Il Chilometro d’oro

Libri

“In quale posto si possono trovare musulmani, copti, turchi cattolici, ciprioti, italiani, inglesi, ebrei, francesi, marocchini, maltesi, polacchi, circassi, ortodossi, rumeni, russi, sudanesi,(…?) ” si chiede, all’inizio del libro, Clément Mosseri, il padre del protagonista.
In Egitto, nella prima metà del secolo scorso, è la risposta.
Il libro è il risultato di questo ambiente straordinario, colorato e cangiante come può esserlo un caleidoscopio che all’epoca vantava quarantaquattro comunità nazionali, cinquantacinque etnie e ventuno confessioni religiose.

Il protagonista, Mondo Mosseri, è un talianin, un italiano d’Egitto, che nasce nell’anno 1900.
Da subito le vicende della sua famiglia si intrecciano con quelle della Storia (re Fuad e re Faruk, Saad Zaglul Pascià, Rommel, Montgomery, Nasser…) e con quanto succede nel cosiddetto Chilometro d’Oro, l’area cosmopolita della Capitale, dove si concentrano gli stranieri, i ristoranti e gli hotel di lusso, i cinema e i teatri, oltre alle attività commerciali. Centro della vita sociale di Mondo è il Cafè Splendor, di proprietà del livornese Alfredo Leali, un emigrato di salda fede fascista arrivato al Cairo in cerca di fortuna.
Le orgogliose appartenenze identitarie sono dipinte a forti tratti, ma tutti i personaggi, presentano profili ricchi anche di aspetti conflittuali. Sono i protagonisti di una specie di laboratorio ante-litteram di quella che adesso si chiama società multicuturale. E che alla fine, proprio come semi di cocomero (pastecca nella lingua dei talianin), nel 1956 verranno sputati da Nasser fuori dal paese in cui vivevano.

Pur trattandosi di un romanzo, il quadro ricostruito è partito da un lungo lavoro preparatorio di valutazione di materiali di archivio, ed è stato reso vivo dal contributo di decine di interviste effettuate a persone che hanno vissuto in Egitto in quegli anni e che arricchiscono di aneddoti lo svolgersi delle vicende.
Il linguaggio utilizzato ha numerosi rimandi alla lingua franca che veniva parlato in quel luogo e in quel tempo, ed è anch’esso frutto della ricostruzione delle parlate cosmopolite tipiche di quella società.
Il tono è volutamente schietto e concreto, con molti tratti ironici, e con una precisa volontà tesa a evitare morali conclusive o amarcord nostalgici.

Da un punto di vista narrativo, Il Chilometro d’oro colma una grossa lacuna.
Non è infatti mai stato pubblicato in lingua italiana un romanzo che rappresentasse tutto questo mondo.
Da un punto di vista politico e storico, inoltre, si tratta di alzare il velo sul silenzio che, per diversi motivi, è calato per decenni su di una storia che ha coinvolto e sconvolto la vita di decine di migliaia di Italiani d’Egitto.

L’occasione è quella del 2006, data che ricorda i cinquant’anni dalla crisi del canale di Suez, e del conseguente disfacimento di questo ambiente.

Daniel Fishman. Il Chilometro d’oro. Il mondo perduto degli italiani d’Egitto, prefazione di Magdi Allam, Guerini editore, pp 240, 18 euro