KKL: la Shmità e l’etica ambientale ebraica protagonisti all’Expo

di Daniela Cohen

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Wadi Attir

L’anno 5775, corrispondente al 2015 ovvero l’attuale anno ebraico, non solo è un palindromo, cioé si legge sia da destra sia da sinistra e appare sempre uguale, includendo in sé un valore che l’ebraico interpreta spesso con un alto valore simbolico, ma è pure un anno sabbatico, ovvero Shmità. L’anno in cui tutta la terra riposa assieme ai coltivatori, che devono aver lasciato nei magazzini prodotti a sufficienza per nutrirsi fino all’anno seguente. Il Padiglione Israele dell’Expo Milano ha scelto di presentare alcune conferenze aperte al pubblico dedicate all’Etica Ambientale Ebraica: la Shmità. Se n’è parlato il 7 e 8 luglio in riferimento alle connessioni tra l’ebraismo e l’etica di sviluppo ambientale e il 9 luglio si è svolto un seminario organizzato da KKL col Ministero dell’Economia di Israele e il Parco del Mincio sul tema Best Practices in Multi-Purpose Land Use, dedicato ai ‘Paesaggi Globali’. Di questo vi riferisco: hanno partecipato personaggi come Anat Gold, Natalie Gutman-Chen, Chanoch Zoref, Gloria De Vincenti e Aviram Zuch, mentre un ottimo pasto è stato offerto attorno all’ora di pranzo.

La giornata si è aperta con un saluto di Anad Gold, donna forte, decisa e dal piglio simpatico: è direttore della Divisione Progetti della Regione Meridionale d’Israele. Lavora da quasi vent’anni al JNF, il Fondo Nazionale Ebraico del KKL. Ha studiato geografia e sviluppo ambientale all’Università Ben Gurion, è sposata con due figli. Sa bene quel che dice e lo vive sulla propria pelle, amando fortemente il suo paese e quanto possa offrire. “Le nostre attività” ha spiegato Anad, “sono coordinate con esercito, Autorità delle Antichità, Autorità del Drenaggio, autorità della Natura e dei Parchi, ministeri governativi, autorità locali e un gran numero di altri enti. Il mio lavoro però mi permette di vedere come una regione potrà diventare nel futuro e mi spinge a partecipare nel ruolo dello sviluppo del Negev. Già negli ultimi 20 anni in cui ho vissuto qui, ho visto cambiamenti enormi”. Un’introduzione che ricorda come sia difficile lavorare su un territorio complicato come Israele.

Natalie Gutman-Chen, capo del Progetto Economia e Commercio a Milano per l’ambasciata d’Israele, ha ricordato che oggi si vive molto di tecnologia e ha introdotto la collaborazione con il Parco del Mincio grazie all’esperienza di Israele nel trattare argomenti territoriali e la loro sostenibilità. “A metà ottobre” ha raccontato una entusiasta Nathalie, “ci sarà in Israele una Fiera importante, “Water”, un’esposizione internazionale a ciclo biennale cui parteciperanno oltre 100 aziende israeliane. E’ un convegno sulle sfide idriche a livello mondiale. I programmi di finanziamento europei con funzionari dell’Unione Europea sono pronti e a Milano si formerà una delegazione italiana commerciale per organizzare la visita”. La signora Gutman-Chen ha ricordato che si debbono aiutare tutte le partnership a sviluppare le migliori collaborazioni sia commerciali che tecnologiche ed economiche, ricordando che la scorsa pasqua ha visto in Israele 800 mila visitatori che hanno visitato foreste e parchi.

Ha poi preso la parola Chanoch Zoref, manager del distretto forestale delle Foreste Collinose di Gerusalemme per il KKL-JNF e ha parlato della foresta che si divide in due tipi: quella a formazione vegetale, dove ci sono più di mezzo ettaro per alberi alti almeno 5 metri e l’altro, molto più grande ed esteso. Per spiegare il suo lavoro ha detto che, come Unità Manageriale, qualunque area debba seguire un progetto fino in fondo, compresi gli eventuali cambiamenti. “Un tempo si seguiva il concetto di semplicità e uniformità” ha raccontato mostrando delle slides sul telone, utilizzato da tutti i relatori. “Ora si parla di diversità e complessità, è un nuovo approccio. Usiamo oggi anche il ‘patchiness’, una specie di mosaico vegetale”, bellissimo visto dall’alto come dimostrano le foto a disposizione per le forme e i colori generali. “In passato si tagliava la legna, ora si tende a conservare. Lo scopo principale della forestazione e fornire una varietà di servizi ecosostenibili ai cittadini israeliani. Questo è il servizio fornito da KKl”. E ci ricorda che c’è un obiettivo, il Goal-oriented and sustainable Planning Process.

Vale a dire che si parte da un’area considerata nel suo stato corrente, si considera la terra designata per lavorare con un progetto, si creano i desideri di cambiamento, si lavora sul progetto per almeno 10 anni prima di ottenere un Forest Plan e dopo 25 anni si raggiunge il Master Plan. E’ un lavoro che include l’eredità culturale usando l’archeologia, i resti antichi, la molteplicità d’utilizzo dell’area, spazi ricreativi, assetti naturali. Inoltre si lavora sugli spazi aperti con tipi di vegetazione forestale sia esistente sia desiderata. Chanoch Zoref spiega come certi tipi di orchidee protette rivelano aree tradizionali antichissime, a cui si possono affiancare specie compatibili ma diverse. Tutto cambia a seconda della localizzazione, dal punto di visto storico, sociale e culturale. Un lavoro davvero affascinante. Zoref è stato tra i cinque firmatari che lo scorso anni ha firmato la creazione della Forest Management Policy of Israel, con tanto di linee guida per la progettazione e il management.

Si continua con Anat Gold, la simpatica direttrice del Dipartimento Progetti per le zone meridionali del KKL in Israele e ci parla di Negev. E’ il caso di ricordare che la Gold dirige un dipartimento professionale specializzato, è affiancata da alcuni collaboratori compreso uno architetto e un coordinate di progetti statuari, con i quali affronta simultaneamente fino a 150 progetti di diverso genere, sia dentro che fuori le aree forestali. Tanto per capirci. “Il Negev copre il 60% del territorio israeliano ma solo l’8% dei cittadini vi abitano” inizia lei affrontando subito la questione. “Le poche cittadine sorgono vicino a fiuni e ruscelli che d’estate sono quasi sempre secchi, detti Wadi. Beersheva è la cittadina più popolosa con i suoi 200 mila abitanti, ma fino al 2000 si può dire che c’erano enormi immondezzai a cielo aperto, finché è nato il Master Plan per ottenere un lago artificiale e creare un nuovo sistema abitativo in mezzo al deserto, con aree ciclabili, parchi, una foresta, auditorium, anfiteatri per concerti all’aperto, ponti. Il parco urbano della città, che si sta trasformando completamente, va ancora conessa a tutta la cintura periferica cittadina”.

C’è poi Rahat, la più grande cittadina beduina del Negev con 60 mila abitanti, insediata tra due fiumi wadi. Anche quisi sta realizzando un progetto importante come per il Netivat Bohu River, creato per proteggere il wadi. “Infine” conclude Anat Gold, “c’è il master plan per Netivot, un’area come quella di Shegev Shalom-Tzon River Park. “si comincia sempre col pulire, ristabilitare i wadis, strutturare nuove realtà. Tutto questo è possibile grazie al KKL e se c’è chi crede che il deserto non si debba toccare, sappiamo da scavi archeologici che il Negev era abitato e usato da gente già seimila anni fa. Beersheva è dove nacque Abramo! Noi dobbiamo prevenire la desertificazionee la corrosione continua dei terreni. Dobbiamo lavorare considerando che partiamo da una savana. Al nord tutto è diverso ma se fai qualcosa, c’è sempre chi dirà che non gli piace il cambiamento. Se non fai niente allora va bene? Non è così che vogliamo vivere”.

Gloria De Vincenti, coordinatrice del Parco del Mincio, considerato un paradiso da proteggere, prende la parola e racconta subito che nei pressi di Mantova, grazie a questo magnifico luogo che vediamo in foto e video, ci sono già 229 specie di diversi uccelli: il Parco è divenuto la casa dei fenicotteri, di cicogne e altre speci. Piante ed erbe si conservano qui, come le ninfee e speci di orchidee locali. Si visita in bici e con canoe lungo il Mincio, ci sono attività per studenti, esistono speciali vie ciclabili da Mantova, città perla del Rinascimento, da visitare coi suoi palazzi e monumenti unici prima o dopo essere stati al parco. E’ la più grande zona umida d’Italia e d’Europa, essendo in parte artificiale, costruita nel medioevo con lavori idraulici che hanno creato paludi per far crescere le canne palustri. In passato si pescava e si cacciava in questo parco, oggi l’inquinamento ha costretto a farne uso solo per il turismo, essendo oggi area protetta anche dall’Unesco. Ci sono però grossi problemi anche in Pianura Padana: l’acqua del Po e degli affluenti serve a irrigare campi e vi sono riversati dei rifiuti tossici. “Oggi è impossibile fare il bagno nel MIncio” afferma la De Vincenti, “ma è il nostro obiettivo, per proteggere l’ecosistemae produrre prodotti di qualità, migliorare la vita di tutti. Bisogna riportare ossigeno nell’acqua e ripulire i fondali, ridurre l’acqua tolta alle zone umide”. Nasce così il Contratto per il fiume: il Parco vuole giungere a un accordo con soggetti pubblici e privati per inventare sistemi innovati per migliorare la qualità dell’acqua e dell’ambiente, attraverso il ‘Life Natural Project’ a cui partecipa il KKL.

L’ultimo relatore del primo blocco risponde in gran parte a questi questiti. E’ Aviram Zuch, direttore regionale dell’Upper Galilee and Golan Heights oltre che supervisore delle Foreste israeliane per il KKL-JNF. Fornisce i numeri precisi di quanta acqua sia disponibile e a quante persone può provvedere (4133 metri cubi per una domanda di 1850 milioni di metri cubi). L’area principale dove si possiedono risorse d’acqua è la Hula Valley, che raccoglie acqua dal fiume Giordano. Quando fu fondato lo Stato d’Israele, 70 anni fa c’erano seimila ettari coperti di laghi e paludi e si contraeva la malaria. Negli anni ’50 si è prosciugata l’acqua per dare la terra all’agricoltura col KKL ma questo ha provocato la scomparsa di flora e fauna, oltre a rendere il terreno difficile da coltivare, preda di incendi ed erosione del vento. Arrivavano forti inquinamenti di fosfato fino al Mar di Galilea. Csoì dal 1994 e fino al 1997 sono stati rinnovati 90 kl. Di canali per riportare l’umiditò a livello dell’acqua con strutture idrauliche, con irrigazioni e una grande barriera idraulica sotterranea per creare un lago artificiale, riserva d’acqua permanente. In futuro sarà un hub turistico. Il Progetto Hula prevede una manutenzione continua e, grazie a questo, le acque hanno già migliorato la loro qualità, flora e fauna sono tornate e a svilupparsi.

Un Master Plan prevede un villaggio turistico che vedrà canoe, infrastrutture per piste ciclabili ed ecoturismo, fra le altre idee. Il Parco Hula si trova al centro di passaggi migratori e oggi vede milioni di uccelli che vi passano, con 400 tipi diversi di pellicani, svariati falchi. “Perciò abbiamo favorito la creazioni di punti di avvistamento per birdwatching, insieme ai percorsi per avvistare piante rare e fiori unici” aggiunge Zuch, con un largo sorriso soddisfatto. “Ci sono Festival dedicati alla pittura e ad altre attività artistiche che invitiamo da noi per tutti gli amanti della natura e fra due anni sarà pronto un nuovo Visitor Centre dall’architettura splendida. Cocludo mostrandovi il Certificato di Eccellenza che TripAdvisor ci ha dato per il 2015 a nome di tanti visitatori felici e ricordo che esiste un programma di monitoraggio per la qualità di tutto ciò che facciamo”.

L’ecoturismo è diventato un’attività economica importante, genera turismo, ricerca, alimentazione più sana, guadagni sempre maggiori con l’aumento del 17% in più di visitatori ogni anno. La Galilea ha 45 mila abitanti che vivono di agricoltura e turismo e oggi il Parco contribuisce molto all’economia locale, decuplicata in pochi anni. Le gru, migratori dalle lunghe zampe, sono animali che facevano sosta qui da e per l’Africa ma ora sono praticamente stanziali: non vogliono più andar via tanto gli piace il cibo e l’acqua dalla qualità eccellente. Per evitare di far danno agli agricoltori con il loro beccheggiare invernale, si è deciso di creare un progetto solo per loro, con una zona apposita dove trovare cibo anche d’inverno e dirottarli dal saccheggiare i campi coltivati a riposo. Si è messo a disposizione un budget di 600 mila euro per realizzare questo progetto: le gru restano e così si può continuare a cooperare con le fattorie della zona senza danneggiare nessuno.

E a questo punto ci si è fermati per un pranzo all’aperto delizioso e sostanzioso, con tanta frutta ma pure i maccheroni alle melanzane, compreso bevande fresche e il caffè. Al rientro in sala, ha preso la parola Mariagrazia Falcone, direttrice alle pubbliche relazioni e ai rapporti con la stampa del Ministero del Turismo israeliano, sede di Milano. Ha parlato dei siti Unisco che sono una diecina e che vengono usati per proposte turistiche. “La sua massima eccellenza” afferma la Falcone, “sono i siti protetti dall’Unesco, quasi undici”. E infatti ancora in fase di accettazione la parte israeliana di Gerusalemme, ma dieci siti sono ormai da anni protetti. “Bahai, Haifa e il Nord Galilea dal 2008 sono riconosciuti siti archeologici, storici e spirituali, come il Tempio Bahai, costruito da una religione nota come ‘Culto dei Giardini’, poco distante dal mare”. Una curiosità: i templi bahai non sono destinati all’uso esclusivo dei bahai ma sono aperti a tutti, indipendentemente dal credo professato e senza distinzione di sesso, etnia o nazionalità e questo principio è enfatizzato nelle scritture sacre bahai.

“Poi ci sono i Tels, ovvero le colline” prosegue Mariagrazia. “e fanno parte della tradizione biblica, come Megido, Hazor, Tel Hazor. Megido è il luogo dove si svolge l’Armageddon, in Galilea del Nord. Sono dell’Unesco dal 2005 mentre nel 2007 vi è entrata Beersheva, nota come area del deserto con presenze antiche canaanite ed egiziane. Quindi ci sono le cave di Maresha e Bet Govan ib, cave e grotte a testimonianza di antichità. Dal Nord al Certro e fino al Sud si giunge alla Via delle Spezie o dell’Incenso: Petra. Nel Negev c’è anche il Porto di Ashkelon, il Porto di Cesarea dove passano le Vie delle Spezie, con Ottar, Mamshit, e lìultimo sito Unisco del 2008. Masnada invece è una delle nove fortezze costruite da Erode, una è a Cipro le altre in Israele. Masnada, Unisco dal 2001, vale da sola un viaggio in Israele. Vi si rifugiarono i Zelati i quali, dopo due anni di assedio dei romani, prima di essere catturati uccisero i loro familiari e si suicidarono. Sono il simbolo della resistenza ebraica”. Non è finita: c’è Acre, città antica e l’evoluzione umana nelle grotte del Monte Carmel: Nahal Me’arot, poi il Wadi el-Mughara, caverne che, si dice, risalgono all’uomo di Neanderthal. Infine Tel Aviv, la ‘città bianca’. Di recente il comune ha molto investito per restaurare proprio questo tipo di case e i loro terrazzi”.

Inutile dire che la voglia di fare visite specifiche sia tra i parchi, le foreste, le città e i siti protetti dall’Unesco è una forte spinta… finché si rientra a Milano col metrò, con un caldo piuttosto asfissiante ma tanti sogni nella testa.