Il Seder di Pesach di Emanuele Luzzati

Il Sèder di Pesach: un’esperienza tra passato, presente e futuro

di Daniele Cohenca
Leggiamo nella Haggadà: “In ogni generazione, ognuno deve considerare sé stesso come personalmente uscito dall’Egitto”. Al di là delle numerose spiegazioni cabalistiche o allusive, ci sembra piuttosto difficile immedesimarci nei nostri fratelli la sera dell’uscita dall’Egitto, mentre siamo seduti ad una tavola apparecchiata al meglio, al caldo (o al fresco) dei nostri salotti, circondati da parenti ed amici per quella serata così particolare che viene osservata dalla quasi totalità delle famiglie ebraiche nel mondo.
Inoltre, se deve essere così come dice la Haggadà, per quale motivo arricchiamo il Sèder con una vasta serie di allegre usanze e rituali che hanno lo scopo di risvegliare la curiosità dei bambini?

Molto spesso lo svolgimento del Sèder e i suoi rituali vengono vissuti come rievocazione del passato ed effettivamente la gran parte del testo della Haggadà è relativo a ciò che accadde in Egitto più di tremila anni fa. Il racconto degli eventi però è solo uno dei precetti della sera del Sèder; ne abbiamo tanti altri come consumare la Matzà ed il maròr e bere i quattro bicchieri di vino. A questa lettura ci sembra quindi poter desumere che è opportuno tenere svegli i piccoli affinché non vengano sopraffatti dalla noia…

A proposito dei quattro bicchieri di vino, è scritto che i Maestri fissarono questo precetto in corrispondenza delle 4 espressioni di “redenzione” che la Torà usa nell’imminenza delle 10 piaghe che porteranno poi alla loro liberazione: “vi farò uscire…vi salverò…vi redimerò…vi prenderò” (Es, 6:6,7). Questo precetto ci accompagna lungo tutto lo svolgimento del Sèder, dal Kiddùsh (primo bicchiere) alla fine dell’Hallèl (quarto ed ultimo bicchiere).

In realtà però i bicchieri di vino del Sèder sono cinque, non quattro….Tutti hanno infatti l’usanza di preparare a tavola un “quinto calice” – chiamato “calice di Elihàu Hanavì” che viene posto all’estremità del tavolo e che tuttavia nessuno beve! A quale scopo riempiamo questo calice? I Maestri ci fanno notare che nella Torà, proprio di seguito ai versetti citati sopra, ce n’è un altro (Es 6:8) che riporta quella che viene considerata come la “quinta espressione di redenzione”: e vi porterò”. Per quale motivo, dal momento che le espressioni di redenzione sono dunque cinque e non quattro, beviamo per Mizwà quattro bicchieri mentre riempiamo il quinto per Minhàg senza poi berlo?

Una delle risposte risiede nel fatto che le prime quattro espressioni di redenzione sono relative a ciò che effettivamente accadde agli ebrei in Egitto tremila ed oltre anni addietro e qui dunque sta la parte rievocativa del precetto: “e racconterai ai tuoi figli…”(Es 13;8). Ma la sera del Sèder non siamo solo seduti a ricordare il passato; questo quinto bicchiere che viene riempito e che osserviamo a lungo durante il Sèder ma che nessuno appunto beve, rappresenta quella quinta espressione relativa ad un futuro che ha ancora da venire e che tutti oggi ancora sogniamo, esattamente come sognavano gli Ebrei in Egitto al tempo dei Faraoni.

Possiamo dunque davvero immedesimarci nelle speranze e nella fiducia dell’Ebreo che questa sera di millenni fa era pronto per lasciare la terra di schiavitù “con la cintura allacciata, i sandali ai piedi, il bastone in mano” (Es 12:11).
In questo modo il nostro Sèder non sarà più una noiosa cerimonia rievocativa, ma si trasforma in una esperienza molto attuale che deve coinvolgere tutti, inclusi i piccoli, che vengono tenuti svegli con una serie molto varia di usanze a loro dedicate.

Essere seduti al Sèder con le nostre famiglie ed i nostri amici rappresenta il presente di cui dobbiamo essere grati al Signore. Abbiamo anche la Mizwà fondamentale di raccontare l’uscita dall’Egitto attraverso quello straordinario strumento che è la Haggadà, ricordando gli eventi di un passato lontano. Poi tocca al futuro: impegnarci per il domani, per poter sognare un futuro di pace, gioia, Torà e Mitzwòt.

Questa è l’esperienza del Sèder.