Il futuro non è più quello di una volta

Scuola

Mappamondo_o_su_horizontal_fixedI ragazzi di oggi hanno prospettive per il futuro molto più incerte che in passato. Ecco perché è necessario imparare a orientarsi tra le diverse offerte formative e a fare progetti di vita con l’aiuto di alcuni principi della psicologia contemporanea. Ne abbiamo parlato con Elisabetta Camussi, professore associato di Psicologia Sociale ed esperta di orientamento presso l’Università di Milano Bicocca.
La realtà in cui viviamo rende particolarmente importante l’orientamento. Può spiegarci perché?
Diversi studiosi hanno descritto l’epoca contemporanea come connotata da una forte componente di incertezza, descrivendo i contesti in cui viviamo come ‘società del rischio’ o, secondo la definizione del sociologo Zygmunt Bauman, ‘società liquide’. Il rischio a cui si riferiscono non riguarda l’incolumità fisica ma la perdita di forti riferimenti culturali, sociali e ideologici che rendevano più prevedibili le traiettorie di vita individuali e collettive. Di questo mutamento fanno parte anche i rapidi cambiamenti economici, politici e del mercato del lavoro che accrescono l’ansia e l’incertezza sul futuro, in particolare nelle famiglie in cui i figli studiano . Ma proprio perché, come diceva Paul Valery, ‘il futuro non è più quello di una volta’, diventa importante riflettere su come orientare le scelte scolastiche e poi professionali di ragazze e ragazzi.
Quali sono gli approcci più interessanti e innovativi?
Sicuramente il concetto di Life Design, che è parte della cosiddetta psicologia positiva, e che si propone di migliorare il benessere delle persone e la loro qualità della vita dal punto di vista emotivo e si distanzia dalla prospettiva, ormai superata, che ciascuno di noi sia artefice del proprio destino ‘a prescindere’. Il Life Design rivolge l’attenzione alle condizioni concrete di esistenza dei singoli (cosa è possibile, per chi, a partire da quali condizioni oggettive e caratteristiche soggettive), stimolando e favorendo nelle persone, a qualunque età, se possibile già da nell’infanzia, la progettualità per il futuro. Promuovendo una cultura dell’orientamento al futuro (cosa farò da grande? quali scelte posso fare per cercare di realizzare il mio desiderio?), in contrapposizione a un atteggiamento ‘fatalistico’ (intanto studio questo, poi vedremo: in qualche modo si farà…), che connota storicamente la cultura italiana ma che si rivela inadatto alla complessità della società contemporanea.
Cosa vuol dire promuovere l’orientamento al futuro?
Non si tratta di applicare formule magiche o abbandonarsi a generiche promesse di trasformazione, quanto di lavorare con le persone, a cui vanno chieste dedizione, impegno, fatica, per aumentare la propria capacità di riconoscere e valorizzare le risorse interne (psicologiche, emotive, comportamentali) e quelle esterne (risorse materiali, famigliari, reti sociali) di cui dispongono. Occorre migliorare in tutti (dai bambini agli adulti) le capacità di adattamento al cambiamento, spesso più imposto dall’esterno che deliberatamente scelto. Il che significa anche accettare la complessità della contemporaneità, imparando a rapportarsi a essa per provare almeno in parte a governarla. È necessario infine supportare processi di scelta responsabili e consapevoli, sostenendo nelle persone sentimenti come l’ottimismo (non generico e irrealistico) e la speranza (intesa come fiducia in ciò che non è ancora accaduto).
La speranza e l’ottimismo si possono dunque insegnare?
E a partire da quale età?
Molti genitori nelle situazioni di orientamento chiedono come si faccia a fare ‘la scelta giusta’, ossia quella che darà ai figli le maggiori garanzie di successo: è una richiesta legittima ma alla quale è impossibile dare risposta.  Si tratta invece di aiutare le persone a individuare di volta in volta la scelta ‘buona per sé’, nella consapevolezza che non necessariamente sarà quella definitiva, né probabilmente l’unica: oggi è necessario ‘continuare a imparare’ e ciò vale anche per persone che fino a pochi decenni fa potevano considerarsi a fine carriera. Ed è qui che emerge l’importanza di lavorare, anche in ambito scolastico, nel rafforzare le competenze trasversali come la creatività, la progettualità, il pensiero critico, la capacità di costruire relazioni, la resilienza (cioè la capacità di reagire e metabolizzare le situazioni avverse), imparando a valorizzare le opportunità di apprendimento che la vita ci offre fin da bimbi, per poterle successivamente trasferire anche in altri ambiti.
Tutto questo si può fare da soli?
Per alcune – poche – persone si tratta di un modo spontaneo di rapportarsi alla realtà. Per la maggior parte delle ragazze e dei ragazzi si tratta di un apprendimento possibile, per il quale occorrono psicologi professionisti, preparati a lavorare come Counselor in ambito di orientamento, attraverso interventi individuali e di gruppo, attività di ricerca e intervento che coinvolgano anche insegnanti e genitori.

 

 

Brunello Cucinelli: “La formazione è l’unico futuro possibile per i giovani”

Un grande imprenditore, che è riuscito a portare la propria azienda di cachemire fra i marchi di lusso più affermati al mondo, con più di cento negozi monomarca in tutto il pianeta. Ma è anche un esemplare perfetto del mecenate del nuovo millennio, che ha a cuore la formazione e la crescita dei propri dipendenti. Questo il profilo di Brunello Cucinelli, un “capitalista etico”, come ama definirsi, che negli anni è riuscito a fondere una gestione capace e intelligente del business con una cultura che pone sempre i valori umani al primo posto, dove ogni dipendente partecipa attivamente alla vita dell’azienda, indipendentemente dal ruolo. «Penso da sempre che il profitto da solo non basti e sia necessario cercare un fine più alto, collettivo. A fianco del bene economico c’è il valore dell’uomo, che è ben più importante». A lui il merito di avere fondato una casa-laboratorio per i dipendenti, per creare un ambiente lavorativo fatto di armonia e collaborazione, e di renderli partecipi economicamente dei successi dell’azienda. Una parte consistente dei suoi ricavi viene dunque continuamente reinvestita per migliorare e valorizzare il lavoro dei dipendenti, mentre un’altra viene utilizzata per riqualificare il Borgo di Solomeo, dal 1985 sede degli uffici e dei laboratori aziendali, in cui è stato sviluppato il progetto culturale di Cucinelli formato dalla Fondazione, dal Foro della Arti e dalla Scuola dei Mestieri: cuore del progetto culturale, la formazione dei giovani con il recupero di arti considerate “minori”, che possano restituire alle nuove generazioni la fiducia nel futuro e una cultura del lavoro etica e dignitosa.