Un messia in calzamaglia

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Finalmente ritorna! Il supereroe americano dalla forza sovrumana, con la sua divisa blu e rossa e l’inconfondibile S inscritta nel triangolo, con la sua allergia alla kryptonite è di nuovo fra noi, dopo un’assenza di quasi vent’anni.

Dall’ultima edizione, Superman IV del 1987, la figura, o meglio, la professione dei supereroi ha subito notevoli trasformazioni. Più seri come Batman, meno soggetti agli imperativi categorici della morale come gli X-Men, più sensibili come Spiderman, essi vivono e agiscono in un mondo da cui è scomparso ogni ideale di giustizia e di verità. E il regista di questa nuova edizione, Superman returns, Bryan Singer ha cercato di mettere il nostro eroe, impersonato da Brandon Routh, al passo coi tempi.

E non ci si stupisce allora di vedere, fin dalle prime sequenze, che il ritorno del figlio del pianeta Krypton nelle pianure del Kansas dopo un viaggio di 5 anni assume il carattere di un versetto del Vangelo. Dopo aver lasciato la sua madre terrestre (Eve Marie Saint, nomen omen), Superman riprende il cammino per Metropolis per “guidare l’umanità verso la luce”, come gli è stato ordinato dal padre. Ma sul cammino del nostro messia in calzamaglia si interpongono due ostacoli: il suo antico nemico Lex Luthor, che ha scoperto il modo di produrre la kryptonite, e la bella Lois Lane. Occorre appena ricordare che col nome terreno di Clark Kent, Superman lavora come giornalista al quotidiano Daily Planet e che si innamora della bella signorina Lane, la quale a sua volta non vuol saperne di Clark Kent ma che in compenso è pazza per Superman.

Il prode Superman, dopo aver reso pubblici la sua presenza e il suo rientro in attività bloccando un Boeing 777 che stava precipitando, neutralizzando un pericoloso aggressore e moltiplicando i suoi interventi in tutte le più grandi città possibili e immaginabili, deve mettere ordine nei suoi affari privati senza mai perdere d’occhio i perfidi piani di Luthor. In due ore e mezza, quanto dura il film, non mancano certo lo sfoggio di nuove tecniche del cinema e di effetti speciali.

Ma come nasce il personaggio di Superman?

Bisogna risalire al 1933, anni bui in Europa ma non tanto migliori in America, dove un adolescente ebreo di 19 anni, Jerry Siegel, sogna un personaggio immaginario, forte e coraggioso, in grado di volare, un uomo d’acciaio, invincibile, che protegga i deboli come lui. Lo chiama ‘Superman’. Insieme al suo amico Joe Shuster ne disegna i tratti e le caratteristiche che resteranno invariate nel tempo: muscoloso, coi capelli scuri, la divisa blu e rossa e la famosa S sul petto.

La biografia di Superman non è tanto dissimile da quella dei suoi due creatori, figli di immigrati dall’Europa centrale. Anche lui come loro è un superstite: originario del pianeta Krypton, la cui popolazione costituita da brillanti scienziati sta per essere decimata, giunge sulla terra a bordo di un veicolo spaziale, viene raccolto da una famiglia di contadini e diventa il goffo e introverso giornalista Kent: per il resto del mondo sarà Superman.

Will Eisner, uno dei maggiori artisti della storia del fumetto (o ‘comic book’ come dicono in America) scriverà a proposito di questo personaggio: “Il golem, da una leggenda ebraica del XVI secolo su una creatura d’argilla plasmata da un rabbino per proteggere gli ebrei di Praga, è l’antenato della mitologia del supereroe. Gli ebrei in Europa da secoli perseguitati avevano bisogno di un eroe capace di proteggerli dalle forze del male. Siegel e Shuster l’hanno inventato.”

Come tutte le grandi idee, quella di Superman è in anticipo sui suoi tempi. Per lanciarlo nel mondo ai suoi creatori occorre uno sponsor: perché nel lontano 1933 non esiste ancora l’industria del fumetto. E i due, prima di poter imporre il loro personaggio, dovranno aspettare cinque anni. Le strisce vengono infatti pubblicate sui supplementi domenicali dei quotidiani dedicate ai bambini. Poi qualcuno pensa di ristamparle raccolte in un volume, e infine si passa alle edizioni originali. Si apre così il mercato del fumetto.

Tuttavia negli anni trenta Superman era ancora troppo strano per il pubblico giovane, e bisognerà aspettare fino al 1938 quando appare per la prima volta in copertina, e da allora il successo si valuta in milioni di copie vendute. Col successo aumentano anche i poteri di Superman che, se all’inizio si accontentava di volare più veloce di un proiettile di fucile o di fermare un treno in corsa semplicemente stendendo un braccio, ora può viaggiare attraverso lo spazio e il tempo, è invulnerabile come un dio. E quando in occasione dell’entrata in guerra degli Stati Uniti nel 1941 il povero Clark Kent si vede escluso dall’esercito per debole costituzione, sarà il suo alter ego Superman a lottare contro i nazisti e a far cadere la linea Sigfrido, ben prima del D Day, tanto che l’astuto Goebbels, ministro della propaganda, dirà: “Ma questo Superman è ebreo!”.

Se all’epoca la Germania nazista non era ancora sconfitta, nessuno però fermerà l’industria del fumetto, che sarà uno dei rari settori a conoscere una crescita fenomenale durante la Depressione. Discendenti di Superman saranno Batman, i Fantastici Quattro e tanti altri supereroi. I disegnatori saranno per lo più e ‘naturalmente’ ebrei dato che questo resta l’unico settore del mercato cui non è loro precluso l’accesso, mentre le porte dell’industria editoriale restano solidamente sbarrate.

E i creatori di Superman? A loro, come a tanti autori di comics che avevano ceduto i diritti d’autore, l’eroe non porterà quasi nulla se non gloria tardiva. Solo nel 1978 Siegel e Shuster otterranno che nei titoli di testa di Superman (di Richard Donner) si precisi e venga riconosciuto ufficialmente che il personaggio è opera loro.

Essi hanno creato un personaggio emblematico che forse non ha avuto uguali nella sua influenza sulla cultura americana. E che ha trovato spazio su ogni tipo di media: romanzi ispirati alla sua figura, programmi radio, animazioni, una serie di filmati di 15 episodi di 15 minuti fra il 1948 e il 1950, una serie televisiva, una commedia musicale, adattamenti per lo schermo di cui questo è il più recente, una canzone di Eminem. Il cinema holliwoodiano insomma si è impossessato di tutti i supereroi dell’età d’oro dei fumetti, le cui imprese, già incredibili anche solo disegnate su un foglio di carta, trovano grazie alla tecnologia digitale un realismo inedito. Se nel 1933 nessuno voleva Superman, settanta anni dopo l’uomo d’acciaio e i suoi epigoni sono diventati il primo prodotto d’esportazione del loro paese.