Channukkà giorno 7. Analogie e differenze con Purim, altra celebrazione di salvezza del popolo ebraico

Ebraismo

di Rav Giuseppe Laras

hannukah-purim

n occasione della festa di Channukkà, pubblichiamo otto pensieri scritti da Rav Giuseppe Laras sui significati della festa. Questo il sesto. QUI il primo. QUI il secondo. QUI il terzo. Qui il quarto. QUI il quinto. Qui il sesto.

Nella loro diversità, esistono tuttavia dei significativi punti di contatto tra Purìm e Hanukkhah.

Entrambe le feste sono ambientate in un contesto ebraico ampiamente esposto all’assimilazione, alla ricezione -priva dell’auspicabile e necessario vaglio da parte degli ebrei- di idee, valori e pratiche estranei all’ebraismo, talora persino incompatibili con quest’ultimo. In entrambe le festività si ricorda sia una resistenza ebraica sia la salvezza effettiva di ‘Am Israel. Tanto a Purìm che a Hanukkhah vediamo messe in atto da alcuni singoli esponenti -o da gruppi- del nostro Popolo strategie efficaci, ancorché talvolta in extremis, di sopravvivenza, adattamento e rinnovata crescita e coscienza di sé. In entrambe le feste, infine, vediamo corrisposta da parte del Santo e Benedetto l’iniziativa del Popolo di Israele, che Si manifesta misteriosamente come nostro Padre, nostro Re, nostro provvidente Liberatore e Redentore.

A Purìm vi è l’obbligo (la mitzvah) di consumare un lauto pasto festivo; a Hanukkhah di recitare quotidianamente l’Hallel di lode e ringraziamento a Dio. Perché in un caso vediamo maggiormente sottolineato un aspetto “materiale” e nell’altro, invece, un aspetto “spirituale”? A Purìm fu drammaticamente e radicalmente messa a repentaglio l’esistenza fisica di tutti gli ebrei e, conseguentemente, l’insistenza della mitzvah è appunto focalizzata su un aspetto materiale essenziale per la vita: il cibo. A Hanukkhah, invece, fu esposta a un colpo ferale in primo luogo l’esistenza spirituale del nostro Popolo e, di conseguenza, la precettistica insiste anzitutto sulla dimensione simbolica e ideale: l’accensione della Hanukkhiah e la recita dell’Hallèl. Nel primo caso, una “gioia” corporea, legata all’assunzione di cibi gustosi; nel secondo caso, una “gioia” eminentemente spirituale.

Vi è un ulteriore motivo per cui a Hanukkhah si recita l’Hallèl e a Purìm no. In Persia, dopo la vittoria, gli ebrei rimasero tuttavia dipendenti dalle disposizioni più o meno benevole nei loro riguardi dei governanti dei Paesi in cui dimoravano e dagli umori delle popolazioni maggioritarie. A Hanukkhah noi celebriamo una risoluzione determinante e fondante, quella per cui gli ebrei raggiunsero una effettiva e reale indipendenza, con un relativo controllo progettuale in relazione al presente e al futuro di loro stessi e dell’intero loro Popolo. Questo si chiama oggi in tre modi diversi, complementari e irrinunciabili: scuole e alta, continua e competitiva formazione, yeshivòth e Stato di Israele.

Vorrei concludere la riflessione odierna con una particolarità halakhica che concerne le mitzvòth di Purìm e di Hanukkhah, festività stabilite entrambe dai nostri Maestri, di benedetta memoria. Nella berakhah che recitiamo a Purìm prima della lettura della Meghillah, benediciamo Dio “che ci hai comandato di leggere la Meghillah”. A Hanukkhah, invece, benediciamo Dio “che ci hai comandato di accendere i lumi di Hanukkhah”.

A rigore, vi sarebbe un problema: non è stato Dio a darci queste precise mitzvòth, ma i Maestri di Israele. Non si tratta, infatti, di mitzvòth comandate dalla Torah, ma di precetti fissati dai Rabbini successivamente.

Questo che cosa attesta e significa? Che cos’è questa specificità, unica e fondamentale per la fede e la Tradizione vivente di Israele? Come ho già anticipato, l’azione umana salvifica di auto-riscossa e auto-tutela è corrisposta da Dio in seno alle dinamiche misteriose e solenni del patto di Alleanza tra il Santo e Benedetto e il Suo Popolo. Essendo la voce della Torah echeggiante ogni giorno dal Monte Sinai, ne consegue che è preciso potere e dovere dell’uomo oggi contribuire all’accrescimento, all’implementazione, al farsi storia concreta, vissuta e praticata della Torah di generazione in generazione. Questo lavoro delicatissimo ed entusiasmante è affidato alla Halakhah, ed è il contribuito umano alla Rivelazione divina. È con questa convinzione e a buon diritto, quindi, che a Purìm e Hanukkhah recitiamo così le nostre benedizioni.