mara Carfagna

Mara Carfagna contro l’antisemitismo e a favore di progetti educativi contro il pregiudizio antiebraico

di Marina Gersony
«Nel 75° anniversario del rastrellamento razzista del ghetto di Roma ho fortemente voluto la proiezione alla Camera dei Deputati del film La Razzia – Roma, 16 ottobre 1943 di Ruggero Gabbai, scritto da Marcello Pezzetti e Liliana Picciotto e prodotto dalla Fondazione Museo della Shoah con Rai Cinema. Dobbiamo mantenere salda la memoria della follia totalitaria che ha portato alla persecuzione e allo sterminio di tanti nostri connazionali di identità e religione ebraica. Una pagina atroce che va ricordata affinché non si riapra più». Sono le parole che Mara Carfagna, vice presidente della Camera e deputata di Forza Italia ha scritto sulla sua pagina ufficiale di Facebook.

Ed è sempre di questi giorni la notizia che la deputata è la prima firmataria di una mozione cui il governo ha dato parere favorevole. Il testo della mozione chiede di potenziare il sostegno finanziario ai progetti educativi di prevenzione e lotta contro il pregiudizio antiebraico; di sviluppare azioni concertate con le comunità ed istituzioni ebraiche e di incoraggiare gli scambi tra giovani di fedi diverse, varando e sostenendo campagne di sensibilizzazione in proposito. (Qui il video del suo intervento in Aula).

Il testo parla di implementare sostegno e diffusione della cultura ebraica, quale parte integrante della storia nazionale; di garantire la sicurezza dei propri cittadini ebrei e degli edifici religiosi, scolastici e culturali ebraici, in consultazione e dialogo con le comunità ebraiche, le organizzazioni della società civile e le organizzazioni impegnate contro la discriminazione.

Da anni impegnata contro l’antisemitismo

Mara Carfagna del resto non è nuova a esprimere la sua amicizia e ammirazione nei confronti del popolo ebraico e delle sue sofferenze.

«Liliana Segre deve essere per tutti noi un esempio – aveva twittato lo scorso gennaio -. Il suo apporto alle Istituzioni sarà prezioso, in termini di memoria storica e di percorso da seguire per il futuro. Il presidente Mattarella nominandola senatrice a vita ha reso onore a lei e a tutte le vittime dell’Olocausto».

Non solo. Sulla sua pagina ufficiale di Facebook, nel gennaio del 2017, la deputata aveva scritto un lungo commento sulla Memoria, il pericolo della dimenticanza e dei rigurgiti di antisemitismo. Ossia, dimenticare l’Olocausto equivale a uccidere due volte. Riportiamo qui di seguito l’intero testo.

«To forget a Holocaust is to kill twice»: il monito di Elie Wiesel, scrittore, filosofo, Premio Nobel per la Pace, sopravvissuto all’Olocausto e scomparso qualche mese fa, dovrebbe essere la luce guida nell’azione, non solo nelle parole, di chi crede fermamente che un orrore e un abominio come quello della Shoah non debba mai più ripetersi. Quando parliamo di memoria, di Giorno della Memoria, dobbiamo farlo non perché c’è da onorare una ricorrenza, ma perché ogni parola che pronunciamo può essere un tassello importante di quello che verrà tramandato alle generazioni future. Oltre a ricordare, sempre, quanto è accaduto in passato al popolo ebraico, abbiamo il dovere di tenere alta la guardia contro un antisemitismo ancora diffuso e purtroppo crescente. Un antisemitismo che si consuma nelle strade di città europee, così come in quelle di Gerusalemme e che ispira un terrorismo che vuole uccidere in nome di Dio. Un antisemitismo che spesso prende la forma aberrante della negazione o della banalizzazione della Shoah. Un antisemitismo che si camuffa da antisionismo militante e che muove i propositi di alcuni stati di distruggere e di annientare Israele. Contestare l’esistenza di Israele come Stato del popolo ebraico è una forma di odio che punta a negare ai cittadini ebrei di tutto il mondo la garanzia di avere un luogo in cui rifugiarsi qualsiasi cosa accada. Non riconoscere le ragioni di Israele, come Stato, è più una miopia legata a pregiudizi antiebraici, che una vera motivazione politica. Fa rabbia pensare che ci sono cittadini europei di religione ebraica che non si sentono al sicuro indossando la kippah, fa rabbia pensare che ci sono bambini ebrei che hanno paura ad andare a scuola, o imprese ebraiche che sono sotto attacco. Fa rabbia pensare che 72 anni dopo l’Olocausto, Auschwitz non abbia guarito il mondo dall’antisemitismo. Per tutte queste ragioni abbiamo il dovere di applicare il principio della tolleranza zero contro ogni ideologia antisemita e lottare con ogni mezzo per fare in modo che gli orrori della Shoah non si ripetano mai più. Con le azioni, più che con le parole, abbiamo il dovere di fare in modo che ogni giorno sia il 27 gennaio.

(Foto Ansa/Antonio Ferrari)