Korach

Parashat Korach. Quanto più si è saggi, tanto più occorre studiare la Torah

Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
In questa Parashà si ripropone di nuovo, in modo drammatico, il problema della leadership, del comando. Un problema che insorge in ogni comunità. È la terza volta in cui la Torah pone il problema dell’insubordinazione all’ordine stabilito, ma secondo circostanze, modalità e risposte differenti.

Nella Parashat Sheminì I due figli maggiori di Aaron, Sommo Sacerdote, anch’essi Cohanim, presentano ad HaShem un’offerta di incenso non richiesta “esh zarà”, un fuoco “estraneo”.
Essi, pur essendo uomini giusti, “Tzaddikim”, ben consci dei loro doveri e delle regole strettissime, del servizio al Santuario e dei doveri di obbedienza, compiono un gesto non richiesto, che non spettava a loro e che era riservato a Aaron. Si tratta di un disconoscimento della massima autorità religiosa (che, insieme con Moshè, coincide anche con l’autorità “politica”). Essi proponendosi come officianti senza l’autorizzazione dei capi Moshè e Aaron, si propongono in effetti al Popolo d’Israel come alternativa al comando e alla guida del Popolo.
La risposta di Hashem è immediata: un fuoco li consuma istantaneamente.

La seconda insubordinazione è quella degli esploratori, nella Parashà immediamente precedente: Shelach Lechà.
Essi scoraggiano in vario modo il Popolo, adducendo diversi motivi: la presenza dei Nefilim, le difficoltà della Terra che inghiotte i suoi abitanti….
Il comando di HaShem di entrare nella Terra Promessa viene completamente ignorato, forse per buone intenzioni (la difficoltà a proseguire nello studio della Torah, a causa degli ostacoli e dei problemi che si incontreranno), ma si tratta sempre di insubordinazione, poiché non sta all’uomo discutere il volere di D-O.
Essi verranno puniti con ulteriori 38 anni di peregrinazioni del deserto e non vedranno Eretz Israel, ad eccezione di Yehoshua Bin Nun e di Calev Ben Yefunné.

A questo punto vi è la protesta di Korach, un levita, cugino di Moshè e Aaron, che è del tutto diversa, accompagnato da Datan, Aviram e On, e da 250 rappresentanti della tribù di Reuven.
Korach è un levita e pone a Moshè un’obiezione: “Se tutto il Popolo è santo e se anch’egli è della tribù sacerdotale di Levì, di quale autorità Moshè e Aaron si arrogano il diritto del comando?
Non a caso questa parashà viene proprio dopo la parashà nella quale compare il comando di portare gli “zizzit” (le frange intrecciate con, in mezzo il filo di color “t’chelet” (turchese color del cielo) simbolo del trono di HaAShem e della Sua Torah).
Il Midrash dice che Korach si presentò a Moshè con un abito completamente “T’chelet”, chiedendo: “Questo vestito necessita di zizzit?”
Alla risposta affermativa di Moshè, Korach chiede ancora se in una casa dove vi siano dei libri di Torah, sia necessario applicare sulle porte le mezuzot (astucci contenenti alcuni versi della Torah). Anche in questo caso Moshè risponde affermativamente.

Le due osservazioni di Korach sono chiaramente una ribellione ad Aaron, al suo potere sacerdotale, ciò che oggi possiamo definire l’autorità rabbinica.
La Torah ha dato chiari comandi riguardo agli zizzit e alle mezuzot, ma Korach dà una sua interpretazione e ritiene che un abito tutto “t’chelet” non necessiti di ulteriori applicazioni, come una casa piena di Torah non richieda pochi versi sugli stipiti delle porte.
Per Korach ciò che conta è solo il contenuto. Per Moshè e Aaron, forma e contenuto coincidono. Un comando della Torah è un comando della Torah e non è discutibile. La forma è parte della sostanza e viceversa.

Se si segue il ragionamento di Korach, un saggio non ha bisogno di studiare, un Giusto non ha bisogno di compiere buone azioni, così come un Popolo di Sacerdoti non ha bisogno di sacerdoti. Al contrario, il comportamento di Moshè e Aaron sostiene che quanto più si è saggi, tanto più occorre studiare la Torah (alla quale va il pensiero ogni volta che si attraversa una porta, in una casa o in una città) o, quanto più si è Giusti tanto più occorre ricordare le mitzvot (avendo sempre gli zizzit sotto gli occhi a ricordo costante dei doveri) e quanto più un popolo sacerdotale è santo, tanto più necessita dei sacerdoti, per essere sacerdote dell’umanità.

Potremmo dire che questa è la differenza tra ortodossia e riformismo: nel momento in cui si inizia con l’eccezione, con la piccola deroga, con la modifica, in funzione dei “tempi nuovi”, il passo per modificare e dimenticare la Torah è iniziato. Nel momento in cui l’Ebreo mette in discussione l’autorità rabbinica e inizia con gli adattamenti, con le riforme, inizia anche il processo di assimilazione e il Popolo ebraico diventa un popolo come gli altri, con perdita completa del suo ruolo di leader sacerdotale verso il mondo a venire (Olàm Habà) che è l’unica definizione dell’elezione di Am Israel.

Korach e la sua stirpe saranno ingoiati dalla terra che si apre sotto di loro.

Bisogna anche soffermarsi un attimo sul comportamento di Moshè: nella Parashà di Bea’alotechà, allorché lo Spirito di Profezia si posa sui settanta anziani, due di essi Eldad e Medad, non si uniscono al resto, ma rimangono in disparte, profetando per conto loro.
Yehoshua protesta con Moshè Rabbenu, invitandolo ad imprigionarli. Moshè gli risponde: “Sei forse geloso di me?” e giustifica il comportamento dei due, auspicando che tutti possano divenire Profeti!
Nel caso di Korach, Moshè si rivolge direttamente ad HaShem, chiedendogli di non accettare le offerte.
Invoca immediatamente l’intervento divino.
Perché questo differente atteggiamento, così comprensivo nel primo caso e determinato e reattivo nel secondo?
Eldad e Medad chiedevano lo Spirito di Profezia, uno spirito nobile, al servizio di HaShem e del Suo Popolo. Korach chiede il POTERE, sacerdotale e politico. Non riconosce la leadership di Moshè e Aaron.
La trasmissione dello Spirito di Profezia, non indebolisce affatto colui dal quale emana (Moshè) anzi, così come una candela dalla quale prendono luce altri lumi, non solo non è indebolita nella sua luce primaria ma ne è potenziata, allo stesso modo, lo Spirito di Profezia che in Moshè Rabbenu raggiunge il massimo della sua espressione, ne risulta enormemente amplificato.
Diverso è il caso del potere materiale, politico, militare: la sua suddivisione causa indebolimento e quanto più esso è frammentato, tanto più è debole.
Korach non chiede Spirito Profetico, né santità. Korach vuole il potere temporale, il comando, quella leadership che HaShem ha conferito a Moshè e Aaron e solo a loro.
Moshé sa che non vi possono essere più guide per un popolo (e la Storia mostrerà come la frammentazione del Regno di Salomone, Shlomo Hamelech, sarà l’inizio della tragedia della dispersione del Popolo d’Israel). Solo HaShem è Giudice e sarà Egli che risponderà in maniera perentoria a Korach.

(Foto: La punizione di Korach in ‘La punizione dei ribelli’ di Sandro Botticelli nella cappella Sistina)