Ebrei e Israele: identità e diaspora a confronto a Jewish in the City #150

di Roberto Zadik (@RobertoZadik1)

fargion-ameIl rapporto fra ebraismo diasporico e Israele è sempre stato stretto ma qualcosa negli ultimi anni sta mutando, con la fuga degli ebrei francesi, il risveglio dell’antisemitismo nel Regno Unito e negli Stati Uniti, Paesi dove finora si respirava un clima tutto sommato pacifico e tollerante e il calo demografico ebraico in Europa e nel nostro Paese. Uno scenario cupo e complesso che ha dominato il dibattito di domenica 29 maggio, alla Sinagoga di via Guastalla condotto da relatori come David Fargion, psicanalista e presidente AME Milano, Sergio Della Pergola, professore emerito dell’Università Ebraica di Gerusalemme, la storica e scrittrice Diana Pinto e Talia Bidussa, consigliera EUJS, Unione Europea Studenti Ebrei. Assente David Meghnagi, psicologo e docente universitario.

A sessantotto anni dalla nascita di Israele quali sono  le trasformazioni in Israele e fuori da esso e cosa tiene uniti oggi gli ebrei europei fra di loro?  Come vivono le giovani generazioni di ebrei in Italia e in Europa? Questo è stato il filo conduttore dell’incontro in cui Fargion ha sottolineato che attualmente il mondo ebraico europeo sta vivendo in una fase di “guerra” interiore col mondo circostante, caratterizzata da un’apparente pace all’esterno e da numerosi conflitti psicologici e morali. Cosa ne sarà dell’ebraismo fra una ventina d’anni e gli ebrei resteranno qui o si sposteranno in Israele o in altri punti del mondo? “Stiamo assistendo – ha detto Fargion – a un periodo molto complesso e tante persone, specialmente giovani stanno recuperando le tradizioni per darsi forza e cercare qualcosa che li tenga assieme.”

Il dibattito è stato lo spunto per riflettere sulla realtà presente e per tracciare una sorta di mappa su quanto sta accadendo a livello italiano, europeo e internazionale nel mondo ebraico e nel rapporto degli ebrei con Israele. Su questo punto, molto interessante è stata l’analisi di Della Pergola che si è focalizzato sulla totale differenza del mondo ebraico di oggi rispetto a quello prima del 1945 e della tragedia della Shoah. “Sono molto emozionato di essere in questa Sinagoga  e ricordo quando sessant’anni fa ero qui a celebrare il mio Bar Mitzvà” ha detto lo studioso. “Molte cose sono scomparse da allora, come le Comunità ebraiche dell’Europa Orientale e nel mondo occidentale c’è stato sempre di più uno spostamento ebraico verso ambiti extra europei come Israele e gli Stati Uniti e attualmente la comunità ebraica più affollata del mondo non è New York come tutti penserebbero ma Tel Aviv”. “Gli ebrei” ha fatto notare il docente si stanno spostando in maggioranza sia a causa del crescente antisemitismo europeo che per necessità lavorative e didattiche verso i Paesi più sviluppati fra cui c’è Israele. Esso attrae tante persone per i suoi valori, per la sua realtà dinamica e per valori etici e militari”.

La studiosa e storica Diana Pinto, figlia di ebrei italiani vissuti negli Stati Uniti, ha ribadito come la situazione in Europa sia preoccupante ma che, diversamente dal passato, anche nel Regno Unito, con la politica dei Laburisti e negli Stati Uniti, la situazione si stia aggravando. “L’antisemitismo si traveste sempre di più da antisionismo, e in America non si sta vivendo un bel clima, con la candidatura di Donald Trump e un crescente senso di disagio fra gli ebrei. Non si sa dove andremo a finire”.

Ma cosa sta succedendo nel mondo ebraico? Secondo la Pinto i problemi fra Israele e ebraismo diasporico si stanno somigliando sempre di più. “Abbiamo anche qui un’emergenza terrorismo, le divisioni tra gli ortodossi e i laici,  i dibattiti sul sionismo e l’identità ebraica e una serie di tensioni e di fraintendimenti comuni. Un tempo le criticità erano molto diverse fra Diaspora e Stato ebraico ma ora le società si stanno omologando”.

Il professor Della Pergola ha poi riflettuto anche sulle trasformazioni dell’antisemitismo che è sempre di più rivolto alla delegittimazione dello Stato di Israele e dire che lo Stato ebraico è nato a causa della Shoah è un tremendo autogol. “Esso è nato nonostante la Shoah – ha detto – e queste problematiche sembrano ambiti separati ma sono collegati fra loro strettamente. Noto invece che, rispetto al passato, si parla molto meno di caratteristiche fisiche. Molto forte è ancora l’antisemitismo da stereotipo, classico dove gli ebrei vengono visti come a capo della politica e delle banche.”

Come stanno rispondendo gli ebrei a questi pregiudizi? “Le risposte sono molto variegate – ha fatto sapere il docente -. Molti sentono la necessità di riprendere le tradizioni, altri combattono e rispondono alle accuse, altri ancora scappano, non dalle persecuzioni come un tempo, ma da società civili e democratiche e una delle tante contraddizioni che stiamo vivendo è che gli ebrei non sono mai stati tanto liberi di essere quello che sono come in questo momento storico”. L’antisemitismo però dilaga e anche la crisi economica ha contribuito a un massiccio spostamento ebraico. “Dalla Francia e dall’Italia ci sono state in questi anni tante migrazioni di giovani verso lo Stato ebraico” ha fatto notare Della Pergola. “Stiamo assistendo anche a un vistoso degrado della società civile che spesso lascia passare affermazioni e opinioni contro gli ebrei e Israele che un tempo non venivano tollerate”. A questo si aggiunge la questione dell’antisemitismo degli immigrati e dei popoli e delle persone che negano la Shoah.  Come ha specificato la professoressa Pinto “noi ebrei viviamo all’incrocio fra Occidente e Oriente, fra pregiudizi europei e nuove forme di intolleranza di popolazioni non europee e dobbiamo fronteggiare varie sfide che stanno diventando decisamente complesse”.

Durante l’evento è stato dato molto spazio anche ai giovani ebrei che secondo Talia Bidussa sono un tema molto problematico nello scenario contemporaneo. “Innanzitutto bisognerebbe sapere con precisione chi è un giovane e quale atteggiamento si ha verso i giovani che sono una realtà molto sfaccettata e con diverse anime mentre spesso se ne parla come un qualcosa di unitario”, ha subito sottolineato mettendo in risalto che “spesso nelle grandi comunità se ne parla molto e sono costante oggetto di discussione senza che però nella realtà vengano davvero coinvolti.  La società è molto diversa da quella di prima e bisogna capre che in un realtà sempre più internazionale, specialmente a Milano e a Roma, le Comunità dovrebbero aprirsi a un maggiore scambio con l’estero e ai giovani utilizzando maggiormente le loro competenze. Anche in materia di antisemitismo bisognerebbe coinvolgerli di più nella lotta a movimenti pericolosi come Bds. Molti ragazzi desiderano contribuire alla vita comunitaria e sentirsi parte attiva e non restare ai margini del tessuto sociale. Consiglierei ai giovani di essere più coraggiosi riguardo a certe tematiche, di esporsi maggiormente vincendo le comodità del quieto vivere in nome di qualche sana discussione”.