di Nina Deutsch
Elogi dalle istituzioni israeliane, che lo considerano un alleato. La stampa ebraica e americana registra preoccupazioni per un possibile aumento delle tensioni con il nuovo sindaco musulmano.
Lunedì, nel cuore di una Tel Aviv attraversata da tensioni e solidarietà internazionali, il sindaco uscente di New York, Eric Adams, è stato accolto con toni calorosi dai più alti rappresentanti dello Stato israeliano. Il viaggio – uno degli ultimi prima della fine ufficiale del suo mandato, prevista a fine anno – è stato interpretato dalla stampa israeliana come un «gesto d’amicizia» in un momento politico particolarmente delicato, sia per Israele sia per New York.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ricevuto Adams nel complesso militare della Kirya, ringraziandolo, secondo una nota del suo ufficio, «per il suo grande sostegno a Israele e per essere un vero amico del popolo ebraico». Una formula che, come ha osservato il Times of Israel, è stata utilizzata raramente negli ultimi mesi con figure politiche straniere.
A Gerusalemme, il presidente Isaac Herzog ha accolto a sua volta Adams alla residenza presidenziale. Lo ha definito «un caro, caro amico di Israele e del popolo ebraico», ricordando la «visita storica» compiuta da Adams nei primi giorni della guerra contro Hamas. Accanto alla gratitudine, Herzog ha espresso una certa inquietudine per il futuro politico di New York, dove a gennaio entrerà in carica il nuovo sindaco, Zohran Mamdani, figura della sinistra progressista e critica delle politiche israeliane.
Anche il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar ha incontrato Adams a Gerusalemme, definendolo «un vero amico di Israele» e aggiungendo, su X, che «ha sempre espresso una voce chiara e morale contro l’antisemitismo di ogni tipo e a favore del diritto di Israele a difendersi».
Le preoccupazioni israeliane si intrecciano con quelle di parte della comunità ebraica statunitense: diversi leader e organizzazioni – dal Jewish Community Relations Council a esponenti del Congresso – temono che le convinzioni politiche di Mamdani possano accentuare un clima già teso. Adams avrebbe ricevuto diversi messaggi da rappresentanti ebrei della città che temono «una fase di vulnerabilità» dopo il passaggio di consegne.
«Se fossi un ebreo newyorkese, mi preoccuperei per i miei figli», ha dichiarato il primo cittadino di New York domenica in risposta a una domanda sulla sicurezza degli ebrei sotto il prossimo sindaco Mamdani, durante un ricevimento a lui dedicato organizzato dal Combat Antisemitism Movement a Tel Aviv. Il suo tour è proseguito incontrando ex ostaggi e partecipando a briefing.
Nel suo colloquio con Herzog, Adams ha aggiunto un dato politico significativo: «Vogliamo inviare chiaramente il messaggio corretto: il 49% dei newyorkesi ha dichiarato di non abbracciare la filosofia anti-israeliana. Consideriamo ancora Israele un alleato e un amico». Come riporta il Forward, Adams ha presentato il suo tour anche come un messaggio politico verso Mamdani. Il sindaco uscente ha criticato il vincitore delle elezioni, definendo la sua elezione «anormale» e insinuando che attori esterni e movimenti filo-palestinesi abbiano contribuito al suo successo, in particolare sui social e nei campus universitari.
Mamdani rassicura, «nessuna ostilità verso gli ebrei»
Secondo il Jewish News, Mamdani ha condannato in più occasioni l’antisemitismo «senza ambiguità» e ha garantito che sarà una priorità del suo mandato. Il futuro sindaco ha ribadito più volte che la sua critica alle politiche israeliane non deve essere confusa con ostilità verso gli ebrei americani – un punto che, tuttavia, non ha dissipato completamente le apprensioni né a Manhattan né a Gerusalemme.
Un contesto americano carico di tensioni
L’elezione di Mamdani è avvenuta in un clima particolarmente complesso e acceso per la politica urbana statunitense. A New York, città con la più grande comunità ebraica della diaspora, gli episodi di antisemitismo sono aumentati negli ultimi anni, secondo i dati del NYPD, e il tema è tornato centrale nel dibattito pubblico. Il New York Times ha sottolineato come la vittoria di Mamdani sia stata resa possibile dalla frammentazione del voto moderato, non necessariamente da un’adesione maggioritaria alle sue posizioni sul Medio Oriente.
Una sensibilità israeliana storicamente radicata
Dall’altra parte dell’oceano, il rapporto con New York va oltre la politica: Israele considera storicamente la città come uno degli snodi vitali della propria diaspora e un barometro dello stato delle relazioni con l’ebraismo americano. Non sorprende, dunque, che la stampa israeliana – dal Jerusalem Post alla JTA (Jewish Telegraphic Agency) – abbia dato ampio spazio alla visita di Adams, descrivendolo come «una figura stabile» in una fase che molti analisti considerano «di transizione e incertezza».



