Milano ebraica fa scuola

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Una sola comunità, tre istituti, numerosi modelli culturali. L’esistenza di realtà scolastiche differenti e in concorrenza fra di loro nell’ambito della presenza ebraica milanese è stata per molti anni considerata motivo di divisione, di lacerazione, di impoverimento. Talvolta è stata anche additata come un fattore di rischio per l’unità e la solidità economica di strutture che le esigenze di bilancio continuano a mettere a dura prova.
E questa pluralità di istituzioni educative ancora oggi costituisce un fenomeno unico, considerato da alcuni forse anomalo nell’ambito della realtà ebraica italiana.
Oggi un migliaio di ragazzi milanesi frequentano tre diversi istituti scolastici diversi fra loro nelle finalità e nelle programmazioni. Ma si tratta di tre scuole che hanno anche molti punti in comune e che intendono fare delle sinergie e della possibilità di collaborare un fattore di forza e non di debolezza.
Si tratta di istituti che continuano a rafforzare la presenza di personale specializzato, gli investimenti, le programmazioni, che perseguono riconoscimenti nazionali ed internazionali, che progettano di ampliare l’offerta didattica e lavorano a stretto contatto con le autorità ebraiche così come con il ministero e le altre autorità scolastiche statali.
Una serata straordinaria, organizzata dal Bené Berith milanese, ha messo per la prima volta attorno allo stesso tavolo dirigenti ed educatori delle tre diverse scuole, offrendo a tutti una lezione fuori dal comune.
Il tema era chiaro: L’educazione scolastica dei nostri figli. Come si presentano le tre realtà dell’ebraismo milanese e come è possibile favorire le sinergie fra loro. Coordinati dal moderatore professor Mino Chamla, hanno accettato di mettersi a confronto le professoresse Marisa Castegnaro Bargoni e Claudia Sisa Bagnarelli oltre al Rav Roberto Colombo, delle Scuole comunitarie, Davide Cohenca direttore della Scuola Josef Tehillot, e Rivka Hazan, direttrice della Scuola Merkos.
E le sorprese non sono mancate. I punti di contatto, gli elementi di unione e di collaborazione, anche le esperienze di cooperazione già avviate, tanto per cominciare, si sono rivelati fattori di maggior forza delle evidenti differenze di impostazione educativa e dei diversi dosaggi fra gli studi secolari e quelli ebraici.
E il confronto fra i diversi modelli di scuola non si è tradotto, come forse alcuni avrebbero potuto temere, in una gara a fare i primi della classe, in una competizione fine a se stessa. Il dibattito con il pubblico, come forse qualcuno avrebbe potuto immaginare, non è scivolato nelle polemiche futili.
Una nuova volta, dopo l’assemblea di dicembre in cui i diversi elementi coalizzati che governano la comunità si sono confrontati fra di loro, con gli iscritti e con un gruppo di consiglieri dimissionari, la Milano ebraica ha offerto una prova di maturità e di intelligenza.
Alcuni hanno anche osservato che la concorrenza e il pluralismo, se non degradano nella bagarre, ma restano quello che devono essere, confronto corretto e coesistenza fra sensibilità diverse, finisce per rafforzare tutte le diverse iniziative e non per indebolirle.
Questa comunità, che con il pluralismo, con le diversità etniche e culturali ha dovuto per prima imparare a fare i conti già da molti anni, si è trovata ad affrontare problematiche talvolta molto delicate, alcune delle quali possono essere considerate ancora irrisolte. Ma comincia ora a mostrare una forza insospettata: la capacità di sommare le energie positive, di guardare avanti e di continuare ad offrire modelli e identità ai giovani ebrei che faranno la Milano ebraica di domani.