una parashà

Parashat Emòr. La santità dello Shabbat

Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
C’è qualcosa di unico nel modo in cui la parashat Emòr parla di Shabbat. Lo chiama “mo’ed” e “mikra kodesh” anche se, nel significato regolare di queste parole, non è né l’uno né l’altro.

Mo’ed indica un orario specifico con una data fissa sul calendario.  Mikra kodesh significa o un’assemblea sacra, un tempo in cui la nazione si radunava presso il Santuario centrale, o un giorno reso santo dalla fissazione del calendario da parte del tribunale umano.

Lo Shabbat non è nessuna di queste cose.  Non ha una data fissa sul calendario.  Non è un momento di assemblea nazionale.  E non è un giorno reso santo dalla dichiarazione della corte umana.  Lo Shabbat era il giorno reso santo da Dio stesso all’inizio dei tempi.

Questo strano modo di descrivere lo Shabbat può essere capito meglio se guardiamo al contesto in cui appare, nei capitoli della Torah che parlano di santità (Vayikra 18-27).  L’affermazione radicale formulata in questi capitoli è che la santità, un termine normalmente riservato a Dio, può essere acquisita dagli esseri umani quando agiscono come Dio.

Le feste sono per Shabbat come il Santuario è per l’universo. Entrambe sono versioni di costruzioni umane di qualcosa di santo creato da Dio. Invitando gli esseri umani a creare un Santuario e fissare il calendario mensile e annuale, Dio ci dà la dignità di una santità che possiamo acquisire attivamente come co-creatori con Dio, non solo ricevere passivamente come un dono.

Mikrah kodesh e mo’ed quando appaiono in Vayikra hanno un significato in più che non hanno in altri luoghi perché suggeriscono il verso iniziale del libro: “Chiamò [Vayikra] Mosè, e il Signore gli parlò nella tenda del convegno [Ohel Mo’ed], dicendo … “(Vayikra 1: 1).  L’attenzione è sul mikra come “chiamata” e non come “incontro”. Quando la Torah usa queste parole in modo univoco in questo capitolo per applicarsi allo Shabbat e alle feste, si concentra sull’incontro tra Dio e l’umanità nell’arena del tempo.

Che sia la chiamata di Dio a noi o la nostra a Lui, sia che Dio inizi l’incontro o che lo facciamo noi il tempo santo diventa un punto fermo nel mondo che gira quando amante e amato, Creatore e creazione, “prendono tempo” gli uni per gli altri e conosci uno o l’altro nella speciale forma di conoscenza che chiamiamo amore.

 

Di Rav Jonathan Sacks