Jewish in the City 2016, Schoenheit: «Un passato che sa guardare al futuro»

di Ester Moscati

Venerdì 13 maggio è stato presentato alla stampa il Festival Jewish in the City, che si terrà a Milano dal 29 al 31 maggio

Qui di seguito pubblichiamo l’intervista a Gadi Schoenheit, Vice Assessore alla Cultura per JiTC, che insieme a Rav Roberto Della Rocca, direttore scientifico del Festival, ha messo in piedi questa nuova edizione della kermesse ebraica di Milano. Ritrovate l’intervista sul numero di giugno del Bollettino.

Guido Lopez, Primo Levi, Marcello Cantoni
Guido Lopez, Primo Levi, Marcello Cantoni

«L’idea è di ricostruire, suggerire e rappresentare le mappature, le radici, i dialoghi che l’ebraismo ha costruito dentro la città, oltre la città, verso il mondo. Nella sua storia la Comunità Ebraica di Milano ha saputo essere accogliente; aperta ai dialoghi interreligiosi; attiva nella vita sociale e culturale cittadina; prossima ai fermenti, alle relazioni, alle innovazioni della società contemporanea in una capitale cosmopolita. Il ricordo e la celebrazione si collocano nei processi sociali e culturali che riguardano l’ebraismo contemporaneo europeo e occidentale, nelle complessità e opportunità del dialogo con le altre religioni, nel dibattito che interroga tra identità e diaspora. Ricordare tutto questo sarà un’occasione di conoscenza del passato, ma soprattutto una prospettiva per il futuro, nel segno dell’apertura alle diverse culture e religioni come presupposto di costruzione della cittadinanza in comunità evolute ed emancipate, chiamate alle sfide dell’accoglienza, della formazione eccellente, dell’innovazione tecnica, simbolica e di relazione».

Con queste parole Gadi  Schoenheit presenta la terza edizione di Jewish in the City, che si svolgerà dal 29 al 31 maggio e sarà dedicata ai 150 anni della Comunità Ebraica milanese.
Un appuntamento atteso, dopo il successo impetuoso delle scorse edizioni, che hanno visto i milanesi affollare i chiostri dell’Umanitaria, le sale del Teatro Franco Parenti, i portici della Rotonda Besana, gli spazi della Fondazione Corriere della Sera e naturalmente la Sinagoga Centrale di Milano. Una risposta travolgente alla proposta di apertura della Comunità che ha voluto parlare di temi ebraici in luoghi milanesi, per accogliere ed essere accolta, in uno scambio culturale che è diventato un grande abbraccio, pieno di calore ed entusiasmo. Anche questa volta (nell’occasione dei 150 anni della Comunità), la Città, in una sorta di palcoscenico diffuso, sarà coinvolta in numerose sedi e occasioni, con un ricco programma dove ciascuno potrà trovare la propria chiave di accesso alla conoscenza del mondo ebraico, della sua storia e del suo futuro, dalle tradizioni religiose e di pensiero, all’innovazione tecnologica, dall’etica alla cucina.
«Abbiamo disegnato l’evento a partire da alcune parole chiave, attorno alle quali si è programmato un calendario di voci e incontri di grande spessore – spiega ancora  Schoenheit, Consigliere delegato dalla Comunità all’organizzazione di Jewish in the City 2016. – Si parlerà dei grandi temi dell’ebraismo che hanno caratterizzato il dibattito interno per anni e che oggi diventano strumenti concettuali utili per interpretare il presente e ragionare sul futuro di tutti. Come il percorso tra Identità e Diaspora; Formazione e Cittadinanza; essere Comunità. Per compiere questo cammino abbiamo scelto dei compagni di viaggio eccellenti, come gli amici dell’Umanitaria e dell’Ambrosiana. Rabbini e studiosi dall’Italia e dall’Europa, la redazione Rai di Uomini e Profeti. E poi Eataly, con cui abbiamo stretto un accordo per i corsi di cucina casher, con il corner di vendita dedicato».
Una collaborazione di grande rilievo è quella con l’Università Bocconi, che ospiterà un incontro sulla figura storica di Angelo Sraffa, uno dei più grandi economisti italiani di tutti i tempi, e su quella del rettore Gustavo Del Vecchio, cacciato dall’università nel 1938 a seguito delle Leggi Razziali. «Avremo poi la presenza, come ospite d’onore del rabbino capo del Belgio – racconta  Schoenheit – al quale chiederemo di scoprire nel Tempio di via Guastalla una targa dedicata ai Giusti di tutto il mondo: ‘chi salva una vita, salva il mondo intero’».
L’occasione dei 150 anni della Comunità ha portato gli organizzatori a focalizzarsi sulla relazione tra ebrei e la Città, che è stata segnata da alcuni personaggi straordinari la cui visione “profetica” ha regalato a Milano le sue eccellenze, capaci di sfidare il tempo: come l’Umanitaria voluta da Prospero Moise Loria alla fine dell’Ottocento.
«La filantropia incarnata da Loria e dal suo progetto di emancipazione delle classi lavoratrici attraverso la formazione professionale e culturale è un modello cui ispirarsi, un approccio etico all’innovazione e all’imprenditoria».
Etica e vita ebraica, memoria come progetto per il futuro, ma anche sezioni più marcatamente storiche, come la celebrazione dei 500 anni del Ghetto di Venezia; e poi mostre, spettacoli, attività per bambini, corsi di cucina, il pranzo alla Rotonda Besana… Tante le proposte che la Comunità ebraica rivolge alla Città, e tanti i partner in questa avventura, dalla Rabbanut milanese e no, all’ADEI, all’Ame, al CDEC, a Shorashim. Radici, parole e dialoghi, canti, gesti, sguardi, racconti e nutrimento sono le “tag” di questa nuova avventura.
«Desidero sottolineare con soddisfazione – dice infine Gadi  Schoenheit – la grande accoglienza che è stata riservata al nostro progetto da parte delle istituzioni principali della città, dalla Regione al Comune, dalla Bocconi alla Fondazione Corriere, dal Mudec all’Ambrosiana, al Memoriale».
«Negli ultimi tempi si assiste sempre più pressantemente in ambito ebraico, e in generale, al bisogno di riscoprire le proprie radici culturali e rielaborare la propria identità», conclude il Direttore scientifico del Festival, Rav Roberto della Rocca. «Questo fenomeno ha alimentato la necessità di organizzare convegni e giornate sui grandi temi dell’ebraismo, rivolgendo una particolare attenzione alle problematiche della società contemporanea. Jewish in the City è stato e continua ad essere un’occasione di approfondimento culturale di dimensione internazionale, affrontando temi di grande interesse e attualità, che nel loro insieme costituiscono un campionario di tanti possibili modi di articolare i rapporti tra pensiero ebraico e una certa tradizione culturale occidentale. Di questa cultura, quella ebraica, che, nei suoi molteplici aspetti, è divenuta di recente un argomento di largo consumo, deve essere percepito, al di là dell’emotività del fenomeno, l’impegno costante al dialogo e al confronto. In un momento di grandi sconvolgimenti, in cui intolleranza e incomunicabilità sembrano troppo spesso avere la meglio, è necessaria una maggiore conoscenza dell’altro. Obiettivo di JiTC è, infatti, quello di offrire uno sguardo di insieme su una tradizione ebraica spesso travisata perché mediata dalla conoscenza pregiudiziale di altre ottiche culturali. Questa può assolvere un compito di grande importanza: affermare l’esigenza di risalire alle fonti tradizionali ebraiche, spesso rimosse dall’ideologia occidentale, di esplorare i rivoli di questa tradizione che, pur relegata nella sua alterità, non ha mai smesso di accompagnare nel suo percorso la cultura dominante, di alimentarla e di esserne alimentata, confrontandosi con essa. Ma è altresì necessario far capire che la tradizione ebraica è un insegnamento vivo e non una reliquia del passato, che l’ebraismo dà voce a problemi perenni e in tal modo è cultura dell’uomo moderno animandolo di un pensiero che è sempre attuale, impegnato nella ricerca di risposte che pongano l’esistenza all’insegna dei valori più alti dell’umanità».