di Davide Cucciati
Tucker Carlson, noto commentatore conservatore statunitense, per anni volto di punta di Fox News, è diventato sempre più polarizzante soprattutto per il modo in cui parla di Israele e per lo spazio concesso a tesi cospirazioniste. Con oltre 16 milioni di follower su X, più del doppio rispetto a Charlie Kirk, è ormai un punto di riferimento per una parte della base del partito repubblicano. StopAntisemitism, organizzazione americana molto attiva nel segnalare contenuti ritenuti antiebraici, lo ha indicato come “antisemita dell’anno” sostenendo che Carlson contribuisca a diffondere nel discorso pubblico stereotipi antisemiti attraverso allusioni, ospiti estremisti e una comunicazione che resta spesso sul terreno dell’ambiguità.
Dallo scontro con Netanyahu alla consacrazione polemica
La designazione arriva dopo mesi di escalation. A fine settembre 2025, Benjamin Netanyahu lo aveva attaccato con durezza dicendo che Carlson“non ha alcuna idea della storia” poiché il giornalista aveva messo in dubbio il legame storico tra gli ebrei contemporanei e quelli dell’epoca biblica. In quella fase, la polemica non riguardava soltanto la Storia bensì l’impianto narrativo che Carlson stava costruendo sui social: Israele come potere occulto capace di condizionare gli Stati Uniti. Ad esempio, egli ha ripreso a rilanciare vecchie teorie complottiste sull’11 settembre che chiamano in causa direttamente lo Stato ebraico. Il giornalista ha dichiarato: “Sappiamo che un gruppo di studenti di arte israeliani, che chiaramente non erano studenti ma parte dell’intelligence israeliana (una fake news già smascherata da anni, ndr), è stato arrestato e trattenuto negli Stati Uniti per un po’ di tempo. Citando un documento dell’FBI, non internet, sappiamo che stavano filmando gli attacchi dell’11 settembre e, cito il report, sembrava che ne avessero conoscenza preventiva”. In realtà, il Dipartimento di Giustizia liquidò la vicenda dei cosiddetti “art students” come una “urban myth”. Più di vent’anni fa, la portavoce Susan Dryden dichiarò che “il Dipartimento non ha alcuna informazione che possa corroborare questi resoconti su studenti d’arte israeliani coinvolti in attività di spionaggio”, precisando dunque che non vi era alcun legame con l’11 settembre. Carlson ha, peraltro, detto che l’evangelizzazione cristiana di Kirk gli ricordava la storia di Gesù che arriva a Gerusalemme per denunciare le persone al potere, utilizzando questo concetto per cavalcare i pregiudizi antigiudaici: “Inizia a fare la cosa peggiore che si possa fare, cioè dire la verità sulle persone, e loro lo odiano, e impazziscono. Lo odiano e diventano ossessionati dal farlo smettere. E riesco a immaginare la scena in una stanza illuminata da una lampada con un gruppo di ragazzi seduti a mangiare hummus, pensando a cosa fare con questo tizio che dice la verità su di noi. Dobbiamo farlo smettere di parlare. E c’è sempre un ragazzo con l’idea brillante, e lo sentivo dire: ‘Ho un’idea. Perché non lo uccidiamo? Così lo farà tacere’”. Molti hanno letto il passaggio come un’allusione all’accusa antica di deicidio. Inoltre, recentemente, l’ex volto di Fox News ha ospitato sui propri canali Francesca Albanese e ha affermato che Israele, a Gaza, ha ucciso intenzionalmente migliaia di donne e bambini non combattenti.
La cornice più ampia: la nuova destra e la distanza da Israele
Questa vicenda, però, non si spiega solo con Carlson. Si inserisce in una trasformazione più larga che su Mosaico era già stata narrata: il consenso automatico della destra occidentale verso Israele non è più un pilastro ideologico. Infatti, dentro la base MAGA cresce un isolazionismo identitario ostile agli aiuti esteri e ai legami percepiti come “imposti” da élite e apparati. In quel quadro, figure come Marjorie Taylor Greene e Thomas Massie hanno reso esplicita una rottura che fino a pochi anni fa sarebbe rimasta marginale nel Partito Repubblicano con attacchi all’AIPAC (American Israel Public Affairs Committee), richieste di interrompere gli aiuti militari, linguaggio radicale su Gaza e un uso sistematico del tema Israele come leva contro le classi dirigenti.
Turning Point USA e la guerra interna al mondo conservatore
La scelta di StopAntisemitism arriva mentre alla convention di Turning Point USA a Phoenix è esplosa una disputa pubblica tra le diverse anime del campo conservatore su Israele, antisemitismo e criteri di appartenenza al movimento. In quel contesto Ben Shapiro ha attaccato duramente Carlson e altri protagonisti del mondo mediatico di destra accusandoli di normalizzare idee tossiche. Steve Bannon ha definito Ben Shapiro un “cancro”. J.D. Vance ha mostrato di privilegiare l’equilibrismo: il Vicepresidente ha evitato di pronunciare scomuniche nette e allo stesso tempo ha ammesso che il tema sta producendo fratture reali.



