Neil Simon

Morto Neil Simon, omaggio al geniale autore ebreo americano de “La strana coppia”

Taccuino

di Roberto Zadik
Quando i grandi personaggi scompaiono, la notizia subito attraversa il mondo e omaggi e ricordi si sprecano. Ma in questo blog non mi occupo solo di ricordare ma anche di svelare aspetti sconosciuti e originali, magari trattati dalla stampa straniera e non nostrana, spesso molto impersonale e un po’ fredda a livello biografico. Ebbene domenica 26 agosto, dieci giorni dopo Aretha Franklin, si è spenta un’altra leggenda statunitense come il drammaturgo e sceneggiatore Neil Simon, a 91 anni, a quanto pare affetto da varie malattie, da problemi polmonari al morbo di Alzheimer.

Quale la sua identità ebraica?

In questo senso ho trovato alcuni interessanti omaggi, come un recente articolo del Jerusalem Post. Ebreo newyorchese, brillante, inquieto e intellettuale, dall’irresistibile vena comica ma anche intimista, sensibile e emotivo, esponente di punta dello humour ebraico americano e laico convinto, come ricorda il JP,  Simon ha vissuto una vita intensa e una lunga e luminosa carriera, ispirandosi a autori come Charlie Chaplin, Buster Keaton o i due comici Stanlio e Olio. Commediografo e sceneggiatore per il teatro, il cinema e la tv fra i più prolifici di tutti i tempi, scrisse oltre 40 commedie, diventò una star nonostante i critici inizialmente smontassero le sue commedie definendole troppo commerciali o sentimentali, raggiunse l’apice del successo fra gli anni 50’ e i ’70.  Non posso certo dimenticare il suo capolavoro “La strana coppia” che divenne il fortunato film del 1968 di Gene Sacks con la celebre accoppiata Matthau-Lemmon, tramutandosi in piece teatrale in vari Paesi, in Italia ottenne buon successo nell’interpretazione dei comici Zuzzurro e Gaspare, divenuti famosi negli anni 80’ grazie al “Drive in”. Altri suoi famosi adattamenti cinematografici sono “A piedi nudi nel parco” cult anni 60 con Robert Redford e Jane Fonda e “Appuntamento al Plaza” diretto dal bravo Arthur Hiller, regista del celebre “Love story” trama estremamente intensa e tragica con un bravissimo Ryan O’Neal.

Laico ma a modo suo molto ebreo e newyorchese, come altri grandi autori, da Woody Allen a Kubrick, ossessionato dall’idea di divertire, egli in una sua intervista disse “il mio obbiettivo è di far ridere talmente tanto il pubblico da farlo cadere per terra”.  Oltre alla sua vita professionale, molto movimentata anche la sua sfera privata, con ben cinque matrimoni, fra cui la ballerina Joan Baim con cui visse 20 anni e morta di cancro nel 1973, e numerosi premi e riconoscimenti importanti. Ammirato da presidenti e personaggi importanti come dal grande pubblico, egli venne elogiato nel 1995 dal presidente Clinton che nel suo discorso sottolineò la sua verve “come sempre Neil Simon ci spinge a non prenderci troppo sul serio. Grazie per il tuo spirito e la tua saggezza”. Spiritoso, brillante ma anche inquieto e malinconico,  nelle sue commedie inseriva diversi riferimenti autobiografici, con personaggi tormentati dalla sue stesse nevrosi, continuando a scrivere e a creare nuove trame, “come se fossi un flipper” come disse scherzando. Segnato dal divorzio dei genitori, nato il 4 luglio 1927 (Cancro) e dalle difficoltà economiche e caratteriali della sua famiglia, piuttosto povera e dominata da una madre dal carattere autoritario, Simon presto venne attratto dall’umorismo, dal cinema e dallo spettacolo come fuga da quella difficile quotidianità.

Molto poco si sa invece del “lato ebraico” di questo autore e delle sue posizioni sul’ebraismo o su Israele. Su questo la sezione a lui dedicata sul sito www.celebatheist.com rivela alcune opinioni molto laiche ma interessanti di questo autore apparentemente spensierato ma in verità esistenziale e profondo. In una sua biografia, stando a quanto riportato, egli disse “non sono mai stato ateo o agnostico ma mi sono sempre sentito ebreo”. In conclusione, il sito www.aish.com sottolinea come le sue commedie fossero caratterizzate da uno humour “molto ebraico” graffiante e esistenziale, un po’ alla Woody Allen. Nonostante questa sua attenzione verso la propria ebraicità egli non si espresse mai troppo. Nè religiosamente nè politicamente rivolgendo massima attenzione alle dinamiche famigliari e psicologiche dei suoi protagonisti, scrivendo “delle piccole guerre individuali che poi diventano grandi” come sottolineò una volta e diverse volte descrisse personaggi e situazioni del mondo ebraico. Egli rappresenta l’archetipo di ebreo americano di oggi, come ricorda l’articolo su Aish, “in un periodo di declino dell’identità ebraica in America dove secondo le stime del 2013 solo il 15 percento degli ebrei americani è religioso”. Molto contraddittorio nei suoi sentimenti riguardo all’ebraismo, egli raramente parlò di Shoah o frequentava le preghiere e pare che suo padre lo costringesse a pregare in ebraico, nonostante lui non sapesse leggerlo o che entrando in una chiesa una volta per pregare, sentì che Dio gli dicesse di “non farlo mai più”. I confini fra serietà e battute in lui furono sempre molto sottili e con le sue trame descrisse nevrosi, sentimenti e emozioni sempre attuali in ogni generazione e epoca trattando di problemi come crisi di coppia, depressione, senso di inadeguatezza e alienazione dell’ebreo americano e dell’uomo contemporaneo.