Un Galà per rilanciare la Scuola.

Scuola

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C’erano tutti, pochissimi esclusi. Gli habituès di sempre e soprattutto molte facce mai viste, iscritti alla Comunità che di rado si fanno vedere. 406 persone sedute a tavola nell’Aula magna A. Benatoff della Scuola ebraica e nell’adiacente palestra trasformate per l’occasione in salone dei banchetti. Luci d’atmosfera, grandi candelabri, tulipani rossi e tovaglie bianche: un setting che rendeva davvero irriconoscibile l’abituale location dove i ragazzi della scuola vanno ogni giorno a giocare a pallacanestro.

Ospiti d’onore Letizia Moratti, Daniel Libeskind, Roger Abravanel, Alain Elkann, il gruppo di musica klezmer Di Goldene Pave. Ma anche tanti altri: Yossi Bubola Levy de Rothschild, Daniel Kraus, vicepresidente di Confindustria, Claudia Dwek, co-presidente Sotheby’s Italia,… e molti altri.

“Abbiamo voluto organizzare l’evento proprio a Scuola, in corpore vili, ovvero nel luogo per il quale ci stiamo battendo, nel cuore pulsante della nostra Comunità, appunto la scuola. È il primo Gran Galà che la scuola ospita. Lo scopo? Rilanciarla e garantirle un futuro d’eccellenza, coinvolgendo le istituzioni italiane”, spiega il patron dell’iniziativa Cobi Benatoff, attuale Presidente della Fondazione Scuola. E prosegue: “La Scuola è la linfa vitale grazie a cui la Comunità esprime progettualità e futuro. Dirò di più: sostenere la scuola vuol dire sostenere Israele, vuol dire garantire quel fecondo scambio e rapporto dialettico che da sempre contraddistingue le relazioni tra diaspora e Erez Israel. I nostri ragazzi sono il futuro dell’ebraismo ma anche il futuro di Israele. Non dimentichiamolo. Inoltre, noi della Fondazione, puntiamo a fare di Sally Mayer una scuola “pubblica”, nel senso di riuscire a ottenere il sostegno economico pubblico ovvero avere professori pagati dallo Stato, come accade in altri Paesi d’Europa come la Francia”.

Prendendo la palla al balzo, il sindaco Letizia Moratti ha sottolineato nel suo discorso in incipit di serata, l’impegno a portare avanti le istanze della Scuola ebraica presso il ministro Gelmini, al fine di ottenere le stesse condizioni, agevolazioni e finanziamenti ad hoc, di cui già gode la Scuola ebraica di Roma. “La Comunità ebraica è parte dell’identità di Milano e del suo tessuto sociale,  garantisce un contributo positivo e creativo alla vita della nostra città e alle sue eccellenze culturali, scientifiche, professionali. La Fondazione e la Scuola Ebraica rendono concreto questo contributo insostituibile, in particolare nel campo dell’educazione e della formazione”, ha sottolineato Moratti. Una scuola viva, aperta al mondo, capace di formare e costruire la qualità non solo in ambito ebraico ma anche di fare dei ragazzi che la frequentano dei futuri cittadini italiani d’eccellenza.

Una scuola che sia un ponte tra mondo ebraico e società civile, sottolinea Cobi Benatoff a commento delle parole del sindaco. “Sostenere il sostegno, ovvero tutti i ragazzi in difficoltà. Erogare borse di studio. Voglio far passare un messaggio importante: dire alle giovani famiglie in difficoltà, -che non possono permettersi il costo di una scuola privata-, che la Fondazione sarà al loro fianco nel pagamento, anche integrale, della retta. E che non lasceremo da soli coloro che, schiacciati dalla crisi, non riescono più a mandare i propri ragazzi a scuola.

La solidarietà è parte importante del patrimonio ebraico”, aggiunge Benatoff e passa la parola a Daniel Libeskind, star internazionale dell’architettura, spesso a Milano per i progetti dell’Expo e di Citylife 2015 che, dice, iscriverà sua figlia alla Scuola ebraica l’anno prossimo quando vivrà più stabilmente nel capoluogo lombardo. “Io sono molto legato a Milano, non solo perché ci lavoro ma anche perché mia figlia più piccola è nata qui. Il patrimonio ebraico è immenso e ricchissimo. Crescere dentro questo solco e diventare grandi dentro questa tradizione è qualcosa di irripetibile, magico, unico. Se sono diventato ciò che sono oggi lo devo in gran parte alla mia educazione ebraica e ai valori che ho introiettato. Ecco perché in questa battaglia educativa mi avrete sempre al vostro fianco”, ha detto Libeskind.

A raccontare la capacità della struttura scolastica ebraica di farsi impegno e sostegno per i più deboli è intervenuta poi una testimonianza, quella di Ariela, mamma di un bambino autistico: parole toccanti, capaci di andare al cuore del problema e di spiegare che cosa significa portare avanti i più forti, i normali, ma anche sostenere chi non ce la fa e inserirlo in un contesto di normalità. Parole in grado di accorciare le distanze, di sbriciolare quell’ufficialità mondana -mai ingessata o fredda, attenzione, ma sempre calorosa e accogliente-, della serata.

Roger Abravanel, consulente del Ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini e autore del best seller Meritocrazia, è invece intervenuto sul tema della formazione, puntando il dito sul sistema scolastico italiano, uno dei peggiori del pianeta, a suo avviso fanalino di coda dell’Europa. Abravanel ha sottolineato che, in un contesto così depresso, proprio le Scuole ebraiche d’Italia dovrebbero cogliere l’occasione per impegnarsi nella ricerca dell’eccellenza e diventare le più competitive e migliori d’Italia. Roger Abravanel ha chiesto alla scuole di Milano, Roma e Torino di applicare i test Invalsi ai ragazzi della Secondaria di primo grado, le medie per intenderci: ebbene, se il livello medio della Scuola Italiana è 60,8 per l’italiano e 50,9 per la matematica e il livello della Lombardia è rispettivamente 63,6 e 53,8; la scuola della Comunità ebraica di Milano si attesta su 67,4 per l’italiano e 59,3 per la matematica, mentre la scuola della Comunità ebraica di Torino è assolutamente eccellente con risultati di 75 e 66,4, nettamente superiori alla media nazionale. (I dati della scuola della Comunità ebraica di Roma non sono pervenuti).

Per Claudia Bagnarelli, coordinatrice didattica della Scuola dell’infanzia e primaria, la parola chiave è invece accompagnare ogni bambino, con le sue peculiarità , in un percorso di apprendimento e di crescita, non mollando mai l’attenzione sulle sue esigenze, i suoi punti di forza e di debolezza. “Questa è una scuola che non lascia indietro nessuno. E’ straordinaria l’esperienza di vedere bambini anche piccoli, accogliere i compagni più deboli e integrarli”, ha detto Bagnarelli.

Il successo della serata -pur avendo come scopo il fund raising-, è andato molto oltre la raccolta solidale e il tono della mondanità salottiera (grazie anche all’eccellente organizzazione di Giorgia Mamè e alla regia di Cobi Benatoff in prima persona).

Bastava dare ascolto alle discussioni e ai commenti ai vari tavoli per cogliere il grado di coinvolgimento di molti presenti. Al dessert (catering Convivium), sulle note di una Tum balalaika cantata in modo commovente dalla vocalist Angelica Dettori delle Goldene Pave, bastava allungare l’attenzione e dare ascolto ai diversi capannelli di gente per catturare la diversità di posizioni sul tema scuola.

Chi consigliava di convocare una sorta di Stati Generali delle scuole ebraiche milanesi per raggiungere ipotesi d’intesa e di cooperazione onde migliorare l’offerta e non farsi la guerra gli uni con gli altri; chi invece sosteneva la necessità di chiudere i licei, troppo onerosi a fronte di un numero di studenti ormai troppo esiguo. O ancora c’era chi suggeriva di seguire l’esempio del liceo di Torino, ovvero aprire i battenti della scuola a una utenza non ebraica come unico modo per sopravvivere e per creare dinamismo sociale. Ma tutti d’accordo su un’unica cosa: che lo status quo, le cose così come stanno, non possono più continuare. E che qualcosa deve cambiare.