Kesher, serata “Detti e contraddetti del Talmud” (13 febbraio 2018)

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di Roberto Zadik (video di Orazio Di Gregorio)

Difficile riassumere alcune fra le “perle” di saggezza della monumentale opera del Talmud contenute in volumi e saggi lunghi e complessi e distillarle in poche pagine a confronto con i proverbi dei dialetti ebraico-italiani e ad uso della società  di oggi. Ma c’è un nuovo libro “Detti e contraddetti del Talmud” di Rav Amedeo Spagnoletto, romano e Rabbino Capo di Firenze che è riuscito in questa impresa assai complessa. Presentato lo scorso 13 febbraio il testo (140pp edito da Giuntina, 10 euro) presso la Residenza Arzaga, l’iniziativa è stata guidata da Miriam Camerini, attrice e regista teatrale e qui in qualità di presentatrice, che ha intervistato l’autore del libro e Rav Colombo in un approfondimento decisamente efficace su massime, maestri e vita quotidiana. Come tradurre senza tradire la saggezza dei grandi rabbini e redattori talmudici? Cosa hanno in comune i proverbi ebraici e le frasi rabbiniche e quale la loro utilità oggi, meglio inserirle o estrapolarle dal contesto della pagina di Ghemarà originaria?

Queste alcune delle domande che si sono posti i relatori durante la serata, organizzata da Kesher, che ha riunito per l’occasione un vasto pubblico. Come ha subito sottolineato l’autore Rav Spagnoletto “questo libro è nato da una rubrica mensile di proverbi ebraico italiani e dalla volontà di stimolare il mondo ebraico attuale e specialmente le giovani generazioni a riappropriarsi di modi di dire ebraici invece di utilizzare solamente modi di dire esterni alla nostra tradizione”. Ma questo titolo da dove nasce? “Ci ho pensato lungamente” ha detto Rav Spagnoletto ma alla fine “mi è venuto in mente il titolo di un controverso autore ebreo austriaco, Karl  Kraus, che aveva intitolato così un suo volume di aforismi e dopo qualche tentennamento, vista la sua conversione al cristianesimo, ho pensato di utilizzarlo anche per il mio libro”. Sollecitati dalle domande della Camerini e dal pubblico in sala, Rav Spagnoletto e il suo amico Rav Roberto Colombo, per diversi anni insegnante presso la Scuola ebraica e molto attivo nella Comunità milanese e ora in quella di Roma, si sono confrontati su diversi proverbi talmudici che secondo Rav Colombo “acquistano ancora più valore se estrapolati dal contesto e universalizzati ma bisogna stare attenti a come li si cita e a conoscerli a fondo la fonte dalla quale provengono”. I proverbi e i detti talmudici, durante la discussione, hanno fornito vari spunti trattati esaurientemente dai due rabbini che hanno insistito sull’importanza dei proverbi e delle massime talmudiche che come ha messo in luce l’autore del libro “non sono delle verità assolute ma degli stimoli a riflettere e a porsi delle domande e degli interrogative per migliorarsi e mettersi in discussione”. I detti sono stati l’inizio di una serie di tematiche, dall’educazione dei figli, i due rabbini hanno citato le massime sul parlare “del bambino che è in risultato di quello che sente in casa dai genitori”, oppure hanno trattato il problema che “se una figlia si allontana dal padre è a causa della mentalità del genitore”. Tutti principi presi da trattati talmudici che hanno però stretta aderenza con la nostra quotidianità.

Fra le tante fonti e Midrashim citati si è parlato anche della  Meghillat Ester in cui i due rabbini hanno citato il passo quando il Re Achashverosh ha sfilato il suo anello consigliandolo al perfido consigliere Haman prima della sua decisione da lì di sterminare gli ebrei. Su questo detto i due rabbini hanno dato un interpretazione totalmente diversa.Per Rav Spagnoletto, per cui attenersi al contesto è sempre molto importante per un qualsiasi punto del Talmud, questo è stato un messaggio sul pericolo dell’antisemitismo già ai tempi di Purim. Mentre Rav Colombo, favorevole a una prudente estrapolazione dal testo, avvalendosi però di fonti e Midrashim accreditati, ha conferito a  questa frase ha un significato del tutto diverso. “Ogni volta che nella Meghillat si parla del Re, secondo varie interpretazioni, ci si riferisce a Dio e quindi il momento in cui si sfila l’anello è quando gli ebrei si comportano male Egli decide di abbandonarli e di nascondersi per vedere se tornano a fare Teshuvà. A Purim anche lì gli ebrei mangiavano cibo non kasher da Achashverosh e si davano ai banchetti alla sua corte ma poi dopo la minaccia dello sterminio sono tornati e si sono pentiti. Stando a altri commenti l’anello del Re rappresenta l’unione fra il popolo ebraico e Dio e per questo quando gli ebrei si allontanano da Lui, pretendendo magari di creare un ebraismo che non esiste e che non è conforme alla Torah, è come se egli si allontanasse e nascondesse il Suo Volto”. Tante citazioni, domande, fonti interessanti per una serata che ha voluto sottolineare l’importanza della tradizione e della saggezza ebraica, “con questo libro” ha detto Rav Spagnoletto “mi auguro che molti inizino a studiare, a riflettere, a porsi delle domande,leggendo anche qualche pagina prima di andare a dormire”.