La Cina è vicina?

Israele

Quest’anno l’ambasciata di Israele in Cina ha celebrato il 58° anniversario dell’indipendenza in modo decisamente insolito: e cioè adottando un villaggio. E come ha fatto?

Il nome del villaggio è troppo lungo, impronunciabile e tutto sommato non ci interessa molto: si trova nel distretto di Daxing alla periferia di Pechino, ad esso è stato offerto un progetto di cooperazione introducendo metodi e tecnologie in quattro settori principali: agricoltura, salute, istruzione e cultura.

Sono state infatti inaugurate due serre ultramoderne espressamente studiate da tecnici israeliani, nuovi sistemi di irrigazione, varie qualità di semi di provenienza israeliana insieme con assistenza tecnica e professionale. E inoltre mungitrici con controllo dei dati, il tutto per rendere più professionale e ad alta produttività anche una fattoria agricola a conduzione familiare.

Inoltre son stati forniti supporti medicali per innalzare il livello di efficienza sanitaria della locale clinica che serve 5000 residenti. Poi è stata creata una biblioteca e un parco giochi per la scuola elementare, fornendo libri, computer e tute per i bambini.

Insieme ai messaggi ufficiali di saluto e auguri del ministro degli esteri cinese all’ambasciatore di Israele, sul cancello della scuola è stato appeso un gran dipinto su cui i bambini hanno disegnato i loro sogni di pace, e su uno sfondo di boschi verdeggianti troneggiava la scritta in caratteri cinesi: Love from Israel.

Accanto a questi aspetti positivi si inquadra un po’ meno festosamente la visita a Pechino del ministro degli esteri dell’autorità palestinese Zahar, appartenente al gruppo radicale islamico.

Da parte israeliana, che ha buone relazioni commerciali con la Cina, si sono levate proteste per l’invito fatto a Zahar. Da Pechino sono giunte rassicurazioni sul fatto che “anche se alcuni paesi hanno differenti visioni su alcune questioni, ciò non pregiudicherà le nostre relazioni bilaterali. Su questa base possiamo indurre il governo di Hamas a rispettare gli accordi precedentemente firmati con Israele, a riconoscere lo Stato ebraico e ritornare al dialogo con la rinuncia all’uso della violenza”.