L’uomo contemporaneo allo specchio del marranismo

Libri

di Esterina Dana

Doppiezza esistenziale, scissione del sé, perdita e recupero delle radici sono le cifre del destino (universale) dei “marrani”

Un centinaio di pagine, avvincenti come quelle di un giallo, costituiscono “Marrani”, l’ultimo saggio di Donatella Di Cesare pubblicato da Einaudi, nel quale la docente di Filosofia Teoretica alla Sapienza di Roma esamina le vicende di questa categoria di persone da una triplice angolatura: storica, ideologica e psicologica. Suggestivo il sottotitolo del libro, “L’altro dell’Altro”, che racchiude la tesi del saggio, espressione che risuona in noi, uomini del XX secolo, e che, specchio immaginario, riflette il mistero straniante del nostro volto (s)conosciuto. Scisso, disorientato, maschera della propria maschera, l’uomo moderno fa della dissimulazione il proprio credo.

Che cosa abbia a che fare tutto questo con i “marrani” ce lo racconta l’autrice, attraverso una narrazione concisa, ma pregnante, della loro storia, la quale ha origini nel lontano Medioevo.

In senso stretto il termine “marrano” indica gli ebrei sefarditi costretti a rinnegare la loro fede e a convertirsi alla religione cristiana per sfuggire alle persecuzioni. Incerta l’etimologia: potrebbe derivare dall’arabo, dall’aramaico, dal castigliano o dall’ebraico stesso. Incerto anche il significato: scomunicato, ipocrita, straniero, convertito, o più probabilmente “cosa proibita”. Di fatto, è sempre stato usato in senso dispregiativo come sinonimo di “porco” dall’ovvio significato ingiurioso.

I marrani furono in seguito definiti conversos o cristianos nuevos, in contrapposizione ai cristianos viejos, ovvero i cristiani, e così chiamati ovunque, sebbene con accezioni differenti che hanno giustificato per secoli la legittimità della persecuzione antiebraica. Una data costituisce un momento significativo di tale persecuzione, quella del 4 giugno 1391, laddove la folla irruppe inferocita nella judería di Siviglia, devastandola e massacrando 4000 appartenenti alla comunità. Seguirono in tutta la Spagna e in Portogallo eccidi di massa, saccheggi e distruzione di sinagoghe fino alla definitiva espulsione dei marrani dai confini, avvenuta nel 1492.

Stragi sono testimoniate in diverse città soprattutto della Spagna (Toledo, Cordova, Madrid, Segovia, Valencia), le quali vengono incrementate nel 1449 con la promulgazione delle prime leggi razziali sulla limpieza de sangre, e dalla ferocia giuridica del Tribunale dell’Inquisizione istituito nel 1478. Si moltiplicarono condanne al rogo, l’emigrazione coatta.

In quella situazione moltissimi ebrei si sottrassero alle persecuzioni con la conversione. Nonostante ciò, molti di essi rimasero ebrei nell’intimo. L’effetto fu un’estraneità non solo ai vecchi cristiani che li guardavano con diffidenza, ma anche agli ebrei che avevano resistito alla conversione. I marrani si trovarono in una condizione paradossale: come ebrei erano ancora nella diaspora; come conversos erano esclusi dalla vita ebraica; come “ebraizzanti” sopravvivevano in un ambiente sempre più ostile.

Doppiezza esistenziale, scissione del sé, perdita e recupero delle radici sono le cifre del destino dei marrani. La dissimulazione e l’ambivalenza sono tratti che li caratterizzano, obbligandoli ad un’inevitabile introspezione, che all’estremo li condanna all’alterità non solo rispetto alla cristianità, ma anche rispetto all’“ebreo”, l’Altro per eccellenza, trasformandoli quindi nell’Altro dell’Altro.

Per i marrani, quindi, il rapporto con la memoria e il ricordo diventa complesso.  Quest’ultimo finisce per essere l’unico legame con la tradizione in assenza di riti, vietati, e di testi che narrano gli eventi da ricordare; è il ricordo del loro Segreto, il quale “allude a una resistenza irreversibile”.

Proprio questa complessa condizione di nuova alterità, per Di Cesare, costituisce la matrice dell’ebreo moderno nelle sue molteplici figure, ed è segno di un marranismo che manifesta una condizione esistenziale indipendente dall’essere ebreo o meno.

Il dubbio, l’io diviso, la coscienza lacerata tra verità e menzogna, il senso di colpa per il credo tradito, l’accettazione dell’altro da noi e in noi, i concetti di democrazia e libertà, fede e religione sono temi basilari e universali che suscitano ancora un dibattito dalle ricadute foriere di riflessione sul piano filosofico, ideologico, politico e sociale.

Maimonide, e Teresa d’Avila, Spinoza e Derrida insegnano.

 

Donatella Di Cesare,  Marrani. L’altro dell’altro, Einaudi, pp. 120, € 7,99