Trump, l’antisemitismo e gli ebrei americani

Opinioni

di Giorgio Gomel

donald trump“ … Per secoli gli ebrei sono vissuti come minoranza nelle terre di altri popoli… Come ebrei americani siamo fieri di avere concorso al tragitto che la nostra nazione ha compiuto per adempiere alla promessa che gli essere umani sono creati eguali – una promessa che rinnova il postulato biblico che gli esseri umani sono creature eguali ad immagine di Dio … Condanniamo fermamente i molti episodi di antisemitismo che hanno circondato la sua campagna elettorale. Siamo inoltre sgomenti per le parole e gli atti che hanno offeso cittadini americani in ragione del genere, razza, religione, etnia, disabilità o orientamento sessuale. Espressioni di xenofobia, islamofobia, misoginia intorno alla sua campagna minacciano di compromettere i valori fondanti della nostra nazione. Come Presidente, ci aspettiamo che rigetterà con assoluta chiarezza ogni forma di antisemitismo e che osserverà i principi di libertà religiosa che sono alla base dell’identità dell’America. … Riteniamo che  l’immigrazione  e l’integrazione degli immigrati   siano state un fattore essenziale nel dare forza e prosperità al paese. Proprio perché molte delle nostre famiglie giunsero nel paese fuggendo dalle  persecuzioni – e molti morirono per la chiusura dei confini – lottiamo per difendere l’identità dell’America come luogo di rifugio…Noi, come una maggioranza schiacciante di ebrei americani, appoggiamo una soluzione a due stati del conflitto israelo-palestinese… Ci aspettiamo che lo stato di Israele rispetti i principi della democrazia, come affermati nella Dichiarazione di indipendenza, e che gli stati Uniti svolgano un ruolo attivo nella difesa di quei principi…La sua decisione di nominare Stephen Bannon come chief strategist è contraria a quei principi e deve essere annullata in nome del popolo americano …”.

Così recita la lettera inviata a Donald Trump da organizzazioni ebraiche della “sinistra”; fra queste, Jstreet, New Israel Fund, Peace Now, Hashomer Hatzair, T’ruah – un movimento rabbinico attivo nella difesa dei diritti umani. Altre organizzazioni più “mainstream” come l’AIPAC e l’American Jewish Commitee sono rimaste silenti almeno nell’agone pubblico. La Anti-defamation League, pur non essendo fra i firmatari, ha assunto una posizione fortemente critica contro i rigurgiti antisemiti manifestatisi nella campagna elettorale e la nomina di Bannon, direttore della campagna di Trump e di Breitbart, un sito di notizie accusato di razzismo, xenofobia e antisemitismo.

Chemi Shalev, corrispondente di lunga data di Haaretz dagli Stati Uniti, ha scritto che il rapporto irenico fra gli ebrei americani e il loro paese si è rotto.  Trump è agli antipodi rispetto alle opinioni prevalenti fra gli ebrei americani,  dove i “liberals” sono maggioritari, su questioni come l’immigrazione, il pluralismo  religioso, la giustizia sociale, la separazione fra stato e chiesa,  temi che secondo un sondaggio svolto  appena dopo il voto contano, insieme all’economia, alla sanità, al terrorismo, assai di più nell’orientare le scelte  che non  i rapporti fra Stati Uniti e Israele  per  il 70  per cento di elettori  ebrei che hanno votato per Clinton.

Del 24 per cento di elettori ebrei che hanno votato per Trump  – un numero percentualmente analogo   votò per Bush nel 2004 e McCain nel 2008,  il 30 per cento scelse Romney contro Obama nel 2012 –  alcuni sono conservatori “classici”; altri gravitano, nelle interpretazioni prevalenti, soprattutto nel mondo ortodosso.  Secondo il sondaggio sopra citato, infatti,  il 21 per cento degli ebrei riformati avrebbe votato per Trump, il 25 percento dei “conservative” e il 39 per cento degli ortodossi. L’antisemitismo non è per costoro così importante quanto la difesa di Israele e l’ostilità verso arabi e mussulmani.  E’ possibile quindi accettare le lusinghe tentatrici di una destra che ha sì pregiudizi e istinti antisemiti, ma che è  saldamente filo-israeliana.

Peter Beinart, autore di un saggio fondamentale  (The crisis of Zionism, 2012, ) sostiene che alla radice dello spostamento dell’opinione ebraica verso posizioni più etnocentriche, più precisamente “israelo-centriche” vi siano  due fattori : il crescere del peso demografico della comunità ortodossa  e dell’influenza politico-finanziaria  di grandi donatori ebrei come Adelson di simpatie repubblicane, difensori partigiani della destra in Israele, poco  sensibili ai temi del razzismo o della diseguaglianza sociale e  da cui dipendono  molti organismi  e movimenti ebraici  per le loro attività comunitarie. In sintesi, l’unico  o quasi tema mobilitante è per costoro il sostegno acritico al governo di Israele, e il futuro degli ebrei nel paese va assicurato perseguendo   gli interessi particolari  della tribù invece di lottare contro le iniquità e le discriminazioni religiose, etniche e sociali  di cui soffrono le altre minoranze nella società americana.