Essere antisionista equivale a negare a uno Stato ebraico di esistere. Non è antisemitismo questo?

Taccuino

di Paolo Salom

Dialogo in una terra lontana dall’Italia (e anche da Israele): “Qual è la tua posizione sul conflitto con i palestinesi?”. Risposta diplomatica: “No comment”. “Dai, parliamone perché, vedi, io sono anti sionista”.

Surreale? Tutt’altro: letterale. La persona che ha pronunciato queste parole esiste, è di buona cultura e conosce il mondo. Quando si riferisce ai territori occupati parla di “Palestina”, come se ci fosse davvero un’entità con quel nome. E, ovviamente, l’idea che se ne trae è che il termine indicherebbe tutto lo spazio tra il Giordano e il mare, come nella propaganda di arabi e odiatori del lontano Occidente. Ma l’espressione che più colpisce (tramortisce?) è: “Io sono anti sionista“, detta così, come la cosa più naturale del mondo.

Tramortisce perché non lascia spazio a compromessi. Non significa: “Sono per la soluzione a due Stati”. Ma molto più semplicemente: “Israele non deve esistere, al suo posto deve nascere uno Stato arabo palestinese”. Che una persona non ebrea si definisca anti sionista non può avere altra accezione che questa e dimostra che il termine è un modo politicamente corretto per definirsi antisemita. Perché? Perché non lascia alcuno spazio a compromessi. In un istante definisce la posizione dell’interlocutore su una questione complessa e stratificata – un portato della Storia! – azzerando i diritti nazionali di un popolo, gli ebrei, a favore di un altro popolo, gli arabi che si definiscono palestinesi, senza alcuna considerazione della realtà dei fatti. Che significa altrimenti desiderare la sparizione di una nazione intera?

Non è antisemitismo forse? E cosa allora?  Come si può dialogare quando le premesse sono queste? Soltanto assicurando l’interlocutore che, in quanto ebrei, si condivide l’idea che Israele non abbia diritto di esistere, sia un “errore” da riparare attraverso la cessione del potere ai “veri” detentori dei diritti nazionali su quella terra, la “Palestina”. Ecco, ma questa condizione non lascia scampo, e riporta ai tempi in cui agli ebrei veniva chiesto di rinnegare la propria fede, la propria lingua, la propria identità.

E non ditemi che sarebbe sufficiente risolvere il conflitto con i palestinesi per azzerare una simile visione. Perché anche senza Israele ci sarebbe comunque chi vorrebbe metterci in un angolo della Storia. Questi sono i fatti, la realtà che ci sta attorno. Non si tratta di farcela piacere. Ma di comprenderla: e contrastarla.