“L’intifada è diventata globale”: le parole di Bernard-Henri Lévy sul terrorismo e l’antisemitismo 

Personaggi e Storie
di Anna Balestrieri
Lévy prende spunto dagli eventi di Sydney, dove alcuni terroristi hanno attaccato civili durante la celebrazione di Chanukkà, per mostrare come gli slogan di odio possano trasformarsi in azioni mortali, e citando Primo Levi e Victor Klemperer, sottolinea che “i massacri non cominciano con le armi, ma con le parole” . In questo quadro, la sinistra radicale europea contribuisce a questa escalation. 
In un articolo di opinione pubblicato sul The Jewish Chronicle il 16 dicembre 2025, il filosofo e scrittore francese Bernard-Henri Lévy denuncia la crescente normalizzazione dell’odio verso gli ebrei nel mondo occidentale e mette in guardia sul legame tra parole e violenza reale.

Dalla retorica alla tragedia

Lévy prende spunto dagli eventi di Sydney, dove alcuni terroristi hanno attaccato civili durante la celebrazione di Chanukkà, per mostrare come gli slogan di odio possano trasformarsi in azioni mortali. L’autore descrive manifestazioni in diverse città – Sydney, New York e persino Parigi e Marsiglia – dove cori come “F**k the Jews” o “Globalise the Intifada” hanno creato un clima di intolleranza e pericolo crescente per le comunità ebraiche.
“Perché ciò che è accaduto a Sydney non è un incidente, ma un segnale: le stesse cause possono produrre gli stessi effetti in qualsiasi città del mondo”, scrive Lévy.

Linguaggio carico di violenza

Lévy ricorda le riflessioni di Primo Levi e Victor Klemperer, sottolineando che “i massacri non cominciano con le armi, ma con le parole” e che i termini d’odio sono come “piccole dosi di arsenico” o pistole cariche, capaci di innescare tragedie reali. Citando Jean-Paul Sartre, Lévy avverte che il linguaggio può essere carico di violenza latente e non può essere considerato innocuo.

Il ruolo della politica e della sinistra radicale

Secondo Lévy, la sinistra radicale europea contribuisce a questa escalation. Cita il caso del partito francese La France Insoumise, che ha rifiutato di definire Hamas un gruppo terroristico e ha sostenuto pubblicamente influencer che incitavano a portare l’intifada nelle strade di Parigi e Marsiglia. Per Lévy, tali atteggiamenti dimostrano come l’indifferenza o il sostegno politico possano legittimare l’odio e alimentare atti violenti.

Un invito alla vigilanza

Pur riconoscendo la necessità di prudenza nel collegare parole e crimini, Lévy invita a una riflessione morale. La sua analisi ammonisce che ignorare la retorica antisemita può avere conseguenze drammatiche: rabbini che tremano, fedeli costretti a nascondere la kippah, bambini a rischio nelle scuole. “Chiudere gli occhi davanti all’odio può diventare un crimine”, avverte l’autore, esortando a riconoscere i segnali storici e ad agire prima che sia troppo tardi.
Con il suo pezzo, Lévy mette in guardia il mondo occidentale: il terrorismo e l’antisemitismo non sono fenomeni confinati a terre lontane, ma possono emergere ovunque dove l’odio è veicolato e normalizzato dal linguaggio pubblico. Le parole, sottolinea, non sono mai innocue: hanno il potere di creare un contesto in cui la violenza può prosperare, e la responsabilità di reagire spetta a tutti.