Se l’Unesco requisisce i patrimoni della storia ebraica

Opinioni

di Fiamma Nirenstein

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La Tomba di Rachele a Betlemme

Pubblichiamo l’intervento di Fiamma Nirenstein sulla decisione dell’Unesco di considerare come patrimonio musulmano le tombe di Rachel (Betlemme) e dei Patriarchi (Hebron), e sulla richiesta di alcuni Paesi arabi, poi non accettata nella risoluzione, di considerare il Muro del Pianto come parte della Spianata delle Moschee.

Ci provano e ci riprovano a cancellare il legame millenario del mondo ebraico con la sua più certificata e indispensabile origine nella terra d’Israele, anche se alla fine i palestinesi hanno dovuto rinunciare a presentare la mozione con cui chiedevano all’Unesco di riconoscere il Muro del Pianto come parte integrante della Moschea di Al Aq sa. Sì, avete capito bene, avevano pianificato di incamerare il più grande monumento al passato degli ebrei, il maggiore simbolo del loro attaccamento a Gerusalemme in territorio di dominio islamico. Non è cosa da poco: si tratta della conquista simbolica del luogo più santo alla tradizione religiosa ebraica, un’aggressione culturale e morale di prima grandezza. E anche di una mossa intelligente dato che fin’ora il voto dell’organizzazione dell’ONU per l’educazione scientifica e culturale è stato sempre molto compiacente.

Infatti per il Muro del Pianto non è andata e all’ultimo momento la mozione è stata corretta perché si sono tirati indietro persino Russia, Cuba e Cina, gli abituali alleati dell’offensiva che disegna i palestinesi come eredi legittimi della tradizione dell’area.Tuttavia con 26 voti favorevoli, 5 contro e 23 astenuti sono stati attribuiti ai palestinesi due siti fondamentali per la trazione ebraica. Il primo è la Tomba di Rachele, un piccolo, element are monumento commovente fuori di Betlemme: Rachele è una delle quattro madri d’Israele, e la casa che funge da sepolcro un luogo ancora più caro agli ebrei perché secondo la tradizione ogni donna che desidera un bambino deve compiervi un fruttuoso pellegrinaggio.

Il secondo sgarro storico e religioso l’Unesco lo fa con la Tomba dei Patriarchi a Hebron, dove si venera da millenni la memoria di Abramo, Isacco e Giacobbe, di cui niente di più biblico si può immaginare. Oltre a queste fantasiose attribuzioni dell’Unesco, la mozione continue una serie di condanne allo Stato ebraico, che propalano una quantità di bugie e di pretese di legare le mani agli archeologi e ai restauratori di Israele. Vi si bacchettano scavi archeologici e interventi di ogni genere a Gerusalemme, come se Israele non avesse nessun diritto a agire dentro la Città Vecchia, e soprattutto quando è noto che volontariamente e con malizia per via dei lavori ordinati dall’Waqf sono stati spazzati via con l e ruspe a quintali reperti che avrebbero potuto ricordare la storia dei Templi di Gerusalemme, quello di Salomone e quello di Erode, retaggio ebraico mille volte descritti nei testi antichi e riconosciuto in altri tempi dall’Waqf stessa.

Lo Stato d’Israele ha respinto con sdegno la risoluzione del comitato esecutivo dell’Unesco spiegando che “la risoluzione si propone di trasformare il conflitto israelo-palestinese in uno scontro religioso” e che il comitato “si è unito ai piromani che hanno dato fuoco ai uno dei luoghi più sensibili dell’umanità”. Anche il direttore generale dell’Unesco Irina Bokova aveva avvertito che una presa di posizione così estremista avrebbe “alimentato tensioni” ma i pompieri sono riusciti a spengere solo una parte delle fiamme che possono davvero portare a un disastro. Infatti quanto più i palestinesi gioiscono perché agli ebrei viene negato persino il diritto di poter almeno visitare, e in numero limitato, il luogo più sacro, il Monte del Tem pio, tanto più si sentiranno rafforzati nella loro tecnica negazionista circa la storia a Gerusalemme. Netanyahu ha dichiarato comunque che “i profondi legami ebraici ai luoghi santi di Gerusalemme e delle sue vicinanze (ci si riferisce a Betlemme e a Hebron ndr) sono innegabili, e nessuna decisione dell’Unesco potrà cambiarli”.

La fallita richiesta dell’annessione del Muro del Pianto ai beni islamici dà la misura di chi attui la sovversione dello status quo: è la tecnica infatti di chi nega il rapporto legittimo fra gli ebrei e lo Stato d’Israele.Il Muro del Pianto, costruito 800 anni prima delle Moschee per contenere il terrapieno del Secondo Tempio non è solo una grande audace costruzione di pietre rosate: è la casella postale del Padreterno in cui, piangendo, la gente di tutto il mondo, e non solo gli ebrei, ficca bigliettini che chiedono aiuto per una guarigione miracolosa, un amore impossibile, il pane, la pace… Chi non ricorda papa Wojtyla col suo biglietto infi lato con mano tremante in una fessura? chi non conosce i singhiozzi delle folle ebraiche che si riuniscono al tempio nella ricorrenza di Tisha be Av quando si ricorda la caduta del Tempio nel 70 d.C.? Quale ebreo non ha sognato, a New York e a Roma come nello shtetl e anche nel campo di concentramento,che almeno una volta la sua mano toccasse quelle pietre? E’ barbarico trasformare la storia ebraica in territorio di conquista, fa il paio con la distruzione islamista di Palmira.