di Davide Cucciati
L’evento di presentazione del nuovo libro dell’inviato RAI, organizzato dall’Assessore alla Scuola Dalia Gubbay, ha visto la partecipazione di un pubblico numeroso (più di 300 persone) con ospiti i giornalisti e direttori di testata (Libero) Daniele Capezzone e Mario Sechi, l’onorevole e senatore del Partito Democratico Graziano Delrio, moderati dalla direttrice di Bet Magazine – Mosaico, Fiona Diwan. (Da sinistra: Graziano Delrio, Giovan Battista Brunori, Fiona Diwan, Daniele Capezzone, Mario Sechi).
Gli occhi raccontano, le parole spiegano. Mese dopo mese, eccoli gli eventi degli ultimi due anni di Israele, narrati dall’esperienza diretta e dalla passione del cronista, quella dell’inviato per i TG della RAI Giovan Battista Brunori. È ciò che egli stesso ha vissuto e testimoniato con i suoi servizi che oggi narra, lui che spesso è riuscito ad arrivare per primo sul teatro degli eventi all’indomani della mattanza.
Raccontare il Medio Oriente è una sfida non da poco, ma lo è ancora di più se, come Brunori, sei arrivato a Gerusalemme pochi mesi prima del 7 ottobre, nel luglio del 2023. Leggere Brunori vuol dire chinarsi su una miniera di informazioni, dettagli, storie, un coro di voci uniche per illuminare la complessità degli eventi accaduti in questi due anni: nulla è lasciato da parte, c’è l’esplosione dei cercapersone il 18 settembre 2024 e il nuovo Libano dopo l’uccisione di Nasrallah, ci sono i tunnel di Hezbollah a poche decine di metri dalla Galilea e c’è la nuova Siria di Al Jolani, ci sono gli stupri come arma di guerra e il dramma dei rapiti, ci sono le falle nella sicurezza di Israele e le accuse a Netanyahu. La narrazione scorre in maniera fluida, facile, immediata, a tratti analitica, in un libro prezioso, presentato il 18 novembre 2025 a Milano, nelle sedi della Comunità ebraica: si tratta de Il nuovo Medio Oriente. Il declino della Mezzaluna Sciita (Salomone Belforte Editore), ultima opera dell’inviato RAI in Medioriente. L’evento, organizzato dall’Assessore alla Scuola Dalia Gubbay, ha visto la partecipazione di un pubblico numeroso (più di 300 persone) con ospiti i giornalisti e direttori di testata (Libero) Daniele Capezzone e Mario Sechi, l’onorevole e senatore del Partito Democratico Graziano Delrio, moderati dalla direttrice di Bet Magazine – Mosaico, Fiona Diwan.
Nella sua introduzione al dibattito, Fiona Diwan ha messo in luce la forza del lavoro di Brunori, un testo che riporta fatti decisivi e spesso volutamente oscurati e ignorati dai media mainstream. Dal discorso tenuto da Yahya Sinwar ai suoi gerarchi durante la Conferenza sulla promessa dell’aldilà del settembre 2021 a Gaza, in cui il leader di Hamas divideva Israele in cantoni assegnandoli a ciascuno dei suoi generali, fino alla svolta della Lega Araba nel luglio 2025 che chiede il disarmo di Hamas, il libro restituisce una cronaca lucida e una analisi puntuale del quadrante mediorientale. Diwan ha insistito sulla trasformazione dell’antisemitismo contemporaneo, che oggi si presenta come antisionismo “dei buoni”, «la minaccia più terribile per il mondo ebraico dal 1945». Da qui, la necessità di una contro-narrazione forte e documentata. Il volume è arricchito da un QR code che permette l’accesso diretto ai reportage di Brunori, dai kibbutzim devastati il 7 ottobre 2023 alle inchieste sui legami strategici tra Iran, Hezbollah, Hamas e il nuovo assetto regionale.
In seguito, Brunori ha ricordato uno dei momenti più intensi del suo lavoro sul campo. All’indomani del 7 ottobre, si era recato in un kibbutz attaccato, convinto che la situazione fosse sotto controllo. In realtà, la zona era ancora insicura. Durante il rientro, la jeep della troupe fu fermata da una pattuglia dell’esercito israeliano. A risolvere la situazione fu il producer Carmel Luzzati, che riuscì a spiegare rapidamente il contesto e a farli proseguire.
Capezzone: “L’informazione ha un ruolo decisivo. Ma spesso sono narrazioni distorte”
A prendere la parola per primo tra i relatori è stato Daniele Capezzone, direttore editoriale di Libero, che ha sottolineato il ruolo decisivo dell’informazione in un contesto segnato da narrazioni distorte. Secondo Capezzone, il pubblico televisivo tende spesso a fidarsi acriticamente dei telegiornali, soprattutto quello meno attrezzato culturalmente. L’assenza sistematica dell’uso del termine “terrorista” per definire gruppi come Hezbollah, ha osservato, ha un forte valore politico e simbolico. Ha quindi riconosciuto a Brunori il merito di aver usato un linguaggio preciso, onesto e diretto nel raccontare i fatti del 7 ottobre che, secondo lui, rappresentano non solo l’esplosione dell’odio, ma anche il tentativo deliberato di sabotare gli Accordi di Abramo. Il libro, ha aggiunto, aiuta a comprendere il disegno strategico dell’Iran, ormai fallito anche grazie alla politica di Donald Trump e Benjamin Netanyahu, che sono riusciti a isolare Hamas dal resto del mondo arabo.
Delrio (PD): “La sinistra? Ha sottovalutato l’estremismo islamico”
È poi intervenuto il senatore del Partito Democratico Graziano Delrio che ha definito il libro di Brunori «equilibrato» e capace di narrare la realtà senza ambiguità. Il volume, ha osservato, mostra con chiarezza come il disegno iraniano punti alla cancellazione dello Stato di Israele e alla scomparsa di ogni forma di Islam moderato. Delrio ha ricordato una sua visita istituzionale a Ramallah, dove un rappresentante dell’Autorità Palestinese gli avrebbe confidato la speranza che Hamas venisse eliminato. Ha poi sottolineato l’importanza dell’empatia: «guardate, io penso che le madri palestinesi e quelle israeliane, in definitiva, coltivino le stesse aspirazioni per i propri figli». Una piccola parte del pubblico ha contestato queste parole, mentre la maggioranza ha ascoltato con attenzione, riservando gli interventi alla sessione finale.
Delrio ha poi ammesso che la sinistra italiana ha spesso sottovalutato l’estremismo islamico. Ha anche respinto la retorica secondo cui l’antisemitismo sarebbe una reazione alla politica israeliana, sottolineando invece la sua radice autonoma e trasversale. Ha annunciato un disegno di legge contro l’antisemitismo e un emendamento per finanziare università che promuovano il dialogo e il confronto. Inoltre, come ricercatore accademico, Delrio ha denunciato il clima ostile sperimentato in molti atenei italiani. Ha quindi ricordato che il 75% degli ebrei in Italia, nell’ultimo anno e mezzo, ha evitato di indossare simboli identitari per paura di ritorsioni. Quando si rinuncia alla propria identità, ha concluso, è la democrazia stessa a rischiare e questo non è permesso.
Sechi: “Un’asimmetria morale quando si parla del conflitto israelo-palestinese”
È quindi intervenuto Mario Sechi, direttore responsabile di Libero ed ex capo della comunicazione della Presidenza del Consiglio. Sechi ha posto l’accento sull’asimmetria morale con cui si racconta il conflitto israelo-palestinese, denunciando il relativismo che impedisce di riconoscere la distinzione tra Bene e Male. Ha criticato l’idea di una “guerra moderata”, definendola una contraddizione in termini. Solo all’esercito israeliano, ha detto, si chiede costantemente di non agire duramente, pur essendo l’unico che avvisa i civili prima di colpire. Ha anche invitato a superare la visione ideale tra “sunniti buoni” e “sciiti cattivi”, ricordando che molti Paesi sunniti hanno semplicemente compreso di aver perso la guerra contro la macchina bellica e tecnologica di Israele e, pertanto, hanno scelto strade alternative. Un punto centrale del suo intervento ha riguardato le fonti: un giornalista serio, ha ammonito, non può considerare Hamas una fonte attendibile. Israele è una democrazia sotto attacco, un avamposto dell’Occidente. Non difenderla significa rinunciare a sé stessi. Ha definito Benjamin Netanyahu un «gigantesco leader di guerra».
Successivamente, Giovan Battista Brunori è tornato a raccontare il cuore del suo lavoro: una visione del Medio Oriente che mostri anche la quotidianità israeliana, troppo spesso esclusa dal racconto. Ha citato un servizio con volontari che salvano tartarughe marine e un altro sul torneo di pallavolo “Mamanet”, in cui giocano madri ebree e arabe. Quest’ultimo servizio, ha detto, fu attaccato perché mostrava Israele come un Paese normale, cosa ritenuta inaccettabile da parte di molti occidentali e italiani. Brunori ha poi denunciato la carenza nei media italiani di un dispositivo di verifica delle notizie: ha ricordato un presunto assalto a una sede ONU a Gerusalemme Est, rilanciato da agenzie internazionali e Wafa, ripreso da quei giornalisti “seduti sul divano”, e che lui ha smentito come vera e propria bufala semplicemente andando a controllare con un sopralluogo diretto: c’era solo uno striscione. Ha parlato anche del sud del Libano, dove Hezbollah ha trasformato interi villaggi in basi e depositi di armi, una circostanza omessa dai molti mass media che si concentrano solo sugli attacchi israeliani. Per due volte è entrato nella Striscia di Gaza: una per documentare i tunnel costruiti da Hamas, l’altra per mostrare tonnellate di aiuti umanitari non distribuiti e lasciati marcire sotto il sole. Infine, ha raccontato le difficoltà incontrate nel trattare il tema degli stupri del 7 ottobre. Una sua intervista a una producer del Nova Festival fu del tutto ignorata finché non uscì, a dicembre 2023, l’imprimatur del New York Times con una inchiesta sul tema. Questo, spiega Brunori, dimostra quanto sia difficile infrangere la “bolla informativa” che protegge certe narrazioni dominanti pro-Pal. Brunori ha concluso con un atto d’accusa contro la cultura woke, che zittisce chi dissente e mina la democrazia, e ha rivolto critiche severe anche al mondo cattolico che, secondo lui, ha messo in campo un’analisi semplificata del conflitto, sdoganando concetti distorti come “genocidio” e contribuendo al ritorno dell’antisemitismo.
Nel giro finale di osservazioni, Capezzone ha affermato di esser convinto che in Medio Oriente oggi si sia aperta una finestra di opportunità, mentre si è detto più preoccupato per la situazione interna italiana in merito all’antisemitismo. Ha richiamato l’assenza di un’intesa ufficiale tra lo Stato e le autorità islamiche che impedisce la trasparenza sui finanziamenti ai centri islamici e favorisce, a suo avviso, la diffusione di una propaganda jihadista. Delrio ha risposto ribadendo il proprio sostegno agli Accordi di Abramo, affermando che la pace si fa con i nemici. Ha aggiunto che, se il piano Trump dovesse andare avanti, non ci sarebbe alcuna annessione della Cisgiordania o di Gaza, e gli estremisti saranno isolati. Sechi, dal canto suo, ha richiamato l’attenzione sulla minaccia iraniana, in particolare sul rischio che Teheran sviluppi la capacità di dotare i suoi missili di testate nucleari. Ha però aggiunto che l’Iran è consapevole dei limiti imposti dalla deterrenza di Israele e degli Stati Uniti. In chiusura, ha citato i testi classici, affermando che non scegliere da che parte stare, davanti al Male, è un atto di codardia.
Infine, è stato dato spazio al pubblico. Tra gli interventi, quello di Alessandro Litta Modignani, presidente dell’Associazione Milanese Pro Israele, ha attirato particolare attenzione. Litta Modignani ha criticato la sinistra occidentale responsabile del dilagare dell’antisemitismo e ha ricordato il caso di Emanuele Fiano, contestato a Ca’ Foscari e affiancato solo da FI e dal Ministro Tajani, non dalla segretaria del suo stesso partito, il PD di Elly Schlein. Delrio ha risposto affermando che l’antisemitismo non è riconducibile a un solo schieramento, ma attraversa l’intero spettro politico, sotto forme diverse.
La serata si è conclusa tra lunghi applausi e numerose domande, a conferma del fatto che il futuro del Medio Oriente, e il modo in cui lo raccontiamo, non sono materia riservata agli esperti. Sono una sfida che riguarda l’identità dell’Occidente e la tenuta della democrazia.




