Le voci dei partecipanti
La Judenrampe è defilata, lontana, in mezzo a villette, fango e stradine di campagna: la pioggia battente rende tutto desolato e severamente oscuro, gli ombrelli si toccano, il gruppo ondeggia, incespica, si urta, apre un varco affannato nella coscienza del proprio passato individuale: la Storia davanti ai propri occhi, spietatamente imperturbabile ci guarda da vicino, dal binario della rampa degli ebrei, la Judenrampe appunto, il luogo dove avveniva la discesa, lo smistamento e la selezione dei deportati. Sono le zolle intrise d’acqua e di freddo di Birkenau quelle che vengono calpestate dal gruppo, intirizzito e raccolto ai piedi del vagone. Un leone sembra ruggire in lontananza: non è un miraggio uditivo ma la statua di un immenso felino dalle fauci spalancate che troneggia lì, nelle vicinanze dei binari del lager. Un leone simbolico che alza la criniera verso il cielo. Ed è un viaggio della memoria quello che Kesher ha organizzato ad Auschwitz-Birkenau e Cracovia, ai primi di novembre, per la Comunità ebraica, un gruppo di oltre sessanta persone, quasi tutti con parenti periti nella Shoah.
Ecco qui raccolte le loro voci, le testimonianze, la memoria risvegliata da una esperienza collettiva vissuta come fosse una terapia di gruppo, una forma di riparazione del trauma.
È stata una esperienza assolutamente unica, gruppo meraviglioso, guide fantastiche ma soprattutto grazie a Paola e ad Alfonso. Monique Sasson (Milano)
Un sentito ringraziamento ai miei compagni di viaggio, a Paola e ad Alfonso per questi giorni intensi dove abbiamo toccato con mano e con la nostra anima il nostro passato. È stato un viaggio ricco di spunti e di introspezione. Un enorme ringraziamento va a Marcello Pezzetti che è riuscito a trasmetterci con generosità il suo entusiasmo e grande passione, e la sua enorme conoscenza. Questi quattro giorni rimarranno sempre nel mio cuore e rafforzano la mia identità e sicuramente cambiano la mia prospettiva di vita, dando peso alle cose veramente importanti della vita. Ronit Ezra Di Segni (Milano)
Su Auschwitz e Birkenau si è scritto tutto il possibile.Tutto, eppure non abbastanza. Perché ogni volta che si varcano quei cancelli, ogni volta che si cammina su quella terra che ha inghiottito milioni di vite, emergono nuove storie, nuove voci. E ognuno di noi, nel proprio silenzio, ne aggiunge una. Siamo partiti da Milano all’alba, una domenica di novembre. L’aria era fredda, ma il cielo chiaro. Non era un viaggio qualunque — lo sapevamo — eppure nessuno di noi poteva immaginare quanto ci avrebbe cambiato. Ad accompagnarci, c’erano due guide d’eccezione: Marcello Pezzetti, uno dei massimi studiosi della Shoah, che con una forza instancabile ha cercato di trasmettere tutto il suo sapere e la sua emozione, e Alfonso Sassun, che come sempre ha saputo offrirci perle di saggezza ebraica, la sua straordinaria capacità di leggere ogni luogo e ogni evento attraverso le storie della Torah. Cracovia ci ha accolto con la sua bellezza discreta: una città vivibile, elegante e vivace. Eppure, passeggiando per le sue strade, si avverte un silenzio sottile: non ci sono pietre d’inciampo, né targhe a ricordare le deportazioni che da qui furono tantissime e terribili. La memoria è altrove: nei luoghi, nei racconti e in un film, Schindler’s List. Grazie a Gregorio, una delle nostre eccezionali guide locali, abbiamo potuto visitare i luoghi dove sono state girate alcune delle scene più intense della pellicola di Spielberg: la roccia da cui Schindler osserva la liquidazione del ghetto, la scala sotto cui una donna si nasconde per cercare di sfuggire ai nazisti, e molti altri luoghi intrisi di storia che continuano a parlare attraverso quelle immagini. Sono luoghi reali: la memoria lì non è ricostruzione, è presenza viva. Nella “piazza delle sedie” nel quartiere di Podgórze, ho ascoltato una delle storie più toccanti raccontate durante questo viaggio, quella dei bambini che entrarono nel ghetto portando con sé le loro sedie scolastiche, convinti di dover fare un semplice “trasferimento di classe”. Nessuno di loro è mai tornato. Il quartiere ebraico, Kazimierz, è un mondo a sé: sinagoghe, scuole, centri culturali, ristoranti kosher. Un quartiere vivo, che testimonia come la comunità ebraica abbia scelto di non fermare la vita, ma di farla continuare anche dopo la tragedia della Shoah. Tutto è stato organizzato con precisione e cura da Paola Hazan Boccia; un lavoro perfetto, che ci ha permesso di vivere ogni momento con serenità. L’albergo era molto bello e il ristorante kasher dove cenavamo ogni sera riusciva ad accogliere sessanta persone con attenzione e gentilezza. Ogni pasto era un momento di condivisione e amicizia e una sera, durante le testimonianze dei discendenti dei deportati, le parole si sono fatte silenzio: un silenzio pieno, commosso, vero. Questo viaggio è fatto di persone, compagni incredibili, ciascuno con la propria storia e la propria sensibilità da condividere. Con me c’era anche mio figlio diciottenne, che è stato accolto da tutti con calore, come in una grande famiglia. L’ho visto ascoltare, osservare, emozionarsi e capire, nel profondo, quello che nessuna lezione in classe può insegnare. Sabrina Pavoni (Milano)
Cari amici di Cracovia e cara Paola mia È la prima volta che frequento Kesher e penso che non sarà l’ultima. A Cracovia ho incontrato tanti amici e li ringrazio per l’aiuto che mi hanno dato. È stata un’esperienza forte, emozionante. I racconti che ho sentito erano toccanti, crudi, come lo era il mio pensiero per mia zia deportata e che ho immaginato e sentito dentro di me quello che lei deve avere provato e sofferto come tutti gli altri. Grazie Paola per questa opportunità che mi hai dato che mi ha permesso di onorare mia zia, sorella di mia mamma e per il tuo impegno non facile per 60 persone. Un ringraziamento a Marcello Pezzetti e alla nostra guida Gregory. Matilde (Titty)
Galapo Dayan (Milano)
Era tantissimo tempo che volevo fare un viaggio ad Auschwitz, e forse mi è sempre mancato il coraggio. Ma questa esperienza devo ammettere che ha superato le mie aspettative. Organizzazione più che perfetta grazie a Paola Boccia, una guida straordinaria, Marcello Pezzetti, che meriterebbe un Nobel speciale. Non mi dimenticherò mai di questi giorni, tra l’altro passati in ottima compagnia. Giacomo Terracini (Milano)
Atterrata a Milano. Mi mancate tantissimo tutti. Grazie per questa esperienza unica. Un gruppo meraviglioso. Così eterogeneo dove ognuno era una scoperta o una conferma del piacere che ho avuto ad incontrarlo lì. Ogni persona mi ha regalato qualcosa di diverso. Grazie Paola. Grazie ad Alfonso per le sue splendide parole. Grazie Marcello per avermi arricchita così tanto. Gabrielle Fellus (Milano)
Ho aspettato 66 anni per fare questo viaggio. Paura, mancanza di coraggio o un muro che ho costruito ? Non saprei, ma so che con tutti voi (che aspettavo da anni …), era molto più famigliare, pieno di amore e fratellanza, pieno di sentimenti e sensazioni. Grazie Alfonso per le tue storie saggie al momento giusto, grazie a Paola e Marcello, e grazie a tutti voi che mi siete stati vicino. Vi voglio bene Doron Goshen (Siena)
Grazie Paola per aver organizzato questo viaggio difficile e significativo. Nonostante il desiderio di andare non avevo mai avuto il coraggio di farlo. Grazie a te, Marcello, Manuele, Alfonso e i compagni di viaggio, amici di lunga data e nuove scoperte, mi avete guidata per mano in questo mondo buio di Auschwitz-Birkenau. Sono convinta più che mai che dobbiamo continuare a festeggiare la vita, il dono più prezioso che abbiamo. Custodire questa memoria nell’ augurio di non riviverla mai più. Non è passato un minuto senza che pensassi ai miei nonni materni che sono sopravvissuti a questo orrore, non si sono mai lamentati… si guardava sempre al futuro, alla vita! Brigitte Abadi Lawy (Milano)
Ciao a tutti, ho visto su Netflix Gli ultimi giorni, un documentario su cinque sopravvissuti ungheresi che raccontano la loro storia. Si possono vedere tutti i posti dove siamo stati e dove Marcello ci ha spiegato accuratamente tutto. Vale la pena guardarlo, ve lo consiglio. Purtroppo gli ungheresi potevano salvarsi ma la storia ci insegna che non fu così, mia nonna ungherese si salvò ma i suoi cugini e zii furono tutti cremati a Birkenau. Grazie per il bellissimo ed emozionante viaggio, lo porterò nel cuore tutta la vita e averlo vissuto in compagnia di un così bel gruppo lo rende ancora più speciale. Micol Braun (Milano)
Cari amici anche per me e Federico questo viaggio è stato molto intenso e pieno di emozioni. Conoscere tutti voi è stato un grande piacere. Paola sei stata super disponibile e ti ringrazio ancora tantissimo. Marcello pieno di entusiasmo e di racconti così ben descritti ha reso questo momento veramente speciale. La serata di condivisione e le drashot ci hanno unito ancora di più, rivedere vecchi amici ci ha fatto sentire come ai campeggi della nostra giovinezza. Deborah e Federico Tagliacozzo (Roma)
È stata la prima volta che abbiamo partecipato ad un viaggio di Kesher; ci siamo trovati benissimo e abbiamo fatto un esperienza straordinaria con la supervisione di Paola che si è dimostrata sempre pronta a intervenire per ogni tipo di esigenza. Abbiamo conosciuto persone di grande spessore che con le loro testimonianze ci hanno accompagnato e commosso e che resteranno per sempre nei nostri cuori. Un ringraziamento a Marcello e Alfonso, persone preparate e piene di entusiasmo nelle loro drashot. Anche a Gregory un ringraziamento, guida simpatica e spiritosa. Che H-ashem protegga e benedica tutti. Am Israel Chay Franco e Carmela Veronesi (Milano)
Da anni rimandavo, ma quest’anno non ho più trovato scuse. A spingermi è stato anche quel peso che, dal 7 ottobre, porto nel cuore come tanti di noi. Avevo dieci anni quando a scuola ci regalarono un libro fotografico intitolato Olocausto. Da allora ho letto molto, visto film e documentari, ma camminare in quei luoghi, vederli con i propri occhi, è un’emozione che nessuna parola può davvero descrivere. Birkenau ci ha accolti un giorno sotto la pioggia e il giorno dopo con il sole. Sembrava un segno: nel freddo e nell’acqua, abbiamo provato, anche solo per un istante, un frammento infinitesimo di quella sofferenza fisica di chi lì ha sofferto. Il giorno successivo, con il sole sul viso, quella sofferenza si è spostata dentro, nell’anima. La sera, le testimonianze dei compagni di viaggio mi hanno toccato profondamente. Grazie Paola per aver organizzato con tanta cura questo viaggio, grazie Marcello per avermi aiutato a fare pace con i miei fantasmi, grazie Alfonso per la tua saggezza. E grazie a tutti voi, gruppo straordinario, eterogeneo eppure così uguale. Am Israel Chai. Sandy Loulai Saban (Milano)
Scrivo dopo qualche giorno dal nostro rientro perché sto… “digerendo” le emozioni dopo questo viaggio. Tanti ormai sono stati i viaggi insieme a Kesher e talvolta noi veneziani siamo stati un po’ brontoloni (è nel nostro DNA?). Certo non partendo da Milano abbiamo qualche difficoltà in più, anche ad amalgamarci al gruppo. Questa volta però rimarrete delusi: era tutto perfetto. Da dove cominciare? Mi occupo di Shoah rappresentando l’Associazione Figli della Shoah, da 25 anni, ho accompagnato didatticamente più volte anche la nostra mostra Auschwitz, il nostro kit didattico contiene abbondante materiale proprio sui campi, ma mai avevo trovato il momento giusto per andare a Auschwitz e a Birkenau. È stata Paola a trovarlo per me. È merito tutto suo aver coinvolto Marcello Pezzetti, con il quale ero già stata a Treblinka e Maidanek, solo lui poteva riuscire a concretizzare tutto quello che avevo studiato in tutti questi anni. I documenti, le foto le conoscevo tutte, ma vederle lì, nei luoghi dove erano state scattate è stata un’emozione immensa, condividere l’emozione di Marcello, che pure queste cose le vive da tanti anni, mi ha rafforzata. Alfonso Sassun ha saputo cogliere le nostre emozioni e accompagnarci con le sue parole e in modo speciale nelle due Ashkavot lanciando forte i nomi dei nostri cari nel luogo del loro assassinio. Marina Scarpa Campos Vice Presidente Associazione Figli della Shoah (Venezia)
Cari amici, grazie per l’inclusione ed accoglienza nel vostro caloroso e simpatico gruppo! Abbiamo sempre voluto fare questo viaggio doveroso soprattutto in questo momento, reso ancora più significativo grazie alle spiegazioni di Marcello e alle vostre testimonianze. È stato davvero un momento importante che abbiamo condiviso con delle persone speciali, grazie all’organizzazione di Paola, ai Dvar Torà di Alfonso, auguriamo Beazlachà a Manuele e salutiamo calorosamente ognuno di voi ringraziandovi ancora per aver condiviso le vostre storie di famiglia. Ci permettiamo di segnalare questo Museo a Tel Aviv dove due figlie di sopravvissuti raccontano le loro storie. Joseph Bau e la moglie sono presenti nel film su Schindler, bisogna prenotare e organizzare un piccolo gruppo perché aprono su richiesta. Vi assicuro che è una esperienza unica! Un carissimo saluto da Roma! Tizzy e Pierre Levy (Roma) https://www.josephbau.org/en/about-us/joseph-bau-house-museum/
Sono partito con Kesher con l’idea di fare un viaggio come tanti altri. Mi sono trovato in un mondo per me sconosciuto. Il calore e l’affetto che mi hanno circondato mi hanno fatto capire quanto sia bello appartenere ad una comunità. Mi sono sentito legato a tutti voi come non mai. Marcello ed Alfonso con il loro entusiasmo e la loro passione mi hanno fatto vivere una esperienza indimenticabile. Grazie Paola, mi hai riempito di attenzioni e mi hai fatto sentire come uno della famiglia. Un abbraccio a tutti. Umberto Alberti di Catenajo (Ginevra)
Era davvero da tanto che volevo fare un viaggio ad Auschwitz, quasi “invidiosa” dei figli che ci erano andati con la scuola, ma non sapevo dove rivolgermi. Voglio credere che sia stato il destino a inizio settembre a mettermi davanti un depliant di Kesher con tutti gli eventi e anche questo viaggio. Ho chiamato Paola che ci ha messo infatti in lista d’attesa… ma sentivo che ci sarei andata e infatti alla fine qualcuno ha rinunciato! È stato un viaggio importante, ricco di emozioni; molto toccante la serata in cui molti hanno raccontato la storia della loro famiglia, alla guida di Marcello Pezzetti, che ci ha trasmesso tutta la sua passione! Bello anche che ci siano persone giovani come Manuele che studiano per raccontare quel che è stato e mantenere viva la memoria, mai così importante dopo il “7 ottobre”. È stato bello rivedere tante persone che conoscevo e conoscerne di nuove e condividere con tutti tante emozioni. Un ringraziamento speciale a te Paola instancabile e perfetta organizzatrice di tutto, ovviamente a Marcello Pezzetti, ad Alfonso, a Manuele e a tutti i compagni di viaggio. Lorella Cabibbe Busel
Pensavo a questo viaggio da tempo, cercando il momento giusto per farlo, ma non c’è un momento giusto perché questo è un viaggio che si fa dentro di noi, nelle nostre radici, nel nostro dolore, nel nostro cuore ogni giorno. E mi sono trovata a condividere speranza, passato e futuro nella grande famiglia con cui ho percorso questo cammino. Grazie Paola, grazie Marcello e grazie Alfonso che l’hanno reso possibile. Donata Berger
È stato un viaggio della commozione quello di Kesher ad Auschwitz-Birkenau e Cracovia. Un bel gruppo, oltre sessanta persone, quasi tutti avevamo parenti periti nella Shoah. Ero già stata ad Auschwitz-Birkenau sempre con Kesher e con Marcelllo Pezzetti, ma mi sembrava che ci fosse qualcosa di incompiuto, qualcosa ancora da approfondire. E così è stato. Forse perché la Shoah è ormai entrata nel nostro DNA e si brama sempre di tirare fuori quello che sentiamo dentro di noi, anche se spesso non ne abbiamo il coraggio. Ecco perché entrare nel campo tutti insieme è stata quasi una terapia di gruppo, ci siamo sostenuti l’un l’altro commentando tutto quello che vedevamo. Ad Auschwitz, museo della Shoah, ci si è stretto il cuore a vedere gli enormi mucchi di scarpe, occhiali, protesi e stampelle dei disabili – per non parlare degli abitini dei bimbi. Ma è soprattutto a Birkenau che si è acquistata contezza dell’enormità dello sterminio. Distese di baracche a perdita d’occhio, camere a gas, forni crematori distrutti all’arrivo dei Russi, fosse comuni dove i poveri corpi ammassati uno sull’altro venivano bruciati. E che dire delle foto? Foto scattate esattamente sul posto dove ci trovavamo, foto che ti facevano VIVERE la tragedia. Non dimenticherò mai quelle dei bimbi che giocavano ignari, nel luogo dove di lì a poco sarebbero stati gassati. Qualunque cosa vedessimo era accompagnata delle spiegazioni storiche di Marcello e dagli aneddoti che lui aveva raccolto in 50 anni di visite ad Auschwitz. Sì perché Marcello ha conosciuto tutti i sopravvissuti e di ognuno ci ha raccontato qualcosa. Solo con Shlomo Venezia, uno dei pochissimi sopravvissuti ai Sonderkommando, Marcello ci è andato ben 57 volte! In una delle loro visite hanno incontrato l’aiutante di Mengele, tornato lì dopo 50 anni che, riconosciuto da Marcello, sentendo chiamare il suo nome, è scattato sull’attenti, ma poi messo di fronte alle sue responsabilità, le ha naturalmente sminuite dicendo che il suo contributo era stato minimo perché era stato mandato in un altro ufficio. Particolarmente struggenti sono stati i racconti sui bambini, come quello dei bimbi che, raccolti da scuola, si portavano dietro la sedia pensando di andare a far lezione da qualche altra parte, o come quello del cuginetto delle sorelle Bucci, assassinato dopo essere stato sottoposto a mille sofferenze. Qui anche Marcello, un habitué dei campi, si è commosso, segno che quello che fa non lo fa per “lavoro”, ma per un’urgenza dell’anima. La sera poi, al ristorante kasher, molti di noi hanno raccontato la propria storia e la ragione per cui avevano sentito il “bisogno” di andare ad Auschwitz. Molti di noi volevano recitare un Kaddish per i familiari assassinati in quella fabbrica della morte, e anch’io l’ho recitato per la mia bisnonna e la mia prozia, tradite e massacrate in quel campo. Quella sera nessuno è riuscito a trattenere le lacrime. Siamo stati accompagnati anche da guide locali simpatiche e competenti, ma che in qualche modo tendevano sempre a sottolineare lo sterminio dei martiri polacchi – oppositori e intellettuali fra cui molti ebrei – piuttosto che degli ebrei tout court. Marcello ci ha raccontato che la prima volta che è andato ad Auschwitz degli ebrei addirittura non si faceva menzione! Abbiamo anche visitato Cracovia, città bella ma senz’anima perché della vita ebraica e dello sterminio degli ebrei quasi non reca traccia, sicché, confesso, non avevo nessuna voglia di andare in giro per la città, salvo che per vedere le sue sinagoghe, ormai ben poco frequentate. Di ebrei in Polonia ne rimangono pochissimi, forse perché mentre i tedeschi hanno fatto teshuvah, i polacchi non se lo sognano nemmeno; ritengono di essere stati solo vittime dei nazisti e non anche carnefici di ebrei. Per quanto riguarda la collaudata organizzazione di Kesher, Paola non si è smentita. Tutto è stato perfetto. Sono quindi molto grata a Marcello, Paola e Alfonso Sassun, il nostro maestro di saggezza ebraica, che ci hanno offerto la possibilità di fare questo viaggio dell’anima nella Shoah e dentro di noi. Silvia Hassan (Milano)
Auschwitz ha sempre rappresentato il luogo simbolo, il culmine delle malvagità compiute in modo razionale e scientifico dalla follia nazista. Aveno un timore circa questo viaggio; forse per come è cambiato il mondo dopo il 7 ottobre o forse perché sapevo già che mi avrebbe lasciato il segno. Ma era l’occasione del viaggio che senti vorresti fare da sempre ma non ne hai mai avuto il coraggio e il pensiero di “adesso o mai più” specie sapendolo organizzato da Paola che, oltre a essere deliziosa, conoscevo già per la sua bravura nell’organizzare, meticolosa e pignola nei dettagli, accompagnata da Alfonso qui nel ruolo di guida spirituale che, con una parola di Torà o delle spiegazioni al momento giusto, ci aiutava ad affrontare le forti emozioni. Il gruppo si è dimostrato semplicemente meraviglioso. Ho conosciuto persone stupende, tutto il gruppo si è amalgamato in modo naturale. È ben visibile come i nazisti abbiano cercato di distruggere le prove e i polacchi e russi dopo non siano stati da meno. Per capire ci vuole una guida che spieghi il tutto e la più preparata in assoluto è lui: Marcello Pezzetti che ha dedicato la propria vita alla ricerca e ricostruzione dei fatti. Ha una preparazione e una conoscenza di fatti e aneddoti infinita e ti racconta il tutto con passione, facendoti capire con la sua sensibilità i fatti e le atrocità avvenuti in ogni luogo visitato. In lui ho trovato anche un amico e in Manuele, un altro giovane storico che era con noi, un ragazzo colto che ascoltava ogni parola e che sicuramente sarà in grado di portare avanti il lavoro di Marcello. La cosa che da sempre mi lascia perplesso e non mi dà pace è il fatto che non erano un gruppo di barbari sanguinari ma persone colte e civili che a tavolino hanno studiato in modo scientifico e tecnologico come uccidere milioni di civili innocenti. Speriamo e preghiamo solo che certe cose non succedano più. Dario Loulai (Monaco di Baviera)
Siamo tornati da poco, il mio primo viaggio Kesher, in un luogo dove comprendere il passato è d’obbligo! Eccezionalmente con noi Marcello Pezzeti, un valore aggiunto incredibile. Come non ringraziare il lavoro fantastico di Paola, eravamo un gruppo eterogeneo provenienti da diverse città, di età mista e culture internazionali. È stato emozionante ascoltare le storie e le testimonianze dei nostri amici, che ci hanno aperto con fragilità le porte del loro passato e ci hanno fatto scoprire segreti e aneddoti legati alla Polonia. Sicuramente farò tesoro di questi giorni e del calore condiviso con i compagni di “viaggio”. Sherly Nouriely Kohanan (Milano)
Sono stata la prima volta ad Auschwitz nel 2019, sempre con Paola e Marcello, ed è stato uno shock, uno stordimento emotivo. Mi ero sentita travolta dall’enormità della tragedia ma soprattutto dall’impossibilità del comprenderla del tutto. Da subito ho avuto la necessità di ritornarci. Questa volta è stata un’esperienza più lenta, più pesante e anche più consapevole. Sono stata meno “affamata” di notizie, i miei occhi non scorrevano più all’impazzata per cercare di vedere tutto… ho visto ma diversamente, ho guardato nella dimensione del dettaglio. Mi sono soffermata a cercare di immaginare i gesti quotidiani delle persone che hanno vissuto quell’inferno. Ho anche avuto una consapevolezza che pesa: tutto questo è dovuto a scelte umane di un passato vicino. Di conseguenza un confronto con me stessa, con le responsabilità morali di ogni essere umano, con la messa a fuoco che Auschwitz non è solo storia ma una linea che attraversa il presente. È la prova estrema di cosa può accadere quando si disumanizza l’altro. E questo ragionamento mi ha portata a farmi delle domande: cosa avrei fatto? Chi sarei stata? Queste domande sviluppano in me una rinnovata responsabilità morale attiva: la memoria va scelta, coltivata e trasmessa. E come dice Marcello, instancabile patrimonio culturale di tutti noi, insegnata. Grazie per avermi dato nuovamente questa opportunità Giorgia Marina Hassan (Milano)
Quando mio fratello Milo mi disse che il viaggio a Cracovia e Auschwitz-Birkenau di quest’anno sarebbe stato accompagnato dallo storico incomparabile conoscitore e narratore della Shoah Marcello Pezzetti (dopo un periodo di assenza), mi mise con le spalle al muro e l’opportunità di fare finalmente questo viaggio che pensavo aver perso per sempre si ripresentò, ebbi solo da iscrivermi immediatamente. Ora che siamo tornati, posso tranquillamente affermare, che aver partecipato a questo viaggio mi ha permesso di essere di nuovo in pace con me stesso per tanti motivi, due dei quali sicuramente il non sentirmi più debitore con la mia coscienza ed anche il fatto ancora più importante di permettermi di vivere con ancora più grande serenità e consapevole determinazione il mio ebraismo oggi. Partecipando da “espatriato” in un bellissimo gruppo italiano mi ha fatto capire, inoltre, quanto la componente italiana e milanese siano ancora più che mai ancorati in me malgrado ormai 35 anni che manco. Le cose belle si custodiscono con molta cura e attenzione. Per questo durano. Come spero dureranno i nuovi contatti avuti con ognuno di voi a partire dalla instancabile e meravigliosa Paola alla quale ho fatto promettere di non dimenticarmi per i prossimi viaggi, per finire con il caro Alfonso che sa parlare ai nostri cuori come pochi fanno. Un grandissimo ringraziamento a loro e a tutti i partecipanti che ormai considero carissimi amici se me lo permettono, dopo aver condiviso insieme questi quattro intensissimi giorni, dolorosi sì ma tanto tanto necessari, senza dimenticare il simpaticissimo Gregory e la bravissima guida polacca Jadwiga. A Marcello, un sincero augurio di continuare ancora per tanti anni nella condivisione del suo sapere unico, così importante e fondamentalmente irrinunciabile. Grazie di cuore! Am Israel chai! Dani Hasbani (Montecarlo)
Era un po’ che sentivo il bisogno di visitare Auschwitz, come se mi mancasse un pezzo del mio essere ebrea, ma non mi si era ancora presentata l’occasione giusta. Grazie a Paola e a tutti coloro che hanno reso possibile questo viaggio, ho potuto finalmente vedere coi miei occhi tutto ciò che avevo solo letto nei libri e visto nei film. E vederlo dal vivo è un’altra cosa. Due sono stati i fattori che hanno reso questo viaggio così speciale: avere avuto una guida esperta come Marcello Pezzetti, che coi suoi racconti mi ha fatto emozionare, poi l’aver condiviso questi momenti così intensi con un gruppo di persone straordinarie. Insomma è stata un’esperienza che non dimenticherò mai, un’esperienza che consiglio a tutti di fare, ebrei e no. Grazie di cuore a Paola, Alfonso e Marcello! Michelle Levy (Milano)
Cari tutti, a pochi giorni dal nostro ritorno alla quotidianità quello che provo è la sensazione di sentirmi dentro una bolla. Insieme al sentimento di angoscia, dolore, rabbia e incredulità, sento una sete di approfondimento e di conoscenza che non avevo mai provato prima in maniera così forte. Penso a mio papà che ha avuto la fortuna di nascere in Bulgaria nel 1942, paese che non ha permesso la deportazione dei “suoi” ebrei. Penso a mia mamma, nata in Italia nel 1937 e riuscita miracolosamente e fortunosamente ad arrivare in nave a New York con la sua famiglia a due anni, nell’agosto del 1939. Penso ai suoi prozii e ai loro bambini che a Auschwitz sono stati trucidati e che ho ricordato nel commovente Kaddish che abbiamo recitato tutti insieme e di cui vi ringrazio davvero tanto. Ho passato quasi 24 ore da sola a Cracovia quando voi siete partiti, girando la città, visitando luoghi e musei e pensando tanto. Sono arrivata in Polonia dicendo a me stessa che sarebbe stata la mia prima e ultima volta e ora invece sento la necessità di tornarci perché mi rendo conto che in tanti momenti lo stordimento era talmente forte da non avermi permesso di elaborare tutto ciò che stavamo vivendo. È come se il mio cuore e la mia mente avessero bisogno di più tempo per assorbire ciò che abbiamo visto e sentito attraverso le preziose parole di Marcello, a cui va un mio immenso ringraziamento. È come se l’immensità di ciò che è accaduto fosse troppo grande per essere compresa in un solo viaggio “fisico” in quei luoghi. Il fatto che io senta la necessità di tornare, è forse un segno che il mio viaggio non è ancora finito. Grazie di cuore a tutti voi, ai magnifici Marcello, Paola e Alfonso. Vengo da Bologna, da una piccola Comunità, ma da subito voi per me siete stati famiglia. Deborah Romano (Bologna)
Diario di un viaggio in Polonia dopo il 7 ottobre 2023
di Dalia Gubbay
Sabato 1 novembre
Riparto. A leggermi sembrerebbe che io sia sempre in viaggio. Non è così o almeno non lo era. Curiosa da sempre, è diventato impellente il bisogno di capire luoghi e persone, in particolare, ca va sans dire, quando riguarda la nostra storia.
E dunque parto per la Polonia. Cracovia, Auschwitz, Birkenau.
Quando ho prenotato non sapevo che sarebbe stato a pochi giorni dal mio viaggio in Israele, nato quasi per caso, che poi caso non è mai.
Anche qui, è un ritornare. La mia terza volta. La prima nel 2006.
Forte, aberrante, raggelante esperienza; la sera la guida ci portava a bere vodka per poter sopportare.
Ci misi giorni a riprendermi. A casa scoppiavo a piangere per un nonnulla con i bambini.
La seconda nel 2015. Accompagnati da Sami Modiano, o forse eravamo noi ad accompagnare lui. Il ricordo mi strazia ancora oggi. Come spiegare cosa volle dire ascoltarlo mentre descriveva l’inferno negli esatti punti in cui accadde, vederlo incedere curvo eppure fiero, piegato dai ricordi eppure più vivo che mai?
Io non sono come voi. Qui ho visto mia sorella per l’ultima volta. Qui ho perso mio padre. Questa era la rampa della morte.
Di Sami si potrebbero scrivere pagine e non basterebbero mai. Il suo abbraccio è una delle esperienze più totalizzanti e assolute e consolatorie che si possano immaginare. Aver potuto camminare al suo fianco per quel campo disseminato di baracche è stato un privilegio, un onore.
Oggi siamo nel 2025. Perciò ogni 10 anni la vita mi riporta là. Questa volta accompagno mio marito e per mio fratello, avevano bisogno di una spinta: e chi meglio di me.
E poi non ci pensavo, che saremmo stati nel post 7 ottobre. E ora che ad un tratto lo realizzo e lo visualizzo, attendo.
Attendo senza prevedere nulla ma so che sarà altro ancora. Attendo e so che per elaborare il tutto avrò bisogno di strumenti nuovi. Attendo con un misto di ansia rabbia e paura. Attendo e so che mi porterò dietro un peso inedito, che mai avrei immaginato di dover tollerare. Ma attendo forte e decisa.
Domenica 2 novembre
Cracovia. Il tempo è insolitamente mite, il gruppo insolitamente numeroso, scopro che tanti amici partecipano al viaggio. Ma sarei venuta anche da sola. Sono qui per rivedere, per andare oltre.
Marcello Pezzetti, massimo studioso della Shoa in Italia, non è cambiato. Si può chiamare passione ciò a cui ha dedicato la sua intera esistenza, raccontare l’orrore? Parla con enfasi, quasi troppo in fretta, deve dirci tutto, dobbiamo capire ogni cosa.
Il suo racconto parte da prima dell’avvento del nazismo in Polonia, si snoda attraverso un percorso maledetto di emarginazione, boicottaggi, segregazione, espulsione, liquidazione degli ebrei di Cracovia. Ascoltiamo e sentiamo qualcosa di disturbante, una sorta di dejà vu.
Ripercorriamo la stessa strada che fecero in 15.000, diretti al Ghetto. Un avanzare con sgomento mentre Marcello ci mostra le foto in bianco e nero di allora. Famiglie sfollate. Stipati in poche strade in condizioni disumane, gli ebrei si adattano, lavorano. E continuavano a fare figli, è l’unico attaccamento alla vita che rimaneva loro.
Un giorno però tornano e i bambini sono stati tutti fucilati, nei boschi circonstanti. Gli alberi stasera hanno meravigliosi colori autunnali, la mente si rifiuta di immaginare un tale scempio in una natura così bella. Nessuno li ricorda, non ci sono targhe né memoriali.
Arriviamo nella famosa piazza delle sedie vuote, Piazza degli eroi del Ghetto. Una potente installazione che ricorda le vittime delle deportazioni. Intanto si è fatta notte e sale un po’ di angoscia in queste strade a tratti spettrali dove la storia sembra rivivere e vibrare in nostra presenza.
Aspettando domani, torno alla domanda che aleggia e incombe dal primo momento di questa giornata Quel disagio. Quell’imbarazzo. Che esprimiamo a bassa voce. Perché? Perché non sono andati via? Perché non hanno capito cosa stava accadendo? Perché lo hanno permesso?
E dunque noi, ora, lo stiamo capendo? O stiamo ancora una volta accettando, subendo? Il pensiero ci fa tremare ma allo stesso tempo svetta, forte fiera e più bella che mai la terra d’Israele, pronta ad accoglierci.
A domani.
Lunedi 3 novembre
Auschwitz-campo di concentramento.
Piove a dirotto, pioverà tutto il giorno. Fa molto freddo, nessuno però osa lamentarsi. Sami diceva sempre che lui indossava solo un pigiama a righe e zoccoli di legno.
Mi bastano pochi minuti per capire. Non sono più la stessa di dieci anni fa. Il 7 ottobre mi pulsa nelle vene. Piango silenziosamente e copiosamente per tutta la visita al campo di Auschwitz.
Le foto dei bambini e le loro scarpine mi sono insopportabili, Le foto dei prigionieri mi ricordano quelle degli ostaggi, le camere delle torture i tunnel di Hamas. Gli oggetti anneriti mi riportano alle macchine bruciate a Tekuma.
C’è tanta gente, anche se le visite sono diminuite. Scolaresche, ragazzi israeliani.
La guida polacca parla perfettamente italiano, racconta delle quattro ultime donne impiccate qui in seguito alla rivolta dei Sonderkommando. Ad assistere: Liliana Segre. Era il 7 ottobre del 1944.
Entriamo nella camera a gas, ci sono le bocchette da cui usciva lo Zyklon B. Penso ai ragazzi del Nova, stipati nei rifugi e nei bagni, soffocati dalle granate, bruciati dagli RPJ.
Poco lontano c’è la linda villetta con piscina e giardino dove vivevano Rudolf Hoss e la sua famigliola, quella del film La zona d’interesse. Poco lontano si erge la forca sulla quale fu finalmente impiccato, per crimini contro l’umanità, nel 1947.
Sulla Judenrampe ci raccontano della selezione, siamo precisamente dove si svolgeva. I neonati venivano sbattuti contro i vagoni o soffocati davanti ai loro genitori. Anche qui mi si parano davanti immagini recenti, troppo recenti. I Kibbuzim come campi di sterminio.
Storie di morte, coraggio, eroismo. Storie di chi è sopravvissuto e di chi si è tolto la vita.
Tutto torna, ancora ancora e ancora.
Questo è il Genocidio. Organizzato pianificato pensato realizzato strutturato coordinato approvato ammesso.
Solo al pensiero che ci accusino di una cosa del genere mi fa impazzire. La rabbia affiora, potente. Hamas ci ha provato ma, bontà loro, sono dei selvaggi.
Torniamo bagnati come pulcini. Freddo nelle ossa e nel cuore ma siamo insieme e si regge.
Il concetto di MAI PIÙ che fluttua oramai indistinto, fuori dal tempo e dalla storia.
Martedì 4 novembre
Birkenau
Oggi non piove. In autobus festeggiamo ben tre compleanni cantando tipiche canzoni ebraiche. Andiamo nei luoghi della morte celebrando la vita.
Al campo invece splende il sole. Ecco di nuovo i ragazzi israeliani, belli come non saprei spiegare. Sentire la lingua ebraica risuonare qui è come una magia.
Il campo è di una vastità inimmaginabile, le foglie gialle e il cielo blu qui stridono più che mai, enormi distese verdi disseminate di baracche.
È il più grande cimitero ebraico del mondo.
Non riporterò i racconti dell’orrore assoluto, qui crolla anche Pezzetti. Ci avviamo all’uscita, c’è Boris Johnson in visita. Figlio di un sopravvissuto, non ha dubbi.
«It can happen again »
Adesso i ragazzi israeliani si sono tutti avvolti nelle bandiere. Siamo commossi come non mai. Un’immagine potentissima, la degna conclusione di questo viaggio e che mi riporta a casa con le risposte che cercavo.
La nostra luce, sopravvissuta a Auschwitz e al 7 ottobre, continuerà a brillare. Per sempre.



