di David Zebuloni
Attacchi fisici e violenti contro ebrei in tutto il mondo, ma anche attentati sventati in nome dell’islamismo radicale, programmati per colpire mercatini di Natale e feste di capodanno: questi eventi non rappresentano una sequenza casuale di fatti di cronaca, ma il ritratto inquietante di una vera e propria Intifada globale sempre più radicalizzata.
Il più grave attentato terroristico nella storia dell’Australia, avvenuto la scorsa settimana e diretto contro la comunità ebraica di Sydney, ha scosso non solo il lontano continente, ma l’intera comunità internazionale. Dopo due anni in cui gli ebrei di tutto il mondo hanno gridato “antisemitismo, antisemitismo”, mentre il resto del mondo liquidava quegli allarmi come il classico “al lupo, al lupo”, improvvisamente molti (non tutti, naturalmente) hanno iniziato a comprendere che forse avevano ragione. Che forse, davvero, gli ebrei vivono sotto una minaccia costante.
La tragedia sulle spiagge di Bondi, tuttavia, non è l’unico episodio antisemita registrato nell’ultima settimana. È il più grave, il più tragico, ma certamente non l’unico. Sotto il radar dell’attenzione pubblica, come accade ormai da due anni, episodi grandi e piccoli, più o meno violenti, continuano a scuotere la quotidianità degli ebrei della diaspora, erodendo progressivamente il loro senso di sicurezza.
In California, per esempio, la casa di una famiglia addobbata per la festa di Hanukkah è stata bersaglio di colpi di arma da fuoco. Un video diffuso sulla piattaforma X mostra un’auto che transita davanti all’abitazione, dalla quale vengono sparati circa venti proiettili contro l’edificio. Al termine della raffica si sente un grido che non lascia spazio a dubbi: “Fuck the Jews”. L’episodio si è concluso, per puro caso, senza feriti, ma il livello di allarme e di paura all’interno della comunità è ulteriormente aumentato.
A New York, intanto, alcuni membri della comunità di Chabad, sempre di ritorno da un evento di Hanukkah tenutosi a Manhattan, sono stati aggrediti nella metropolitana. Il sito The Yeshiva World ha riferito che due uomini sono saliti sul vagone e hanno iniziato a rivolgere ai giovani ebrei insulti e pesanti offese antisemite. Temendo per la propria incolumità e con l’intento di documentare l’accaduto per la polizia, uno dei ragazzi ha estratto il telefono cellulare e ha iniziato a filmare la scena.
In pochi istanti, le molestie verbali sono degenerate in violenza fisica: uno degli aggressori ha afferrato per il collo il ragazzo ebreo, completamente indifeso. Secondo le testimonianze, l’aggressione è proseguita con pugni, calci e spinte all’interno di un vagone affollato, mentre i passanti intervenivano solo in modo marginale. Una fermata dopo, ancora prima di raggiungere la loro destinazione, le giovani vittime sono scese dal treno in preda al panico.
E la situazione non accenna a migliorare. Questa settimana un professore ebreo del Massachusetts Institute of Technology è stato ucciso a colpi di pistola nella propria abitazione. Nuno Loureiro, 47 anni, noto per le sue posizioni apertamente filo-israeliane, è stato trovato in condizioni critiche nella sua casa nel prestigioso sobborgo di Brookline, nell’area di Boston. Trasportato d’urgenza in ospedale con ferite da arma da fuoco, è deceduto il giorno successivo. Le autorità statali hanno aperto un’indagine per omicidio, ma finora non sono stati effettuati arresti.
Nemico è chi è contro la dottrina islamista
La realtà, tuttavia, ci mostra che a diventare bersaglio non sono soltanto gli ebrei, bensì chiunque non si allinei alla dottrina islamista più estrema, che negli ultimi anni ha messo radici profonde in Europa. Questa settimana cinque sospetti sono stati arrestati dalla polizia tedesca con l’accusa di aver pianificato un attentato terroristico in un mercatino di Natale nel sud della Baviera, nel distretto di Dingolfing-Landau. Secondo le autorità, il piano prevedeva “l’uso di un veicolo per uccidere o ferire il maggior numero possibile di persone”.
Un episodio analogo si è verificato in Polonia, dove uno studente di giurisprudenza di 19 anni è stato arrestato con l’accusa di aver pianificato un attentato in un mercatino di Natale. Le autorità hanno riferito che il giovane aveva “tentato di entrare in contatto con un’organizzazione terroristica islamista”. Durante le perquisizioni avvenuta a Lublino, gli agenti dei servizi di sicurezza interna hanno sequestrato dispositivi elettronici e documenti religiosi che potrebbero costituire prove rilevanti per l’indagine. Un giudice ha disposto la custodia cautelare del sospetto per tre mesi, in attesa del processo.
E si torna ancora una volta negli Stati Uniti, più precisamente a Los Angeles, dove un’organizzazione di estrema sinistra e filo-palestinese avrebbe pianificato, secondo gli inquirenti, di far esplodere zaini contenenti ordigni esplosivi nella notte di Capodanno, esattamente allo scoccare della mezzanotte. L’azione sarebbe dovuta essere, nelle intenzioni degli organizzatori, un atto di protesta contro “l’imperialismo americano”. Secondo l’FBI, i quattro arrestati erano già noti alle autorità per la loro ideologia anti-governativa e per precedenti azioni contro le forze dell’ordine.
Questi eventi non rappresentano una sequenza casuale di fatti di cronaca, ma il ritratto inquietante di una realtà globale (o meglio, di una vera e propria Intifada globale) sempre più radicalizzata. Antisemitismo, terrorismo ideologico e violenza politica non sono più fenomeni marginali, bensì elementi ormai integrati nella quotidianità dell’Occidente liberale: nelle strade, sui treni, nei mercati e persino nelle abitazioni private. Continuare a considerarli “eccezioni locali” o “falsi allarmi” significa, semplicemente, scegliere di chiudere gli occhi.



