Da Israele un esame del sangue per diagnosticare l’Alzheimer

Salute

di Carlotta Jarach

alzheimerTEL-AVIV- Un semplice esame del sangue potrà in futuro diagnosticare il morbo di Alzheimer: è quanto emerge dagli studi congiunti dell’Università di Tel Aviv, il Rambam Medical Center di Haifa, affiliato al Technion, e la statunitense Harvard.

L’articolo pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Disease dai tre centri di ricerca rappresenta un passo fondamentale per ulteriori studi nell’ambito della diagnostica del morbo. Esso infatti sottolinea l’importanza della proteina ADNP (activity-dependent neuroprotective protein) quale biomarcatore della sindrome.

Come tutti sappiamo, i pazienti che soffrono di Alzheimer conducono una vita più o meno invalidante, a seconda della fase della patologia. Ad ora le tecniche diagnostiche sono essenzialmente test neuropsicologici che valutano i deficit cognitivi, o costosi e complessi analisi di neuroimaging: tuttavia la conferma istopatologica è possibile solo post mortem, attraverso l’individualizzazione di placche di beta amiloide. Anche il trattamento farmacologico è ancora lontano dall’essere perfetto, e più che guarire mantiene lo status quo del malato.

Lo studio
La proteina ADNP è essenziale per la formazione cerebrale ed è da anni un possibile candidato per migliori diagnosi e terapie per le sue proprietà neuroprotettive, ma i ricercatori israeliani per primi ne hanno sottolineato l’importanza nell’ambito del morbo di Alzheimer.

Cercando di entrare più nel dettaglio, lo studio è diviso in tre parti: nella prima, condotta a Boston, sono stati prelevati campioni di sangue da 40 anziani sani, e si è osservato come ci fosse una correlazione lineare tra il loro quoziente intellettivo e la presenza della proteina nel campione. Più alta era la concentrazione della proteina ADNP, più alto era il loro QI. Nella seconda fase, sempre ad Harvard, i ricercatori hanno indagato la concentrazione delle placche amiloidi di quegli stessi 40 anziani. Infatti, nonostante le placche siano caratteristica dei malati di Alzheimer, la beta amiloide si trova in piccola percentuale anche nell’individuo sano. Dal confronto tra beta amiloide e l’mRNA di ADNP si è così scoperto che più alto è il livello di quest’ultima nel sangue, migliori sono le capacità cognitive: questo perché basse presenze di mRNA sono correlate ad una maggiore quantità di beta amiloide.

Il contributo di Israele
Si arriva così alla terza fase, condotta a Haifa: qui i ricercatori si sono concentrati sui pazienti affetti realmente dalla patologia, confrontando 17 soggetti affetti da demenza, con 11 sani e 15 con decadimento cognitivo lieve. I risultati hanno mostrato che nei linfociti dei malati la quantità di mRNA codificante ADNP è otto volte superiore che nel controllo, dando prova così che la proteina è un chiaro indicatore biologico della malattia.

Perché questo studio è importante?
Sebbene siamo ancora lontani da un metodo diagnostico comprovato e efficace, essendo necessari studi su larga scala, questa scoperta rappresenta la base per ulteriori ricerche. Se queste infatti dovessero concordare con i risultati preliminari, sarà possibile sviluppare un test per identificare efficacemente il marcatore da un singolo e indolore prelievo di sangue. In questo modo ci si avvicinerà sempre di più ad un intervento tempestivo e un trattamento preventivo della patologia, con significativi miglioramenti per la vita del paziente.

@CarlottaJarach