Considerazioni dopo la chiusura della Fiera del Libro

Eventi

I giovani sono stati una presenza importante.

Un’edizione della Fiera del Libro molto ma molto diversa. Arrivati al 21esimo round gli organizzatori si sono trovati, per la prima volta, a dover fare i conti con un Paese, Israele, scomodo a molti.
Tutti amici e solidali quando si ricorda il “Giorno della memoria”, 27 gennaio 1945, ed improvvisamente ipercritici, strabici, talvolta fanaticamente contrari quando si parla di uno Stato che compie 60 anni di vita.
Passa il concetto di ebreo-vittima-dell’Olocausto, l’ebreo che le prende, per capirci, ma resta inaccettabile, almeno per una parte dell’opinione pubblica, anche italiana, la figura dell’ebreo che si difende. Ottimo quando perde. Inaccettabile quando se la cava.
Per chi voglia impegnarsi in dotte discussioni sull’antisemitismo, già questa considerazione potrebbe bastare per tanti tanti, dotti dibattiti.

Ma da Torino escono due novità non troppo sottolineate. La prima è che la stragrande maggioranza dei 300.000 visitatori è composta da giovani e giovanissimi. Impegnati, curiosi, meno ideologicamente ingessati dei loro genitori. Leggono, confrontano, assistono e partecipano a decine di discussioni con autori israeliani e no.
Si confrontano con la letteratura di un paese vivace, iper-critico verso il potere, sensibile e fragile.
E affollano il piccolo stand di Israele mettendosi in coda per acquistare volumi dedicati ad un’isola che molti, nella regione, vorrebbero sommergere per sempre.
Scoprono che il “bruscolino” che resiste alla marea araba, in realtà è punto di convergenza di idee diverse, ebraiche ed arabe, israeliane ma anche islamiche: uno dei pochi luoghi del Medio Oriente nel quale, guerra o non guerra, censura o non censura, il pensiero circola, il dissenso trionfa. I deboli, gay e lesbiche, perseguitati dai fondamentalisti islamici e intolleranti verso i fanatici che pure esistono anche in Israele, e quelli che, dal mondo arabo, cercano ogni sera informazioni credibili nei siti israeliani per sapere quello che le fonti arabi nascondono. Un mondo effervescente che contraddice gli schemi proposti e falliti anche a Torino. Israele paese ospite. Palestinesi esclusi per propria scelta. Storie di intellettuali, minoritari, che ragionano per stereotipi, senza rendersi conto che è proprio tra palestinesi ed israeliani che corre sotto-traccia un dialogo, culturale, politico, umano, che si preferisce negare.

Dentro al Salone del Libro non si è praticamente registrato un solo episodio di boicottaggio sia da parte di oratori invitati, sia da parte di editori (dal Manifesto libri, agli Editori Riuniti, nessuno si è tirato indietro).

E fuori dal Lingotto, che ha dimostrato come l’Italia sia, ancora una volta, in grado di ospitare un dibattito caldissimo, un migliaio di dissidenti ha dato vita ad una manifestazione conclusa dal “saluto militante” dei rappresentanti delle FARC, quelle che tengono, da anni prigioniera Ingrid Betancourt. Alla faccia del rispetto dei diritti dell’uomo.

L’anno prossimo, con il Salone dedicato all’Egitto, sarà interessante osservare chi e con quanta convinzione, se la sentirà di manifestare a favore di intellettuali egiziani perseguitati dal regime, chi si batterà contro la censura e la progressiva emarginazione dei cristiani-copti. Chi “oserà” alzare la voce contro la cultura di un paese ricco di fermenti e di, pesantissime, contraddizioni.


La presenza dei giovani:
Dati giornalieri:
Arena 2750
Laboratori 3440

Dati complessivi:
Arena 13750
Laboratori 17200