di Ilaria Myr
Tre donne. Tre generazioni diverse: nonna, madre, nipote. Tre storie molto differenti, ma, per certi versi, molto simili, che finiscono per diventare per ognuna una “giornata particolare”. Un unico scenario: la realtà israeliana, fra Tel Aviv e Gerusalemme, in un unico tempo che, come si capirà leggendo, precede la pandemia del 2020.
Questo è il cuore de Il grande frastuono, il nuovo romanzo di Roy Chen edito da Giuntina, acclamato drammaturgo, traduttore e scrittore israeliano, autore del sorprendente Anime e dello spettacolo Chi come me (andato in scena per due stagioni al Teatro Franco Parenti). Un libro che diverte, fa riflettere e sorprende, come già sa chi ha letto il suo primo romanzo.
La prima delle tre donne che veniamo a conoscere è Gabriela, dotata violoncellista e adolescente alle prese con i turbamenti della sua età, le insicurezze, i primi batticuore. Nella sua giornata particolare Gabriela cerca di andare a trovare il suo complesso amico (o più che amico?) Yonathan, ma vicissitudini semi-comiche ne ritardano fino all’ultimo la riuscita. In mezzo, le paure, indecisioni, i complessi e l’impulsività della sua età, che complicano un percorso già non facile.
C’è poi la vicenda di sua madre Noa, logorroica quarantenne incapace di tenere per sé i propri pensieri, a cui il marito fa un regalo inaspettato e, nelle sue intenzioni, indimenticabile, per il suo compleanno.
Infine, Tzipora, madre di Noa e nonna di Gabriela, donna sulla settantina, livorosa e rabbiosa, appassionata traduttrice in ebraico di Joyce ma mai veramente gratificata nel lavoro, capace di cadere e sbattere la testa perché insegue furiosamente un piccione e litigare con la sua ex migliore amica e l’attuale fidanzata di questa, femminista convinta che sta riscrivendo la Bibbia in versione gender-inclusive…
Per ogni storia, però, c’è il colpo di scena (tipico dello stile teatrale dell’autore), che mette in discussione l’opinione che ci si è fatti fino ad allora della protagonista. Gabriela, adolescente impacciata e insicura, si trova ad affrontare qualcosa di troppo più grande di lei, come solo la vita riesce a fare, e diventa a suo modo grande e adulta ai nostri occhi.
Noa, irritante nella sua logorrea, si trova a vivere 24 ore al limite della follia, che, si suppone, restano indimenticabili per la protagonista, mentre sicuramente lo sono per chi legge, che si trova a ridere di situazioni assurde e tragi-comiche e sorridere con tenerezza davanti alle sue debolezze.
E Tzipora? Donna dalla lingua tagliente, al limite del dissacrante, dopo la caduta all’inseguimento dell’odiato pennuto si trova a ricevere un ospite imprevedibile e, almeno da lei, indesiderato.
Su tutte incombe qualcosa di tragico -il grande frastuono del titolo? – che, si immagina, andrà a sconvolgere la loro normale complicata quotidianità.
Il libro scorre fra scene esilaranti che riportano alla mente i film di Woody Allen, o qualche pagina di Shalom Auslander (soprattutto nella parte di Tzipora) e pagine più intimiste, dove si può scorgere un’ispirazione dall’approccio psicologico di Eshkol Nevo (inconfondibile, per questo parliamo di ispirazione). Il tutto in salsa profondamente ebraica e israeliana, dalle ambientazioni (Tel Aviv, Gerusalemme) alla tematica della profezia che caratterizza la storia di Tzipora, fino alla reunion finale delle tre donne, le dorot (generazioni) tanto diverse fra loro quanto vicine, mentre sono sedute intorno allo stesso tavolo – e quanto c’è di più ebraico di questo? – a mangiare un piatto della tradizione famigliare: il gefilte fish.
Roy Chen. Il grande frastuono, trad. Silvia Pin, Giuntina, pp. 276, euro 20, ebook 12,99