Demonizza, demonizza, qualcosa resterà! L’unica colpa di Israele è quella di esistere

Opinioni
Bill Clinton, Yasser Arafat, Ehud Barak nel 2000
Bill Clinton, Yasser Arafat, Ehud Barak nel 2000

Immaginate di spiegare a un vostro conoscente – non importa se ebreo o non ebreo – la ragione della rottura delle trattative tra israeliani e palestinesi e il motivo di uno stallo che ormai va avanti da troppo tempo. A chi verrebbe data la colpa del fallimento dei colloqui? Ad Abu Mazen? Forse, almeno in parte. Ma – e qui suggerisco un piccolo esperimento “sociologico” – l’idea è che per la maggior parte degli interlocutori il principale responsabile sarebbe comunque Bibi Netanyahu. Ovviamente, questa non è e non può essere un’opinione “scientifica”, come si può ben capire. Tuttavia, almeno nel lontano Occidente, non si sbaglia di molto se la si presenta come l’idea prevalente. E su questo torneremo tra poco. Ora vorrei riportare l’opinione, illustrata dal Times of Israel, giornale che certo non si può descrivere come filo-Netanyahu, di Michael Herzog, fratello del laburista Isaac e figlio dell’ex presidente Haim Herzog. Un uomo certamente non di destra che ha trascorso gran parte della sua vita al servizio del proprio Paese nei ranghi più alti di Tsahal.

Ebbene, Michael Herzog attribuisce il fallimento dell’ultima tornata di colloqui tra israeliani e palestinesi, durati nove mesi fino alla primavera del 2014 e mai ripresi, non a Netanyahu e nemmeno ad Abu Mazen. Ma proprio allo sponsor e mediatore degli incontri, e cioè l’allora segretario di Stato John Kerry. Il quale (sempre in buona fede, pare) ha commesso tali e tanti errori – compreso di avviare una seconda linea di confronto “segreta” che segreta è rimasta ben poco, con grave e logico scorno degli attori della linea principale – da far naufragare le trattative in modo molto simile alla traversata del Titanic dell’inizio del secolo scorso. Sappiamo tutti come è andata a finire, vero? L’iceberg era lì e il piroscafo “inaffondabile” lo ha urtato a piena velocità.
E torniamo al responsabile “apparente” del disastro, ovvero Bibi Netanyahu. Un uomo molto discusso, soprattutto in Patria. Che tuttavia pare mettere tutti d’accordo, almeno nel lontano Occidente, sulle ragioni per cui Israele non ha sostegno dalle opinioni pubbliche internazionali. Insomma: se non ci fosse lui, e al suo posto ci fosse un premier più malleabile, più aperto a capire la controparte, più disposto ad accettare i compromessi necessari per la pace di fronte al mondo, ebbene, sicuramente Israele cesserebbe di essere il “paria” tra le nazioni.

Permettetemi di dissentire. Ma non per passione politica o ideologica. Non sono qui per difendere il governo di centro-destra di Bibi Netanyahu. Ma per provare a capire cosa accadrebbe se a guidare Israele fosse un’altra coalizione, qualunque coalizione. Credo sinceramente che la considerazione dello Stato ebraico nel lontano Occidente sarebbe più o meno la medesima. Come faccio a dirlo? Beh, basta andare a rivedere le cronache passate. Quando Israele era guidata da uomini (e donne) quali Golda Meir, Yitzhaq Rabin, Shimon Peres, Ehud Barak per citarne solo alcuni. Forse che gli israeliani godevano di buona pubblicità? Sì, certo, per quel breve, magico periodo intorno al 1993, quando la pace sembrava a portata di mano e Rabin, Peres e Arafat si stringevano la mano nei giardini della Casa Bianca. Sogno che si è infranto ben presto con i kamikaze che si facevano saltare negli autobus, nelle discoteche, nei ristoranti. E certo qui dobbiamo ricordare anche l’assassinio di Rabin da parte di un israeliano di estrema destra. Ma sarebbe disonesto attribuire a questo singolo episodio (chiedete ai vostri interlocutori!) il fallimento di un processo che ha avuto altri sostenitori, almeno in Israele. Premier quali Ehud Barak o Ehud Olmert (attualmente in galera per corruzione) che hanno offerto il massimo, e forse anche di più, dell’immaginabile ai palestinesi. Inutilmente. Ciononostante, la percezione internazionale di Israele non è cambiata granché. Anzi, è l’unico aspetto in un secolo e più di conflitto tra ebrei e arabi a essere rimasto più o meno lungo gli stessi binari di sempre. Colpa dell’antisemitismo che è risorto nella forma dell’antisionismo? Forse: certo è una particolarità che non possiamo ignorare. Ma pensiamo che sia da mettere in stretta relazione – quale terreno fertile dove attecchire nel lontano Occidente – alla mai sopita volontà di “espellere” Israele dalla sua terra. E per far questo, demonizzare i leader dello Stato ebraico è una ovvia necessità: non importa come si chiamino e che colore (politico) abbiano.