polizia israeliana – dell’autista di autobus palestinese di una ditta israeliana. L’uomo si chiamava Yusuf Hasan al Ramuni, 32enne padre di due bambini, residente nel quartiere di Ras al Amud, sul Monte degli Ulivi, a Gerusalemme Est, è stato trovato morto impiccato nella notte tra domenica e lunedì nella zona industriale di Har Hotzvim, a Gerusalemme Ovest. Intanto a Gaza si festeggia l’evento, con sventolio di bandiere.

La reazione israeliana: Abu Mazen incita all’odio
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu punta l’indice sul presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen: «Incita all’odio contro di noi, è lui il responsabile e reagiremo con forza». Poco dopo il presidente palestinese condanna l’attentato. Ma il ministro israeliano della Sicurezza Interna, Aharonovich, aggiunge: «L’Autorità palestinese diffonde odio e bugie contro di noi, su radio, tv, Internet e libri di scuola, queste sono le conseguenze, anche sulla morte dell’autista palestinese dicono menzogne perché l’autopsia ha accertato che è stato un suicidio». Il capo della Polizia, Yohannan Danino, ammette che «si tratta di singoli che decidono di colpire, spinti dall’incitamento all’odio e non c’è una soluzione semplice a questa minaccia». Lo stesso Danino assicura che «la sicurezza sarà ripristinata» e chiede ai cittadini di «non cedere alla tentazione di farsi giustizia da soli perché saranno le forze di sicurezza a battere il terrorismo».

Voci dall’Italia

Gianantonio Borgonovo Arciprete del Duomo di Milano
(messaggio indirizzato a Rav Alfonso Arbib, Rav Giuseppe Laras
e al Presidente della Comunità di Milano Walker Meghnagi)
Con lo sguardo inorridito e il cuore spezzato, ho voluto rileggere il Salmo 129 e mi si è illuminato il senso dell’ultimo versetto di quel testo, che mi ha sempre fatto pensare. Chi sta dalla parte del carnefice non può invocare il nome di D-o né pensare di agire in nome suo: D-o non è un oggetto che possiamo manipolare a nostro interesse, né un’idea che possiamo porre a sostegno delle nostre decisioni, specialmente quando queste sono al di sotto del livello minimo di umanizzazione.
La gloria di D-o è l’uomo e la donna che vivono. Per questo «pieghiamo le ginocchia davanti a voi nel nome di JHWH»!

Padre Paolo Nicelli, PIME – Dottore della Biblioteca Ambrosiana
Gentile Rav Arbib, rimango profondamente colpito e addolorato nel sapere dell’attentato alla Sinagoga in Gerusalemme. In comunione con il Prefetto dell’Ambrosiana, Mons. Franco Buzzi, e il Vice Prefetto dell’Ambrosiana, Mons. Pier Francesco Fumagalli, porgiamo a te e a tutta la comunità ebraica milanese e italiana la nostra solidarietà e la nostra preghiera, perché fatti efferati come questi non accadano più. Dobbiamo pregare per la pace, una pace che sia sostenibile per tutti, in un momento in cui l’odio e la divisione sembrano avere il sopravvento. Che Dio ci perdoni e ci doni la pace



I pastori delle chiese protestanti di Milano
(messaggio indirizzato a Rav Alfonso Arbib, al Presidente e al Consiglio della Comunità Ebraica di Milano
)

I pastori delle chiese protestanti di Milano, ( avventista, battista, esercito della salvezza, metodista, luterana e riformata, valdese), riuniti questa mattina per il consueto incontro settimanale di studio e preghiera, appresa la notizia delle tragiche uccisioni e ferimenti
occorsi ieri nell’attentato alla sinagoga Kehilat Bnei Torah a Gerusalemme, desiderano esprimere vicinanza e solidarietà al mondo ebraico ancora una volta colpito a morte. In modo particolare siamo tristemente impressionati dal fatto che il feroce attentato sia
avvenuto in un luogo di culto dove i fedeli erano riuniti per le preghiere mattutine.
Siamo preoccupati da questa escalation di violenza che non conosce limiti e che si tinge di una connotazione religiosa tentando di far divampare lo scontro tra fedi diverse. La violenza da qualunque parte provenga è sempre irricevibile ma diventa particolarmente odiosa quando si tinge di antisemitismo e ferocia contro persone raccolte in
luoghi religiosi nei quali dovrebbero regnare pace e serenità.
Non allenteremo la nostra vigilanza contro ogni forma di integralismo
e fondamentalismo omicida continuando a lavorare per un mondo in cui prevalga il dialogo, rispettoso delle diversità, teso alla conoscenza reciproca e alla fruttuosa collaborazione tra uomini e donne di buona volontà. Un dialogo che metta al centro la dignità della persona umana e il rispetto per la vita al di là di ogni pregiudizio.
Giuseppe Platone, pastore titolare della Chiesa evangelica valdese di Milano

La dichiarazione dell’On. Emanuele Fiano (PD):  «L’attentato di questa mattina a Gerusalemme tocca quanto di più intimo e indifeso possa esserci nella civiltà umana. Uomini assorti in preghiera colpiti con delle mannaie nel luogo della loro preghiera. Colpiti da terroristi palestinesi che furono rilasciati con un accordo per la liberazione del soldato israeliano Shalit. Dopo le uccisioni è venuta la rivendicazione orgogliosa di Hamas che ha definito eroi i terroristi. Chi ha nell’animo come me da sempre la pace tra israeliani e palestinesi, è come molte, troppe volte nel lutto più profondo. Invio la mia solidarietà a Israele e alle famiglie delle vittime». Lo dice il responsabile sicurezza del pd Emanuele Fiano.

UGEI: Strage di Gerusalemme – Se la pace diventa un’utopia
Il 18 novembre – giorno del massacro terrorista alla Sinagoga Bnei Torà di Gerusalemme la cui violenza ha fatto tornare alla mente di alcuni i pogrom anti-ebraici di fine ‘800 – segni per chiunque crede nei principi del dialogo e della convivenza fra i popoli una data indimenticabile di lutto e di sgomento, perché ieri in quel bagno di sangue il sogno di una prospettiva di pace fra israeliani e palestinesi è diventato  quanto di più simile ad un’utopia – per quanta rabbia e dolore costi tale constatazione a chi non ha mai smesso, neppure per un istante, di credere nella realizzazione di tale obiettivo. L’auspicio naturalmente è che la politica, anche a livello europeo ed internazionale, sappia trovare la forza di smentire con i fatti da qui in poi tale tremenda involuzione, ponendo come pietra miliare di qualsiasi ulteriore iniziativa il riconoscimento del terrorismo criminale volto a cancellare l’esistenza stessa dello Stato ebraico come nemico numero uno da sconfiggere ed estirpare”. Simone Disegni, Presidente UGEI – Unione Giovani Ebrei d’Italia