Ladino: si ricomincia a parlarlo

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Il ladino o giudeo-spagnolo che era la lingua parlata dai sefarditi, gli ebrei di origine spagnola, come è stato approfonditamente studiato nel Convegno di Livorno dell’anno scorso, era praticamente una lingua morta dalla seconda guerra mondiale in poi.

Nel 2002, l’UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) ha conferito al ladino lo status di lingua in pericolo di estinzione e ha stanziato fondi per la sua conservazione, insegnamento e diffusione.

Soprattutto in campo musicale si assiste a un revival con concerti in ladino a Londra e San Francisco sotto gli auspici dei consolati spagnolo e israeliano. C’è pure un gruppo rap che vuol dimostrare che gli ebrei non parlano e non usano solo l’inglese e l’ebraico. Ma anche a livello universitario moltissimi istituti in ogni parte del mondo registrano un rinnovato interesse per questa lingua e ne introducono lo studio nei loro programmi.

Anche da parte delle istituzioni spagnole si sottolinea che dopo il ritorno della democrazia in Spagna si è assistito a un significativo sforzo per rafforzare i legami con i sefarditi e la loro cultura.

Le origini del ladino risalgono alla cacciata degli ebrei dalla penisola iberica: quella che portarono con sé in esilio gli ebrei era la lingua castigliana con un’infarinatura di ebraico. E si diffuse dovunque andarono, in Olanda, Germania, Turchia, Grecia, Balcani.

Alle orecchie di uno spagnolo d’oggi esso suona un po’ come la spagnolo di Cervantes o per un inglese la lingua di Shakespeare. Ma era una lingua così diffusa che durante il medio evo in molti porti europei gli affari si trattavano solo in ladino. Successivamente, esso venne tramandato di madre in figlio sotto forma di melodie religiose o ‘romancios’, canti e poesie d’amore.

Si calcola che il 90% del mondo che parlava ladino sia stato spazzato via dall’Olocausto. Oggi come lingua parlata sopravvive soprattutto in Turchia e in Israele e in alcuni paesi occidentali.