Ricordare, testimoniare, insegnare

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Ricordare, testimoniare, insegnare. Molti ebrei italiani partecipano alla Giornata della Memoria, istituita per rafforzare la consapevolezza degli orrori della Shoah anche fra le nuove generazioni, dalla parte dei protagonisti. Si tratta di un appuntamento evidentemente tutto esterno al calendario ebraico. Di un avvenimento destinato ad aiutare e a far riflettere tutti gli altri prima ancora che noi stessi. Ciononostante, e comprensibilmente, chi ha da raccontare una sua storia e chi ha da esporre le sue riflessioni, viene sollecitato ad esprimersi.
Fra tutti coloro che sono sommersi da inviti e sollecitazioni in occasione della Giornata, Stefano Levi della Torre è forse il più corteggiato. Grazie al prestigio dei suoi libri e dei suoi studi, grazie alla trasversalità delle sue ricerche sull’identità e sulla storia ebraica, che spaziano dall’estremamente profondo all’estremamente accessibile. Grazie all’universalità delle sue riflessioni, talvolta coraggiose, quasi provocatorie, che non lasciano addormentarsi le coscienze. E grazie al calore umano che è capace di trasfondere in ogni sua espressione.
Se c’è da chiedersi quale contributo autentico e non ritualistico possiamo offrire noi alla Memoria e a questa Giornata che corre il rischio, come tutte le scadenze laiche, di consumarsi nella ripetizione, è utile rivolgere a lui qualche domanda.

Stefano, tu vieni da una famiglia attraversata nelle memorie e nelle frequentazioni da giganti come il leader socialista Claudio Treves, lo scrittore e pittore Carlo Levi. E Primo Levi, che tu stesso hai ritratto in un intenso ritratto oggi esposto al museo della Shoah di Vancouver. Tu stesso ha visto da giovanissimo l’orrore delle persecuzioni e sei stato protagonista della rinascita del popolo ebraico nel secondo ‘900, della sua nuova crescita in Israele e nella Diaspora. Oggi molti ti chiamano a testimoniare. Ma cos’è per te la Memoria?

La lezione di Primo Levi e di molti altri che lo hanno seguito ci fa comprendere che esiste una doppia necessità di ricordare. Esiste la memoria del male, ovviamente. Ma anche una memoria del bene. Il ricordo di tutti quelli che hanno reagito alla bestialità. Che hanno riaffermato nelle situazioni più difficili e più tragiche la normale solidarietà umana. Che hanno spezzato la monoliticità, la compattezza del sistema concentrazionario con i loro gesti di umanità quotidiana.

La memoria del bene è più importante della memoria del male?

E’ molto importante che i due concetti procedano di pari passo. La Giornata della Memoria è un’occasione implicitamente giudicante. La memoria del bene rafforza il monito contro il male, costituisce una barriera contro la banalizzazione del male. Quando mi viene offerta l’occasione di intervenire, nelle scuole o dovunque altro, cerco di riaffermare il fatto che nel male assoluto c’è stata l’anomalia di comportamenti normali, umani. Proprio questo contrappeso ci consente di misurare e di rigettare il male.

La memoria del male, se coltivata da sola, corre il rischio in quanto tale di rivelarsi controproducente?

Bisogna stare molto attenti, nella condanna, a non disumanizzare quello che è avvenuto. E’ la banalità del male, non la sua dismisura, che rende inquietante la Shoah. Disumanizzare significa anche deresponsabilizzare, dirsi che esistono mostri assoluti che sono totalmente diversi da noi, che possono compiere azioni con le quali noi non avremo mai nulla a che vedere. E consolarsi, tranquillizzarsi in questo modo. Questo corre il rischio di tranquillizzare le coscienze. La nostra sfida oggi è invece quella di spiegare come comportandosi secondo una regola corriamo il rischio di divenire mostri.

Ma la Shoah non è una storia ordinaria di banalità del male…

Spiegare la specificità di questo male è uno dei grandi ostacoli da superare al giorno d’oggi. Che differenza c’è fra la Shoah e le tante ingiustizie, le tante disumanità, di cui siamo testimoni al giorno d’oggi (alcune delle quali, purtroppo avvengono in seno proprio alle nostre democrazie avanzate)? Che differenza c’è fra la destra classica e la destra nazifascista? Come si pone la sinistra, con i suoi ideali e le sue ambiguità, in questa situazione? Questo è uno dei grandi problemi da superare.

E noi, come dovremmo reagire?

Certamente, a mio avviso, non possiamo rincorrere i privilegi di quelli che devono stare per forza dalla parte dei vincitori. Rigettare ogni critica, anche quelle magari aggressive ma rivolteci in buona fede costituisce per noi un pericolo enorme. Non credo sia il caso di limitarsi a gestire una posizione apparentemente a noi favorevole. Di affermare che noi abbiamo subito torti che ci conferiscono il diritto di avere ragione qualunque cosa accada, qualunque cosa facciamo. Nei miei interventi, soprattutto nelle scuole, quando talvolta sono costellati da provocazioni insopportabili, cerco di raccogliere tutte le energie disponibili per dimostrare apertura ed equità.

E il tuo sforzo si sta dimostrando utile?

Torniamo al problema della memoria del bene. Noi non possiamo accettare il confronto fra la memoria del male. Non possiamo paragonare in alcun modo la memoria della Shoah, quando una parte determinante dell’Europa occidentale e del mondo progredito si dedicava a sterminare i bambini per cancellare un popolo, con un’altra eventuale ingiustizia, per esempio con le angherie commesse da militari irresponsabili o insensibili a un posto di blocco israeliano. Non accettiamo il confronto fra i modelli di male. Ma possiamo lavorare sul confronto fra i modelli di bene, il confronto fra quello che aumenta la componente umana nelle situazioni difficili. Da questo punto di vista noi ebrei abbiamo molto da dire. Noi non siamo la controparte dei nazisti. Siamo un altro universo. E dobbiamo dimostrare la propensione a rigettare e condannare le umiliazioni inflitte agli altri, ad evitare gli abusi di potere.

Ma a tuo avviso la Shoah preserva o meno un suo carattere di totale unicità?

Certo, ma dobbiamo ricordare che tutte le teorie sull’unicità degli avvenimenti nascondono dei rischi e dei veleni. Corrono il rischio di portare ad imbalsamare. I nazisti non erano dei marziani, sarebbe per alcuni davvero troppo tranquillizzante pensarlo. Il nostro di questo popolo non credo sia quello di classificare il male, ma di continuare ad agitare le coscienze. Quelle altrui, e le nostre.

Guido Vitale (direttore@mosaico-cem.it)

Memoriale della Shoah – Stazione centrale
Per la prima volta, a Milano, le emozioni e i luoghi sono stati preservati cosi com’erano nel luogo in cui la tragedia è stata compiuta; il binario 21. Milano non ha dovuto ricorrere a grandi architetti, né per un museo, né per un memoriale ex novo che facesse provare emozioni agli spettatori che così diventavano attori. No, a Milano è bastato guardare sotto la Stazione Centrale e prendere il simbolo “del buio della nostra storia che ora è il memoriale, luogo di libertà, alle porte della nostra città”, per usare le parole del Sindaco di Milano Letizia Moratti in occasione della cerimonia alla Stazione Centrale svoltasi alla presenza del capo dello Stato Giorgio Napolitano. La Moratti ha aggiunto che questo memoriale non è un museo, ma vuole essere una presenza viva nella cultura della nostra città perché insegni il rispetto della diversità culturale e religiosa che, prima del ’45 non c’era.
Negli ultimi vent’anni si è parlato molto di Shoah. I testimoni hanno cominciato a raccontare la propria storia, sono stati scritti libri dai ricordi e dai documenti emersi, sono stati girati film e documentari e sono stati costruiti musei della Shoah. Col museo ebraico di Berlino del celebre architetto Daniel Libeskind e con memoriale della Shoah inaugurato un paio d’anni fa accanto alla Porta di Brandeburgo, si è voluto portare una nuova forma di testimonianza, e forse la più autentica, quella emotiva. Far sentire, almeno un po’, l’angoscia, la paura, il disorientamento di chi, in maniera ovviamente molto maggiore, ha vissuto la tragedia dell’Olocausto. Dal 1945 ad oggi si è dovuto compiere un lungo percorso culturale soprattutto, dal silenzio alla testimonianza per cercare, dopotutto, di mostrare i fatti e le emozioni nella maniera più semplice e più crudele, affidandosi alle opere di grandi artisti.
“Milano vuol dare un monito alla città perché ciò che è accaduto non si ripeta”, ha esordito il presidente della Provincia Filippo Penati alla cerimonia e ha ricordato l’importanza della condanna di due giorni fa del tribunale penale della Spezia per i responsabili di Marzabotto, anche se ciò purtroppo avviene dopo più di mezzo secolo.
Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, ha mostrato un’enorme sensibilità per questo importante progetto a Milano. Ha raccontato che 25 anni fa, neoassunto come ingegnere alle Fs, fu impressionato da “questo luogo squallido, umido e con un silenzio opprimente, interrotto soltanto dal passaggio regolare dei treni”(rumore che ci ha accompagnati per tutta la durata della cerimonia, mentre lo stesso umido e un senso di tristezza aleggiavano attorno). Ha anche ricordato che non solo molti ebrei furono deportati da questo binario, ma molti altri lasciarono l’Italia per via delle leggi razziali, portando con sé genio scientifico e artistico di cui il nostro paese avrebbe potuto godere se avesse rispettato la diversità religiosa e culturale del nostro popolo.
Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, ha sottolineato l’unicità di un luogo intatto e autentico come questo in tutta Europa e Mario Marazzini della Comunità di S. Egidio ha aggiunto che il binario “non doveva diventare un luogo bello, doveva restare cosi, per ricordare le ferite che abbiamo inflitto ai nostri fratelli e sorelle”.
Si tratta di una nuova occasione per trasmettere una delle più dure lezioni della storia contemporanea. Così il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha definito il nuovo memoriale della Shoah al binario 21 della stazione Centrale, dove nel 1943-44 partirono verso i campi di sterminio decine di carri di bestiame carichi di ebrei. “Celebreremo tra pochi giorni in tutta Italia e al Quirinale la giornata della memoria”, ha detto Napolitano, riferendosi alla ricorrenza del 27 gennaio. “Rinnoveremo l’omaggio alle vittime del disegno criminale di sterminio degli ebrei perseguito dalla Germania nazista. E’ stato molto positivo cominciare a Milano, in questa Milano antifascista erede della Milano dei lumi e della tolleranza”. Il nuovo memoriale della Shoah sorgerà nell’unico spazio rimasto intatto in tutta Europa, dove è possibile vedere un luogo utilizzato per la deportazione: si tratta di circa 6.000 metri quadrati definiti “stazione invisibile” in cui gli ebrei di Milano dal carcere di San Vittore attendevano di partire verso il campo di stermino di Auschwitz, in Polonia.”E’ stato bene ricordare anche che cosa, in un luogo del vivere quotidiano di una grande città, sia stato teatro degli orrori”, ha detto ancora il presidente.
Napolitano ha poi ringraziato la Comunità ebraica di Milano, le istituzioni e l’associazione Figli della Shoah “per questa iniziativa di grande significato che rappresenta una nuova forma dell’impegno di trasmissione di una delle più dure lezioni della storia contemporanea”.
Per ultima ha parlato Liliana Segre di come, trattati al pari di bestie gli ebrei milanesi furono trasportati da San Vittore al binario 21 e da lì, verso destinazione sconosciuta. Ha raccontato del viaggio schiacciata in quei vagoni e di come “non c’era il cinese in camicia bianca, come a piazza Tienanmen, che si fermò davanti al carro armato. Nessuno provò a interrompere il nostro viaggio, nessuno bombardò le ferrovie, nessuno cercò di far deragliare il treno”.
Così, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, oggi Milano ha mostrato la “stazione fantasma” alla città, perché tutti i milanesi sappiano che tanti loro concittadini da quella stazione partirono per un viaggio senza ritorno.

Margherita Sacerdoti

Eventi

Martedì 23
Ore 17, Adei, piazza della Repubblica 6, Dalla resistenza al sacrificio. Per il Giorno della memoria, ricordo delle donne Wizo durante la Shoah. Dalla lettura di una pubblicazione Wizo, un momento di approfondimento e riflessione con Goti Bauer. Andrea Jarach presenterà in videoconferenza Rachel Bernheim Friedman autrice di Orecchini in cantina, libro che ha ottenuto una menzione all’ultimo Premio Letterario Adei-Wizo.

Giovedì 25
Ore 18.30, Libreria Claudiana, via F. Sforza 12/a, l’Associazione Amici di Israele invita tutti alla conferenza su L’incontro di inciviltà: chi e perché nega la Shoah in occidente e in Medio Oriente.
Con Andrea Bienati e Carlo Panella.

Giovedì 25
Ore 10.30, al Teatro dell’arte, via Alemagna 6 e Venerdì 26 ore 10.30 al Teatro dal Verme, via S. Giovanni sul Muro 2, in occasione del Giorno della Memoria, l’Associazione Italia–Israele di Milano, in collaborazione con la U. P. F. (Universal Peace Federation) e con il Patrocinio del Comune e della Provincia di Milano, promuove il terzo incontro fra gli studenti milanesi e i giovani attori israeliani del Teatro dell’Arcobaleno di Angelica Calò Livnè, con la rappresentazione di “Anne in the Sky”, uno spettacolo ispirato al Diario di Anna Frank.
Info: Mimì Navarro, 335 425537.

Venerdì 26
Ore 9.30, Circolo della Stampa, Palazzo Serbelloni, corso Venezia 16, l’Unione Giovani Ebrei d’Italia, il Comune di Milano, la Comunità Ebraica di Milano, in occasione del Giorno della Memoria 2007
presentano Negazionismi
Ore 9.30: Saluti di Manfredi Palmeri, presidente Consiglio Comunale Milano

Ore 9.45: “Forme e correnti del negazionismo”
Valentina Pisanty

Ore 10.15 “La percezione della Shoah nel mondo islamico”,
Carlo Panella, esperto Storia Paesi Islamici
Ore 11.15 “Il reato di negazionismo nelle legislazioni europee”
Daniela Dawan, avvocato penalista
Ore 11.45 TAVOLA ROTONDA “Come combattere chi nega la storia?”
Modera: Yasha Reibman, vicepresidente Comunità Ebraica Milano

Intervengono: Daniele Nahum, Presidente UGEI; Senatore Felice Besostri, ideatore Giorno della memoria; Piero Ostellino, editorialista Corriere della Sera.

Sabato 27
Ore 11, Spazio Oberdan, viale Vittorio Veneto 2, la Provincia di Milano e la casa editrice Bollati Boringhieri invitano alla presentazione del libro Il pogrom di Adam Michnik, con Daniela Benelli, David Bidussa, Francesco M. Cataluccio, Gad Lerner, presente l’autore. Proiezione del documentario Henio di Andrzej Milosz.
Info: 02 77406329.

 

Ore 20.30, Sala Verdi del Conservatorio, via Conservatorio 12. Per il Giorno della memoria, la Comunità ebraica di Milano con l’Associazione Figli della Shoah, il Conservatorio e la compagnia teatrale Alma Rosé invitano allo spettacolo C’era un’orchestra ad Auschwitz, tratto dal libro di Fania Fenelon e dal testo teatrale Alma Rosè di Claudio Tomati a cura della compagnia teatrale Alma Rosè, musiche eseguite dagli allievi del Conservatorio.
Lo spettacolo sarà preceduto da un saluto delle autorità e da una testimonianza di Nedo Fiano, sopravvissuto ad Auschwitz. Entrata libera fino ad esaurimento posti.

 

Domenica 28
Ore 15, piazza San Babila, l’Associazione Amici di Israele invita a marciare sotto lo striscione recante i nomi dei Giusti Italiani, in occasione del corteo del Giorno della Memoria.

Ore 16, lunedì, martedì e mercoledì ore 21, Teatro Olmetto di Milano, in via Olmetto 8/a, verrà riproposto in occasione del Giorno della Memoria lo spettacolo di e
con Eugenio de’ Giorgi Venezia 1516, affittasi monolocale zona ghetto. Promozione riservata alla Comunità: stampando questa mail ingresso 8 euro a persona.

Ore 16, Teatro Verga, via Verga 5, per il Giorno della memoria, Il miracolo della sopravvivenza, musiche e letture con Rapsodija Trio (Maurizio Dehò – violino, Luigi Maione – chitarra, Giampiero Marazza – fisarmonica); lettori: Sabra Del Mare e Davide Bullo, un cantore, con la sponsorizzazione della Comunità ebraica di Milano. (ingresso gratuito)

26/27/28 gennaio – 02/03/04 febbraio

Teatro Verga, via G.Verga 5, ore 21, i Maniaci teatrali presentano Ma l’amore no!
….una storia d’amore negata dalla storia
, commedia in 2 atti scritta e diretta da Marzio Rossi. Intero € 14,00, ridotto € 11,00 (ingresso ridotto per chi si presenterà a nome della Comunità Ebraica). (www.teatroverga.it)

Teatro Franco Parenti
Per il Giorno della Memoria (27 gennaio): due spettacoli del progetto Corpo a Corpo a cura di Andrée Ruth Shammah.

(Sede temporanea di via Tertulliano)

Dal 27 al 29 gennaio
Yossl Rakover si rivolge a Dio
di Zvi Kolitz
ideazione e interpretazione Marina Bassani
video Marta Zen – violino Lydia Cevidalli – clarinetto Sergio Delmastro

Dall’1 all’11 febbraio
Kaddish per il bambino non nato
di Imre Kertész, premio Nobel per la letteratura 2002
regia di Ruggero Cara e Vincenzo Todesco
con Ruggero Cara, regia di Ruggero Cara e Vincenzo Todesco

“Corpo a corpo”.
Interrogare la domanda

Tre spettacoli e due momenti di riflessione, attraverso i quali Andrée Ruth Shammah compone un discorso sul pensiero ebraico.

da gennaio ad aprile 2007
Teatro Franco Parenti – Sede temporanea di via Tertulliano – SALA PIRELLI
Teatro Dal Verme – Via San Giovanni sul Muro, 2
Info: 02 599944.1, info@teatrofrancoparenti.com

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