La Passione di Giosuè l’Ebreo

Spettacolo

A parte il titolo e qualche preghiera e canto, di ebraico non c’è quasi nulla. La passione di Giosuè l’ebreo, l’ultimo lavoro di Pasquale Scimeca che ha suscitato tante poleòiche a Cannes, non è un film brutto, neppure molto crudo (solo le scene finali, penso molto più soft di quelle del film di Gibson), ci sono alcune belle scene, la nave, la tempesta di neve, l’intreccio è buono: la storia, ambientata alla fine del XV secolo, è quella di un giovane giudeo spagnolo che viene cresciuto con l’idea di essere il Messia e che alla fine viene ucciso tra l’isterismo dei cristiani, proprio come il loro Messia.

Alla luce delle mie conoscenze non mi pare che vi siano errori storici, anche se fra i titoli di testa non figurano consulenti né di storia né di religione; la ricostruzione della cacciata degli ebrei dalla Spagna è sobria anche se vista non come scena di massa ma solo come quella di un simbolico gruppetto di fuggiaschi, e l’arrivo in Italia forse è un episodio storico autentico.

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Può essere un film di denuncia per il versante cristiano, l’ipocrisia, i battesimi forzati ottenuti a suon di pagnotte per gli affamati, la cattolicissima Isabella. E poi i soliti monsignori inquisitori cattivissimi perché spaventati all’idea di perdere il potere. Sicuramente non è un film con bocconcini avvelenati antisemiti. E allora? Secondo me è un film ‘per loro’, non per noi, perché non aggiunge niente a quello che conosciamo già. Può essere un film interessante, anche se la sera in cui l’ho visto – mercoledì c’era lo sconto al cinema – in sala eravamo solo in cinque persone.

Questa la vicenda: Nell’anno domini 1492 un giovane ebreo di nome Giosuè viene espulso, assieme al suo popolo, dalla Spagna. Dopo una serie di avventure arriva a Napoli. Ma anche da qui è costretto a fuggire, perché l’odio antigiudaico si è ormai diffuso ovunque. Approdato in Sicilia va a vivere in un villaggio di carbonai fondato da ebrei che sono stati costretti a convertirsi al cattolicesimo. Un giorno, si reca nella vicina città di Hassin, dove vince una gara di erudizione. Come premio viene scelto per interpretare la figura di Cristo nella sacra rappresentazione della passione. Si immedesima così tanto nel ruolo che l’Inquisitore (che ne ha intuito le origini) decide di farlo uccidere. Così, come il suo antenato ebreo 1500 anni prima, finisce per essere crocifisso, perché il Potere sempre e comunque non sopporta la Verità né tanto meno chi la rappresenta e la professa.