di Nathan Greppi
Dallo scoppio della guerra tra Israele e Hamas, più di 1.100 soldati dell’IDF sono stati dimessi dal servizio poiché affetti da disturbo da stress post-traumatico (noto anche come PTSD). A riportarlo, i dati militari ottenuti dal sito d’informazione israeliano Walla.
Un problema in crescita
I dati rivelano che 1.135 soldati in servizio attivo, riservisti e soldati di carriera sono stati rimossi dai loro incarichi tra il 7 ottobre 2023 e il luglio 2025 a causa di traumi psicologici riportati in combattimento.
Con i preparativi in corso per l’operazione di terra a Gaza City e la continua mobilitazione dei riservisti, i comandanti dell’IDF mettono in guardia su un peggioramento del bilancio della salute mentale delle truppe.
In risposta, il Corpo medico e la Direzione tecnologica e logistica dell’IDF hanno ampliato i servizi psicologici. Al Ministro della Difesa Israel Katz sono stati presentati dati che indicano che circa l’85% dei soldati trattati precocemente per sintomi acuti di stress da combattimento sono potuti tornare in servizio.
“Una delle questioni più difficili relative al disturbo da stress post-traumatico è la vergogna”, ha detto un ufficiale riservista che ha prestato servizio in più fasi di combattimenti dal 7 ottobre in avanti. “Combattenti e comandanti manifestano sintomi a vari livelli, ma hanno paura di chiedere aiuto”. Ha invitato l’IDF e il Ministero della Difesa ad aprire più strutture terapeutiche e canali di comunicazione per contrastare lo stigma sociale e fornire supporto a lungo termine.
Trovare delle soluzioni
I comandanti delle forze di terra hanno affermato che il ramo dell’IDF che si occupa di salute mentale ha apportato miglioramenti significativi nella prontezza, nel trattamento e nel monitoraggio prima, durante e dopo il combattimento. “Siamo costantemente sorpresi dalla disponibilità e dalla qualità”, ha detto un ufficiale. “Ma non importa quanto viene fatto, dobbiamo continuare a pensare ai soldati ancora in prima linea”.
Tra le iniziative introdotte dall’inizio della guerra c’è la creazione di cliniche Ta’atzumot, dedicate al trattamento dei soldati in servizio attivo esposti a traumi durante il combattimento. Una hotline per la salute mentale è attiva 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, per i soldati e le loro famiglie. I soldati in congedo possono contattare l’Unità di risposta allo stress da combattimento menre i membri del servizio di carriera al terzo anno o successivi possono raggiungere il Family Institute for Career Soldiers.
Anche l’Unità di risposta allo stress da combattimento, gestita congiuntamente dall’IDF e dal Ministero della Difesa, è in fase di ampliamento. Ulteriori filiali dovrebbero essere aperte nel nord e nel sud, assieme ad un nuovo centro nazionale per i soldati di carriera e le loro famiglie, che offre assistenza psicologica e medica completa.
Una questione urgente
La crescente crisi che ha colpito la salute mentale dei soldati dell’IDF è diventata una delle sfide più urgenti che l’esercito e il governo devono affrontare. Il numero di riservisti in cerca di assistenza psicologica è aumentato da circa 270 all’anno prima della guerra a circa 3.000 all’anno, diventando più di dieci volte superiore. Coloro che si occupano della loro salute mentale affermano che ciò riflette non solo l’intensificazione dei combattimenti, ma anche una lenta erosione dello stigma che colpisce chi cerca aiuto.
Questo picco della domanda va di pari passo con un preoccupante aumento dei suicidi tra i militari. L’IDF ha riferito che 21 soldati si sono tolti la vita nel 2024, il numero più alto in oltre un decennio. Quest’anno sono già stati registrati almeno altri 17 suicidi, con la maggior parte delle vittime identificate come riservisti tornati dalle zone di combattimento. Il caso di Daniel Edri, un soldato morto dopo mesi di lotta contro traumi legati alla guerra, ha riacceso le richieste di riforme urgenti per le cure dei veterani.
In risposta alla crescente crisi, il governo ha formato un comitato speciale guidato dal Maggior Generale Moti Almoz, al fine di valutare e rivedere l’attuale sistema di supporto alla salute mentale per i soldati in congedo e in servizio attivo. Il comitato comprende psicologi militari, esperti legali e funzionari del Ministero della Difesa. Uno dei suoi principali obiettivi è quello di semplificare il riconoscimento dei segni dello stress da combattimento e migliorare l’accesso a cure tempestive.
Dal punto di vista operativo, l’IDF ha implementato protocolli di risposta più rapidi per garantire un intervento precoce. I soldati ora ricevono assistenza sanitaria mentale entro 24 ore dalla presentazione di sintomi come ansia, insonnia o disconnessione emotiva.