Come difendersi dal dilagare delle fake news? Informandosi su fonti autorevoli. Dal Caso Hariri ai missili di Pyongyang

Opinioni
[La domanda scomoda]

di Angelo Pezzana

È possibile reagire alle fake news? La domanda è sempre più attuale, anche perché ormai le bufale che dovrebbero essere immediatamente riconoscibili in realtà non lo sono più. Le tirature dei quotidiani cartacei continuano a essere in caduta; quando leggiamo un certo articolo/commento/editoriale e chiediamo “l’hai letto?” la risposta è quasi sempre “ah, sì, ho letto la notizia su internet”, il titolo o un breve commento, ma nessuna analisi che permetta davvero di capire ciò di cui dovremmo parlare. Ormai internet ha di fatto sostituito l’informazione cartacea; persino quando ci sono eccezioni, esiste una attitudine tale per cui se non si leggono almeno un paio di quotidiani è difficile essere informati correttamente.

Ecco, fra i tanti, un esempio: il “Caso Hariri”, il primo ministro libanese che per non fare la fine del padre – ucciso nella esplosione della sua auto a Beirut – ha cercato la via migliore per salvare la propria vita dal terrorismo Hezbollah partendo in tutta segretezza su un aereo alla volta di Riad, ospite del principe ereditario Mohammed Bin Salman. Una mossa astuta, che gli ha permesso di comunicare al mondo intero che la sua vita era in pericolo. È stato accolto con ogni riguardo: ha ricevuto, secondo un protocollo prestabilito, ambasciatori e capi di governo stranieri, anche occidentali, ovviamente in totale libertà di movimento, ai quali avrà spiegato i motivi della sua scelta. Non sono mancate interviste e conferenze stampa. Ebbene, come è uscita l’intera vicenda sui media? Hariri è stato rapito, è un piano organizzato dall’Arabia Saudita per colpire il Libano, e poi critiche a non finire contro MBS (la sigla con la quale Bin Salman è popolarmente conosciuto sui media internazionali), un principe che non piace per i suoi rapporti con l’Amministrazione americana e, -orrore!-, con molta cautela, anche con Israele, avendo nell’Iran un nemico comune, per cui il rapimento sarebbe addirittura stato organizzato con l’aiuto del Mossad e via di questo passo. Non è valso a nulla che sia poi rientrato a Beirut quando ha ritenuto opportuno rientrare.

La notizia è stata questa: “Quando è finalmente riuscito a rimpatriare, Hariri ha ripreso la guida del governo che già costò la vita al padre, imprenditore e premier ucciso da una autobomba nel 2005” (n°2, 7 gennaio 2018). Due righe che capovolgono totalmente i fatti. Da notare il linguaggio “finalmente riuscito a rimpatriare” e il padre ben lontano dall’essere stato assassinato nella esplosione della sua auto, ma invece semplicemente “ucciso da una autobomba”, forse mentre passeggiava per Beirut! Questa la fake news sul settimanale che esce con La Repubblica ogni domenica. Di esempi ce ne sono molti, non si può non citare il caso Trump-Kim Jong Un, dove è il primo a minacciare il secondo di attacco nucleare, quando invece è il dittatore nord coreano a passare quotidianamente in rivista missili intercontinentali, annunciando che sono pronti a colpire l’America!

Ecco allora la domanda: è possibile reagire alle fake news? Sì, è possibile, ma soltanto se siamo informati correttamente, una scelta sempre più problematica nelle nostre società occidentali, democratiche, che però hanno dimenticato il valore della libertà, come ci rimprovera Boualem Sansal, lo scrittore algerino che invano ci chiede di aprire gli occhi sul futuro che ci attende.